01 luglio, 2018

Boston, Boston Marathon, 15 aprile 2013


TIPOLOGIA: attentato
CAUSE: cariche occultate
DATA:
15 aprile 2013
STATO: Massachusetts
LUOGO: Boston, Boston Marathon
MORTI:
3
FERITI:
264

Analisi e ricostruzione a cura di Luigi Sistu

È il 15 aprile 2013, a Boston è il giorno della grande Maratona. Si corre dal 1897, è una delle più antiche dopo quella di Atene e con 500 mila spettatori ogni anno è una delle sei più importanti a livello globale. Oggi è il giorno in cui si commemora la battaglia di Lexington, quella che nel 1775 aveva dato il via alla Rivoluzione Americana. Il tratto del percorso in cui c’è maggior afflusso di pubblico è l’ultimo miglio, tratto dedicato ai sopravvissuti del massacro alla Sandy Hook Elementary School del 14 dicembre del 2012 a Sandy Hook, borgo della città di Newtown, nel Connecticut, dove Adam Lanza, un ragazzo di 20 anni, dopo aver ucciso la madre e preso le sue armi ha aperto il fuoco all’interno della scuola elementare uccidendo 20 bambini di 6 e 7 anni e 7 insegnanti prima di suicidarsi. A Boston è pomeriggio e si corre ormai da molte ore, a Copley Square il primo maratoneta ha tagliato il traguardo da quasi tre ore e altri 5.700 sono ancora sul percorso. In mezzo al pubblico, agli appassionati, alle famiglie, ai curiosi, ci sono due fratelli musulmani per metà Ceceni e per metà Avari, si chiamano Dzhokhar e Tamerlan Tsarnaev. Sono lì per piazzare due bombe artigianali verso la fine del tracciato, nel punto di maggiore visibilità. Dzhokhar ha  20 anni, è uno studente dell'Università del Massachusetts a Dartmouth con una specializzazione in biologia marina. Tamerlan invece di anni ne ha 27 anni, ha frequentato il Bunker Hill Community College ma si è ritirato per dedicare la sua vita alla boxe da professionista. Il suo obiettivo è ottenere un posto nella squadra di boxe olimpica degli Stati Uniti preferendo competere per loro che per la Russia, almeno fino a quando la sua nativa Cecenia non diventerà indipendente. Immigrati negli Stati Uniti come rifugiati nel 2002, entrambi sono spinti ​​dalle convinzioni estremiste islamiste e schifati dalla partecipazione degli Stati Uniti d’America nelle guerre in Iraq e Afghanistan. Tamerlan, auto-radicalizzato, estraneo a qualsiasi gruppo terroristico esterno, si è specializzato nella costruzione di ordigni esplosivi seguendo i tutorial sulla rivista online Inspire Magazine dell’imam Anwar al-ʿAwlaqī Nasser, guida spirituale della moschea Masjid Ar-Ribat al-Islami di San Diego, in California. Nato da genitori yemeniti a Las Cruces, nel New Mexico, e laureato in Ingegneria Civile alla Colorado State University, prima di venire ucciso nel 2011 da un attacco con droni americani ordinati direttamente dal Presidente Barack Obama mentre si spostava in auto nel governatorato di Al Jawf, pubblicava i suoi articoli sulla rivista dell’editore Samir ibn Zafar Khan, nato da genitori pachistani a Riyadh, in Arabia Saudita, e cresciuto nel Queens, a New York, anche lui vittima dell’attacco. Passo dopo passo Tamerlan ha studiato il modo di fabbricare le bombe a casa con l’ausilio di materiali di facile reperimento, questo grazie alle dettagliate indicazioni di al-ʿAwlaqī sulle pubblicazioni destinate ai giovani lettori inglesi e americani facilmente manipolabili e in grado di metterle in pratica ispirati dai discorsi motivazionali dei mentori di al-Qaida, il movimento fondamentalista islamista sunnita paramilitare terroristico da cui prende spunto e ispirazione. Nato nel 1988 durante la Guerra in Afghanistan, era guidata fino al 2011, la data della sua morte, dal miliardario saudita Osāma bin Lāden, 17esimo dei 57 figli dell’immobiliarista yemenita Mohammed bin Awad bin Lāden, che avvalso della guida ideologica di Ayman al-Zawāhirī, scrittore, poeta e medico de Il Cairo appartenente ad una famiglia di dotti religiosi e di magistrati, aveva deciso di utilizzare soldi e macchinari della propria impresa di costruzioni per aiutare la resistenza dei mujaheddin durante l’invasione sovietica dell’Afghanistan. Dopo aver concluso le operazioni alla maratona i due fratelli punteranno su New York per portare la morte a Times Square. Ora sono in prima fila, distanti tra loro ma in continuo contatto visivo. Sono concentrati, c’è molta gente, la gara si sta avviando verso la conclusione e sul tracciato si alternano corridori di ogni nazionalità. È il posto giusto. Entrambi hanno una borsa grande nera, la posano a terra, la spingono in avanti coi piedi e vanno via confondendosi tra il pubblico. All’interno di ogni borsa c’è un ordigno artigianale, una pentola a pressione “gas-electric vitro-induction” della Fagor, un modello in acciaio inox 18/10 da sei litri riempito con all’interno due pacchi, uno contenente esplosivo deflagrante, l’altro pezzi di metallo, a contatto e sigillati ermeticamente. L’utilizzo di questo tipo di bombe risale agli anni ’90, usate per la prima volta dai maoisti in Nepal durante la guerra civile e tutt’ora in uso con una frequenza allarmante. Arrivate negli anni 2000 nei campi terroristici alla frontiera tra Afghanistan e Pakistan, dove gli agenti talebani che non avevano i mezzi o l'esperienza per costruire "dispositivi esplosivi improvvisati" in grado di distruggere gli enormi veicoli protetti da imboscate resistenti alle mine, si erano organizzati con le bombe a pentola come dispositivi antiuomo. Assemblate in modo da creare una direzione dell’esplosione a “V” verso l’alto, verso le vittime, in modo da consentire all’esplosivo di cercare il percorso di minor resistenza sul tappo concentrandovi tutta la forza, le bombe venivano posizionate sotto terra lungo i percorsi utilizzati dalle truppe statunitensi di pattuglia a piedi, e avviate utilizzando semplici componenti elettronici come orologi digitali, apriporta di garage, telefoni cellulari o cercapersone. Il materiale esplodente all’interno degli ordigni costruiti dai fratelli Tsarnaev è di tipo pulverulento, ognuna contenente 1,4 chilogrammi di una miscela di Polvere Nera, costituita per il 74,65% di nitrato di potassio, 13,50% carbone e 11,85% di zolfo, ricetta arrivata fino ai giorni nostri grazie al monaco e scienziato Ruggero Bacone che nel 1249 aveva modificato quella comparsa per la prima volta nel 1044 in una delle opere di Wu Ching Toung Yao, e una delle sue varianti, la Polvere Flash, un prodotto di invenzione relativamente antica a base di Nitrato di Potassio al 50%, polvere di alluminio al 30% e zolfo al 20%. Entrambe sono state recuperate settimane addietro estraendole da alcuni petardi e fuochi d'artificio acquistati in vari negozi di giocattoli pirotecnici. Alla prima tranche di Polvere Nera ci ha pensato Dzhokhar, il 6 febbraio a Seabrook, nel New Hampshire, dove ha chiesto esplicitamente alla commessa il set di fuochi d’artificio più grande e rumoroso disponibile in pronta consegna. Questo, di marca Lock and Load, al limite della libera vendita e costato 199 dollari e 99 centesimi, comprendeva un mortaio costituito da una batteria di 4 tubi di lancio e 24 proiettili da 30 grammi di polvere l’uno. Approfittando anche di un’offerta sul prodotto, è riuscito ad avere un secondo set in omaggio per un totale di 48 bombe e un peso complessivo di 1,44 chilogrammi di esplosivo. Ai pezzi di metallo ci ha pensato invece il fratello, portando a casa cuscinetti a sfera, bulloni e chiodi acquistati in alcune ferramenta della città. Il sistema d’innesco, un accenditore elettrico artigianale di tipo pirotecnico recuperato dalle luci di un albero di Natale, una centralina ricevente di marca HTC, una coppia di batterie ricaricabili Tenergy 3000 “hight performance & capacity” collegate in serie e un comando a distanza per automobili, trasformerà la pentola in una bomba a frammentazione a corto raggio. Un oggetto di questo genere, anche se rudimentale, contiene un’energia potenziale che verrà rilasciata molto velocemente, vale a dire per centinaia di metri al secondo e in base al tipo di resistenza impressa dall’involucro, migliaia di metri al secondo. La combustione, molto rapida ma graduale, farà alzare la pressione usando l’energia sviluppata come forza propellente per le schegge mentre l’involucro, così resistente, permetterà di ottenere effetti devastanti anche con poco esplosivo o con esplosivo di scarsa qualità, poiché la reazione avverrà solo quando la pressione sarà tale che la pentola non potrà più contenerla dopo che la miscela esplosiva sarà stata innescata. Sono le ore 14:49 e i due borsoni da viaggio sono lì, sul marciapiede, lungo il percorso di gara, il grande cronometro al traguardo sta mostrando il tempo di 04:09:43. Il pulsante di uno dei telecomandi viene premuto, la centralina ricevente nastrata sul coperchio della pentola chiude il primo circuito. La corrente elettrica, che dalla batteria fissata alla centralina attraversa il sottile cavo elettrico infilato in un piccolissimo foro nel coperchio, arriva all’interno della pentola fino all’altro capo del filo attivando l’accenditore annegato nella polvere. I filamenti in metallo si arroventano, una pasta di solfuro di antimonio e clorato di potassio grattato dalla capocchia di alcuni fiammiferi e fissatagli sopra si accende con una fiammata, l’esplosivo si innesca. All’interno della pentola a pressione i gas si riscaldano, si espandono rapidamente verso l'esterno generando altissima temperatura e pressione sufficiente da superare la resistenza del rivestimento metallico imprimendo la stessa velocità di reazione all'involucro, consentendo alla temperatura di raggiungere i 3.000 gradi centigradi e una velocità di esplosione in crescita esponenziale. Con una velocità di 3.000 metri al secondo la polvere raggiunge la detonazione, la pendola si apre con una fiammata liberando il metallo. L’aria viene squarciata, Boylson Street si incendia. A 190 metri dal traguardo della maratona, al di fuori del negozio Sport Marathon al numero civico 671, dove poco prima si trovavano le autorità tra cui il governatore del Massachusetts Deval Patrick, gli spettatori vengono falciati da un’ondata di calore, vento e ferro. La gente viene sbalzata a terra in un mare di sangue e arti mozzati. Nessuno riesce a capire cose stia succedendo, cosa li ha travolti, cosa li stia bruciando, è tutto rosso a terra, è tutto bianco in aria, ogni suono è distorto, ovattato, gli spettatori sono uno sull’altro. 14 secondi e anche il pulsante del secondo telecomando viene premuto. Un isolato più a ovest, a 170 metri, fuori dal ristorante Forum sempre su Boylston Street all’altezza del civico 755, c’è un secondo boato, la seconda borsa esplode sui piedi della folla. Altri spettatori sbalzati a terra in un lago di sangue, altri vetri rotti, altri arti tranciati, un fumo bianco che si leva fitto davanti al palco degli arrivi. La gioia della gara si trasforma in tragedia. Un odore acre copre la zona, i corridori feriti si mescolano agli spettatori, il terrore genera una fuga convulsa, si calpestano, inciampano, urlano. Le due onde di sovrappressione hanno scagliato le persone sull’asfalto, sul marciapiede, contro gli sbarramenti di protezione e contro le pareti degli edifici. Con le borse posizionate a livello del terreno le esplosioni si sono propagate seguendo una forma semisferica. Chi si trovava entro 7 metri dai congegni ha perso le gambe ed è stato crivellato dalle schegge sparate a 600 chilometri orari. La lamiera delle pentole invece è diventata una ghigliottina volante che ha raggiunto, reciso, strappato, quello che si è trovata davanti. Gli ordigni, progettati per dilaniare e mutilare, hanno raggiunto lo scopo, lacerato la carne e i muscoli distruggendo gli arti inferiori. 3 spettatori sono a terra senza vita, in 264 urlano e supplicano aiuto accanto al corpo martoriato di Martin Richard, 8 anni, che attendeva il papà con la mamma e la sorella vicino al traguardo. Le schegge li hanno raggiunti. Le sorelle sono ferite, si muovono, Martin invece non si muove, troppo piccolo perché il suo corpo potesse reggere quella pioggia di ferro, troppo basso per essere preso alle gambe. Il torace e il volto sono stati falciati, vani i tentativi di fermare il sangue, di svegliarlo. Il traffico viene immediatamente deviato, il vicino Lenox Hotel e altri edifici vengono evacuati in tutta fretta. Ma i corridori continuano ad arrivare nel fumo e nel caos, tra il personale medico della maratona che presta i primi soccorsi. I feriti sono così tanti che sono allertati 27 ospedali. A terra c’è di tutto, vetri, sedie e tavoli ribaltati, e poi scarpe, arti, ma ci sono anche borse e pacchi caduti, abbandonati nel panico, che alimentano l'incertezza sulla possibile presenza di altri ordigni. Nelle ore successive, Dzhokhar e Tamerlan Tsarnaev, da cacciatori diverranno vittime, prede di una caccia all’uomo senza precedenti in una città arrabbiata e colma di vendetta.

Tutti i diritti sono riservati. È vietata qualsiasi utilizzazione, totale o parziale, dei contenuti inseriti nel presente blog, ivi inclusa la memorizzazione, riproduzione, rielaborazione, diffusione o distribuzione dei contenuti stessi mediante qualunque piattaforma tecnologica, supporto o rete telematica, senza previa autorizzazione.

Gli articoli pubblicati su questo blog sono il prodotto intellettuale dell'autore, frutto dello studio di perizie, testimonianze e rilievi video-fotografici reperiti dallo stesso in sede privata. L'intento di chi scrive è la divulgazione di eventi di interesse pubblico accompagnati da un'analisi tecnica degli stessi rinnegando qualsiasi giudizio personale, politico, religioso.