TIPOLOGIA: attentato
CAUSE: carica occultata
DATA: 4 agosto 1974
STATO: Italia
LUOGO: Grande Galleria
dell'Appennino, Espresso 1486 Italicus
MORTI: 12
FERITI: 48
Analisi e ricostruzione a cura di Luigi Sistu
È passata dopo poco l’1:20 della notte tra il 3 e il 4 agosto 1974 e il treno
Espresso 1486 Italicus partito da Roma e diretto a Monaco di Baviera sta percorrendo
la Grande galleria dell'Appennino. Da questo tunnel ferroviario, uno dei più
lunghi al mondo con 18,5 chilometri di lunghezza posto lungo la linea
ferroviaria “Direttissima” Bologna-Firenze che collega l'Emilia-Romagna con la
Toscana, l’espresso viaggia in direzione della stazione di San Benedetto Val di
Sambro. Questa galleria quasi eterna, buia, di un buio continuo interrotto qua
e là dalle luci che sembra di non uscirne mai, scavata durante il Fascismo ora
è uno snodo assolutamente vitale che collega Firenze a Bologna passando alla
catena degli Appennini garantendo un collegamento fondamentale per tutta
l’Italia. È una notte afosa e il treno, un notturno piuttosto lungo come ce ne
sono tanti, partito dalla stazione di Roma Tiburtina alle ore 20.35 e che
trasporta quasi mille persone è, come spesso accade d’estate, in ritardo. Il
Ministro degli Esteri Aldo Moro, che sarebbe dovuto trovarsi a bordo per
raggiungere la famiglia nella località trentina di Bellamonte, non c’è.
Raggiunto in vettura da alcuni funzionari del Ministero che avevano premura di alcune
firme su dei documenti è stato fatto scendere all'ultimo momento. A causa
dell’arrivo nella stazione di Firenze Santa Maria Novella a mezzanotte e mezzo
con uno sforo di 23 minuti, gli addetti alla movimentazione dei vagoni hanno cercato
di recuperarne qualcuno nel lasso di tempo in cui venivano aggiunte delle carrozze
al convoglio. Durante la fase della movimentazione dei vagoni, mentre sulla
banchina il personale chiacchierava per ingannare il tempo e sul treno i
passeggeri dormivano, un uomo salito poco prima ha percorso il corridoio fino
alla quinta carrozza, ha lasciato una valigetta sotto uno dei sedili rivolti
contro il senso di marcia ed è sceso senza fare rumore, allontanandosi dai
binari con la stessa disinvoltura con cui è salito. E ora la valigetta è lì,
silenziosa, non contiene vestiti, non contiene nemmeno documenti, contiene
morte, un carico di devastazione temporizzata pesante 4 chilogrammi. Chi l’ha
assemblata lo ha fatto con maniacale dedizione allo scopo, per provocare un
disastro, una strage spaventosa, uno dei più apocalittici massacri che una mente
criminale potesse ordire. Progettata per esplodere all’interno della galleria
al fine di moltiplicare e ingigantirne gli effetti, la bomba è l’insieme di due
elementi separati. Il primo è una carica esplosiva, ad alto potenziale, composta
di Amatolo di tipo 60/40, una miscela esplosiva pulvirulenta creata durante la
Prima Guerra Mondiale dalle forze armate britanniche e costituita da 60%
in peso di Nitrato d'Ammonio e 40% in peso di Trinitrotoluene. Del Nitrato
d'Ammonio, fertilizzante scoperto come prodotto esplodente dal chimico e
ingegnere svedese Alfred Nobel nel 1870, Johann Rudolph Glauber, chimico e
farmacista tedesco considerato uno dei fondatori della chimica industriale
moderna e precursore dell’ingegneria chimica, preparandolo e descrivendolo nel
1659 ne aveva dato appellativo di “nitrum flammans” per via del colore giallo
della sua fiamma. Il Trinitrotoluene invece è un esplosivo preparato per la
prima volta nel 1863 dal chimico tedesco Julius Wilbrand, perfezionato dal
chimico tedesco Hermann Frantz Moritz Kopp nel 1888 e prodotto industrialmente
in Germania un anno dopo col nome di Tritolo o Tnt. Il secondo elemento che
costituisce la bomba non è esplosivo, è incendiario e si tratta della Termite. Composta
da polvere di alluminio e ossido ferrico è una miscela pirotecnica molto
particolare in grado di sviluppare altissime temperature. La sua reazione è
stata scoperta nel 1893 e brevettata due anni più tardi dal chimico tedesco
Hans Goldschmidt, interessato alla produzione di metalli estremamente puri
evitando l’uso del carbone durante il processo di fusione. Attualmente impiegata
nei processi di saldatura per alluminotermia ha trovato applicazione durante la
Seconda Guerra Mondiale come miscela incendiaria per bombe aeronautiche. In treno
dormono quasi tutti e il frastuono del locomotore e le vibrazioni sono troppo
rumorose perché qualcuno percepisca un ronzio ripetitivo ovattato che proviene
dalla valigetta, il ticchettio di un orologio che sta per mettere a contatto
due piastrine di rame, una fissa e una mobile saldata a stagno ad uno dei martelletti
esterni della sveglia. È un orologio molto comune, di marca tedesca, una Peter,
una delle più vendute e chi l’ha utilizzata lo sa bene. Comprata ad Arezzo dalla
ditta FARO, Forniture Aretine Ricambi Orologi, Pietro Malentacchi si è occupato
di trasformarla in un meccanismo di innesco ad orologeria collegandola con due
batterie per torce sufficienti a dare corrente ad un singolo detonatore
elettrico, competenza acquisita durante il servizio militare nell’Esercito
Italiano presso il reparto Reggimento Genio Guastatori a Vicenza. Questo
artifizio esplosivo versione moderna di quello inventato nel 1876 da Julius
Smith contiene una piccola quantità di esplosivo secondario, la Pentrite,
innescato a sua volta da uno primario, il sensibilissimo Azoturo di Piombo
preparato dalla Curtis's and Harvey Ltd Explosives Factory nel 1890, avviato da
una miscela incendiaria accesa dal passaggio della corrente elettrica. A
procurare il detonatore e l’esplosivo ci ha pensato Mario Tuti, “il caterpillar”.
27 anni, di indole violenta, geometra e impiegato comunale di Empoli è il
fondatore di un gruppo terroristico, il Fronte Nazionale Rivoluzionario. Questa
organizzazione armata formata da un nucleo molto ridotto di estremisti toscani
è ispirata al fascismo rivoluzionario della Repubblica Sociale Italiana, il
regime collaborazionista della Germania Nazista esistito tra il settembre 1943
e l'aprile 1945 voluto da Adolf Hitler e guidato da Benito Mussolini al fine di
governare parte dei territori italiani controllati militarmente dai tedeschi
dopo l’armistizio di Cassabile in cui l’Italia aveva firmato il 3 settembre
1943 in Sicilia la resa incondizionata agli alleati. Di questo nucleo ristretto
con Tuti e Malentacchi fanno parte altri due membri, Luciano Franci e
Margherita Luddi, il primo fa il carrellista per l’ufficio postale nella
stazione ferroviaria di Santa Maria Novella, la seconda è la compagna di
Malentacchi. Nonostante la giovane età il gruppo è molto attivo con armi,
passaporti falsi e ingenti quantità di esplosivi ed inneschi stoccati in tre
depositi fra Castiglion Fiorentino, Ortignano Raggiolo e Arezzo, a casa della
nonna della Luddi, dove qui l’esplosivo è arrivato dopo aver stazionato temporaneamente
negli scantinati del dipartimento di fisica all'Università di Roma La Sapienza.
L’azione sarà rivendicata da tue telefonate al giornale “Il resto del carlino”,
simbolo di Bologna e primo quotidiano per diffusione in Emilia-Romagna e
Marche, nonché il settimo più diffuso in Italia, e da un volantino che citerà: “Giancarlo
Esposti è stato vendicato. Abbiamo voluto dimostrare alla nazione che siamo in
grado di mettere le bombe dove vogliamo, in qualsiasi ora, in qualsiasi luogo,
dove e come ci pare. Vi diamo appuntamento per l'autunno; seppelliremo la
democrazia sotto una montagna di morti.” Politico, terrorista ed estremista di
destra, Esposti era membro e fondatore delle Squadre d’Azione Mussolini, una organizzazione
di ispirazione fascista di natura terroristica attiva in Lombardia dall’inizio
del 1972. È stato ucciso il 30 maggio ad Altopiano di Rascino con un colpo di
pistola alla testa da un agente di polizia che ha risposto al fuoco durante la
fuga a seguito del controllo delle tende in cui era accampato con altri
latitanti in seguito alla segnalazione di un uomo che lo dava somigliante all’attentatore
della strage di Piazza Della Loggia a Brescia del 28 maggio. Dall’accampamento,
che non era altro che il centro logistico per un colpo di stato in fase di progettazione,
Esposti avrebbe dovuto spostarsi per Roma per assassinare il Presidente della
Repubblica Giovanni Leone durante la parata del 2 giugno, in collegamento col
previsto piano di golpe. Accanto a Tuti e al suo Fronte Nazionale
Rivoluzionario c’è un’altra figura di spicco, un elemento chiave dell’organizzazione
neofascista toscana, uomo la cui casa alla fine di luglio è diventata sede per
la riunione preparatoria dell’attentato: Augusto Cauchi. Conosciuto come “il
picchiatore”, di carattere violento e facile alla rissa, il “deus ex machina” della
destra eversiva di Arezzo è il coordinatore, sotto la supervisione di “Peppino
l’impresario” Giuseppe Pugliese, delle cellule eversive toscane nonchè collegamento
con l’area di riferimento, quella milanese di Ordine Nero. Associazione segreta
neofascista di natura terroristica, Ordine Nero è nato quest’anno in seguito
alla crisi della più vecchia Avanguardia Nazionale, organizzazione neofascista
e golpista fondata il 25 aprile 1960 dal politico Stefano Delle Chiaie, e dallo
scioglimento a novembre dell’anno scorso di Ordine Nuovo, un altro movimento
neofascista falange extraparlamentare di estrema destra guidato dal politico
Clemente Graziani nato nel dicembre del 1969, poco prima della strage
di Piazza
Fontana a Milano, da parte di alcuni militanti
dell’associazione politico-culturale di estrema destra Centro Studi Ordine
Nuovo, creata questa nel 1956 dal politico esponente del Movimento
Sociale Italiano Pino Rauti. Protetto da Federigo Mannucci Benincasa,
colonnello dei carabinieri responsabile del Centro di Controspionaggio di
Firenze, Augusto Cauchi è il trait d’union tra l’area eversiva toscana con una
figura di spicco nel panorama italiano, Licio Gelli, che lo ha finanziato con
alcune decine di milioni di lire consegnatigli personalmente in primavera a
Villa Wanda, la sua immensa residenza di Arezzo e tempio sacro di una loggia massonica
segreta: la P2, dove Gelli ne è la cuspide, il capo supremo con la carica di Gran
Maestro Venerabile di un potere occulto, silenzioso, riservato, un gruppo di
potere di cui lui è il leader indiscusso. La Propaganda 2, fondata nel 1877
aderisce al più grande “Grande Oriente” istituito a Milano nel 1805 e le sue
mani, unite e guidate da un unico scopo, portare avanti un cosiddetto “Piano di
rinascita democratica”, mirano a sostituire le alte sfere delle istituzioni con
membri aderenti alla loggia con l’obiettivo finale di portare alle estreme
conseguenze la cosiddetta “strategia della
tensione”, una strategia di destabilizzazione del paese tramite una
serie preordinata e ben congegnata di attentati terroristici al fine di
trasformare l’Italia in una dittatura “morbida”. Questa strategia, inaugurata
con l’eclatante attentato alla Banca Nazionale dell’Agricoltura di Milano del 12
dicembre 1969 e che comprende anche i sanguinosi attacchi al treno Freccia del
Sud del 22 luglio 1970 e alla manifestazione sindacale di Piazza della Loggia a
Brescia il 28 maggio 1974, è gestita da una pluralità di soggetti: la
componente neofascista e rivoluzionaria, mera manovalanza, che spinta da
elementi infiltrati all’interno la stanno spingendo a compiere azioni
terroristiche, la componente dei servizi segreti del SID, il Servizio Informazioni
e Difesa, che non privi di complicità e legami internazionali stanno fornendo
gli elementi infiltranti e garantendo la copertura degli eventi attribuendone
la paternità ad altri o sfruttando mediaticamente a proprio favore perfino
episodi esterni alla strategia, e la componente massonica, che sta fungendo da
direttivo. Ordine Nero, la componente neofascista, è un ingranaggio,
fondamentale certo, ma che ha dietro un disegno ben più ampio, quello creato
dai vertici di un’associazione, di impronta anticomunista che punta a frenare qualsiasi
velleità riformatrice, composta da politici, industriali, uomini della finanza,
giornalisti, militari, funzionari e vertici di polizia e servizi segreti, un crocevia
di poteri conservatori intervenuti nei fatti più gravi della storia del paese. Con
un programma portato avanti in varie riunioni Ordine Nero sta agendo con la
prospettiva di realizzare la serie di attentati diretti verso obiettivi
politici e verso lo stato per portare il paese in quella situazione di sempre
maggior tensione e quindi favorire il colpo di Stato. Esposti, con la sua
prospettiva politica di tipo golpista riteneva che si debba portare il paese a
un livello di terrore tale da rendere necessarie misure eccezionali fino
all’intervento dell’esercito, obiettivo raggiungibile soltanto attraverso attentati
di gravità crescente. Definendosi fautore di una teoria del terrorismo puro parlava
di stragi indiscriminate e di attentati da compiersi l’uno dopo l’altro in
diverse città o in più luoghi ma contemporaneamente, anche attribuendoli alla
fazione comunista, senza risparmiare persone o cose colpendo perfino istituzioni
religiose e forze dell’ordine. Ora è il momento di maggiore tensione, la fase
finale del piano di attacchi preparato dal gruppo e iniziato il 13 marzo con le
due bombe a Milano, una davanti alla sede dell'agenzia pubblicitaria
del Corriere della Sera e uno al Centro Studi Gramsci, e proseguito
il 15 marzo con l’attentato al liceo "Vittorio Veneto", il 21 marzo a
Vaiano con la bomba alla rotaia dove sarebbe dovuto saltare in aria il treno
Palatino, il 23 aprile con le esplosioni alla “Casa del Popolo” di Moiano,
all’esattoria comunale di Milano e alla sede del Partito Socialista di Lecco, con
la bottiglia incendiaria all’auto del Procuratore di Treviso Carlo Macrì del 25
aprile, con l’esplosione nella scuola slovena di San Giovanni a Trieste del 27
aprile, con gli attentati contro tre distretti di Polizia di Milano e la bomba
a Savona contro l’edificio in cui abita il senatore della Democrazia Cristiana
Franco Varaldo del 30 aprile e le esplosioni negli uffici dell'assessorato
all'ambiente di Bologna e in quelli dell’esattoria comunale di Ancona del 10
maggio. Oggi i quattro della cellula del Fronte Nazionale Rivoluzionario non
possono e non devono sbagliare. Malentacchi non è salito alla stazione di Santa
Maria Novella, a treno fermo, correndo il rischio di attirare l’attenzione dei
controllori, ma lo ha fatto a treno in movimento appena prima che il convoglio
entrasse in stazione, all'uscita di una galleria in cui solitamente rallenta per
la presenza di un cantiere. Fermo al binario, nascosta la valigetta sotto il
sedile e affacciatosi dal finestrino a cercare Luciano Franci che gli faceva da
palo durante il suo turno di notte, fattogli cenno col capo a cose fatte Malentacchi
ha lasciato la carrozza dirigendosi verso l’uscita della stazione dove lo
attendeva la Luddi a bordo della sua Fiat 500 che, dopo averlo lasciato nei
pressi della galleria, lo ha raggiunto in città attendendolo nel piazzale esterno
per far ritorno ad Arezzo. Sono le ore 1:23 e l’Italicus sta per uscire dalla
Grande galleria dell'Appennino. Dentro la valigetta le lancette dell’orologio
si fermano attivando i martelletti che si muovono l’uno contro l’altro mettendo
a contatto le due piastrine metalliche. Un circuito elettrico si chiude, dalle
batterie nastrate sulla cassa della sveglia la corrente percorre il cavo fino
al detonatore arroventando un ponticello interno che accende la miscela
infiammabile attivando la carica primaria e di conseguenza la successiva. La
testina del detonatore esplode e la Pentrite innesca l’Amatolo che detona
accendendo la Termite. Il tunnel si illumina a giorno e la montagna trema
seguita da un boato assordante. La quinta carrozza, in un’oscurità che sparisce
per un istante, si gonfia, il tetto si alza strappandosi dai sostegni ricadendo
immediatamente verso il basso frantumandosi in migliaia di schegge mentre una
pioggia di fuoco sollevata dall’onda di sovrappressione che attraversa il corridoio
incendia ogni cosa. Il muro d’aria, infilandosi negli scompartimenti investe i
passeggeri sorpresi nel sonno schiacciandoli alle pareti mentre subito dietro le
fiamme si propagano velocissime aumentando vertiginosamente a tal punto il
calore da contorcere le lamiere. In una manciata di secondi tutta la vettura è avvolta
dalle fiamme, con la temperatura che supera i 2.000 gradi centigradi i vetri si
sciolgono e le tende si sbriciolano assieme ai rivestimenti dei sedili. In
mezzo al fuoco si vedono i passeggeri muoversi tra gli scompartimenti e lungo
il corridoio, coi capelli in fiamme e i vestiti lacerati. Qualcuno si getta
fuori dai finestrini finendo sul selciato, qualcun altro prova a spegnersi
buttandosi a terra, a rotolarsi sul pavimento finendo carbonizzato in una
frazione di secondo sulla lamiera rovente che non lascia scampo trasformandolo
in una torcia. Il macchinista, che nel frattempo è riuscito a percorrere i 50
metri che separavano il convoglio dall’uscita della galleria, è arrivato fino al
primo binario della stazione di San Benedetto Val Di Sambro dove agenti di
polizia, fiancheggiando con gli estintori il vagone in fiamme da cui si alzano in
cielo lingue di fuoco alte e abbaglianti, restano attoniti nel vedere le figure
dei passeggeri agitarsi dietro il fumo come tante ombre cinesi. Intorno a loro
il metallo si sta fondendo e fuori il calore è insopportabile, un agente cerca
di avvicinarsi alla carrozza per tentare di salire a bordo ma senza successo, la
porta è incandescente, il vagone dilaniato sembra friggere e gli spruzzi degli
schiumogeni vi rimbalzano sopra. In piedi, al centro della vettura, un
ferroviere con la pelle nera cosparsa di ustioni cerca di spostare qualcosa da
sopra una persona incastrata. È proprio nel momento in cui gli agenti lo
esortano a spostarsi da lì che una vampata lo investe facendolo sparire dietro
un pannello. Qualcuno lo chiama, urla vedendo quella figura avvolta dal fuoco
accasciarsi sul pavimento. Chi sta morendo si chiama Silver Sirotti e ha 25
anni, fino all’ultimo ha cercato di salvare i passeggeri imbracciando un
estintore. Sono morti in 12 questa notte e altri 48 ne porteranno i segni
addosso, cicatrici di un gesto violento, pianificato, scellerato, ma che
avrebbe avuto conseguenze ben peggiori se il treno non avesse accumulato quei
minuti di ritardo, scomodi e fastidiosi in altre circostanze, ma che oggi hanno
salvato la vita a centinaia di passeggeri scongiurando uno dei peggiori
disastri che il nostro Paese avrebbe mai ricordato.
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