TIPOLOGIA: incidente
CAUSE: errore umano
DATA: 14 aprile 1944
STATO: India
LUOGO: Bombay, Victoria Dock
MORTI: 1.238
FERITI: 2.583
Analisi e ricostruzione a cura di Luigi Sistu
È venerdì 14 aprile, sono le ore 13:30, è un mite pomeriggio di
primavera a Bombay e qui, nella Capitale dello stato del Maharashtra, prima
città per densità di popolazione, il porto è gremito di navi da guerra.
Trovandosi sulla costa occidentale e possedendo un profondo porto naturale che
movimenta quasi la metà del traffico merci marittimo dell’India, Bombay è anche
un’importantissima base navale e un centro logistico fondamentale per il
progetto di invasione del Giappone. Le navi in porto battono tutte le bandiere
degli alleati, soldati europei, asiatici, americani, affollano la città
comprando ricordi come i variopinti sari di seta, elefanti d'Avorio e
bastoncini di incenso cinese. Come ogni giorno lungo i moli si lavora a pieno regime,
i turni sono duri e molti materiali da movimentare sulla banchina presentano un
grado di pericolosità elevano tanto da mantenere il livello di attenzione degli
operatori addetti al carico e scarico costantemente alto. Alcuni di questi,
appena rientrati dalla pausa pranzo iniziata alle ore 12:30, stanno risalendo a
bordo del mercantile norvegese per carichi pesanti M/S Belray. Uno dei primi,
nello scendere in una delle due stive ha appena notato con la coda dell’occhio un
filo di fumo fuoriuscire da una delle prese d’aria della stiva di una nave
ormeggiata nel Victoria Dock, la banchina contigua. Si tratta della SS Fort
Stikine, una nave da carico di 7.142 tonnellate di stazza costruita nel 1942 a
Prince Rupert, una città portuale nella Columbia Britannica. Il mercantile, dal
nome di un ex avamposto della Compagnia della Baia di Hudson situato
nell’attuale Wrangell, in Alaska, e di proprietà della War Shipping
Administration, l’agenzia di guerra di emergenza del governo degli Stati Uniti
d’America incaricata di acquistare e gestire il tonnellaggio di navi
civili necessario per combattere la guerra, fa parte di una classe di
198 navi da carico per l’utilizzo dal parte del Regno Unito nell’ambito dello
schema Lend-Lease. Questo è un programma promulgato l’11 marzo 1941 in base al
quale gli Usa forniscono al Regno Unito, alla Francia libera, alla
Repubblica di Cina, all’Unione Sovietica e alle altre nazione alleate, cibo,
petrolio e approvvigionamenti militari incluse navi e aerei da guerra, per i
quali gli Stati Uniti ricevono in cambio basi militari e navali in territorio
alleato durante tutta la durata del conflitto. Il Fort Stikine, arrivato in
porto il 12 aprile via Gibilterra, Port Said e Karachi e con le operazioni di
scarico iniziate già da una notte con parte di fertilizzante e di olio combustibile
già portati a terra, è reduce di una traversata di una cinquantina di giorni dopo
avere lasciato l’Inghilterra da Birkenhead carico di munizionamento, bombe aeronautiche,
esplosivo sfuso, aeroplani Supermanire Spitfire, approvvigionamenti, e 31 casse
di lingotti d'oro del valore di 890 mila sterline destinati a stabilizzare la
Rupìa indiana. Dopo una sosta in Pakistan e scaricati a Karachi gli aerei da
caccia Spitfire, parte degli approvvigionamenti, delle munizioni e degli
esplosivi, ha stivato al loro posto 1.000 barili di olio combustibile, sacchi
di riso, legname, rottami di ferro, zolfo, resina, fertilizzanti a base di
pesce, e con protesta del Capitano Alexander James Naismith anche 8.700 balle
di cotone grezzo, una merce vietata nel trasporto su rotaia da Punjab a Bombay.
Chiamati gli altri nella stiva numero 2 per osservare il fumo biancastro venire
da babordo, il lato della nave più vicino alla banchina, gli uomini del Belray si
precipitano sul ponte per dare l'allarme. Non c’è tempo da perdere, gli
operatori di un mezzo antincendio in stazionamento sul molo, allertati dalle
grida di quegli uomini che si sbracciano in maniera nervosa, si precipitano sotto
la nave con gli idranti ma senza aver dato “l’allarme 2”, ovvero quello per gli
incendi su navi con carichi pericolosi, errore al quale il vice-caposquadra, accortosi
di tale ingenuità, si affretta a rimediare andando a digitare il numero “290”
sul telefono della banchina. Ma il telefono, con grande stupore dell’uomo, è
privo di disco combinatore. La situazione precipita. Il vice-caposquadra,
percorrendo di corsa la banchina per 170 metri fino alla cabina dell’avvisatore
antincendio, rompe il vetro per suonare il campanello, un campanello di un
allarme moderato che allerta il centro di controllo ma per l’invio di sole due
autopompe. Le lancette dell'orologio della torre del porto stanno segnando le ore
14:16 e dentro il Fort Strike trasformato in una gigantesca bomba galleggiante
lunga 135 metri, 180 metri cubi di legname pericolosamente posizionato sopra le
balle di cotone accanto ai barili d’olio stanno per innescare una massa di
esplosivo gigantesca, mostruosa: 1.395 tonnellate. Nella parte sud-ovest della
stiva, contenute in 50.000 casse di legno del peso di 52 chilogrammi ciascuna
ci sono i pezzi del calibro 7,7 millimetri, il munizionamento delle 8
mitragliatrici Browning .303 Mark II che armano le tre torrette difensive dei
bombardieri quadrimotori pesanti inglesi Avro 683 Lancaster. Ciascun colpo è
caricato con Polvere Infume, una invenzione del chimico francese Paul Marie
Eugène Vieille che aveva ottenuto un nuovo tipo di polvere da sparo di tipo propellente
completamente diverso dalle altre e che sviluppava un’energia tre volte
superiore producendo nel contempo fumi di combustione molto ridotti. Questo
tipo di esplosivo era stato realizzato unendo una miscela di etere ed alcool al
prodotto della gelatinizzazione della Nitrocellulosa, l’esplosivo
scoperto nel 1838 dal chimico francese Théophile-Jules Pelouze da carta, lino e
cotone, ricetta perfezionata e stabilizzata dal chimico tedesco Christian
Friedrich Schönbein nel 1846 contemporaneamente al chimico tedesco Johann
Friedrich Böttger. Nella porzione nord-ovest della stiva invece, confezionate
in panetti del peso di 200 grammi l’uno e contenute in 7.000 casse di legno del
peso netto di materiale equivalente a 34 chilogrammi ciascuna ci sono 238 tonnellate
di esplosivo sfuso di tipo "A" ad alta sensibilità. Questo è il
Trinitrotoluene, un esplosivo preparato la prima volta nel 1863 dal chimico
tedesco Julius Wilbrand, perfezionato dal chimico tedesco Hermann Frantz Moritz
Kopp nel 1888 e prodotto industrialmente in Germania un anno dopo col nome di
Tritolo o Tnt. Immediatamente accanto, impilate ordinatamente le une sulle
altre nella parte nord-est della stiva ci sono le bombe aeronautiche e sono del
tipo a caduta libera con carica di esplosivo ad alta velocità, un tipo di bombe
che seguono una traiettoria balistica dopo il lancio in funzione della velocità
del mezzo aereo e della sua quota in relazione alla quota del bersaglio a
terra. Queste, “per operazioni speciali, ad alta capacità”, sono completamente
diverse dalle classiche “per uso generico, a media capacità” utilizzate per le operazioni
di bombardamento strategico e tattico con l’impiego di bombardieri a lungo
raggio per sganciare grandi quantità di ordigni su parti di territorio nemico
dietro la linea del fronte per minarne il morale, il sistema produttivo o le
infrastrutture, o per supporto attaccando mezzi e truppe sul campo. Destinate ad
un utilizzo chirurgico, preciso e altamente distruttivo, qui dentro ci sono 150
Blockbuster, dei cilindri in acciaio di completa distruzione progettati per
scopi di bombardamento in cui è richiesto il massimo danno da esplosione. Sono
bombe gigantesche che hanno una configurazione particolare, modulare, poiché le
versioni maggiori sono studiate per essere costituite da sezioni affiancate
della più piccola imbullonate tra loro. Stoccata nella stiva del Fort Stikine
c’è la versione più pesante, misura 741 centimetri di lunghezza per 97
centimetri di diametro ed è costituita da quattro sezioni affiancate della
versione più piccola da 782 chilogrammi di peso lunga 224 centimetri con un
diametro di 76 e una carica esplosiva di 556 chilogrammi. La grande, pesante invece
5.443 chilogrammi contiene una carica esplosiva di 4.355 chilogrammi, in alcuni
casi costituita da Torpex, in altri casi da Amatex. Sono entrambi esplosivi ad
alta velocità, il primo è potentissimo, sviluppato nel 1942 presso
la Fabbrica Reale Gunpowder, nel Waltham Abbey, nel Regno Unito, è 50% più
potente del Trinitrotoluene ed è composto da 40% in peso di questo,
42% in peso di RDX e 18% in peso di polvere di alluminio. Il nome è
l'abbreviazione di TORPedo EXplosiv, essendo stato originariamente
sviluppato per la testata dei siluri. L’Amatex invece è una miscela
esplosiva sviluppata dall’ammiragliato britannico nei primi anni della guerra
ed è costituita da 51% in peso di Nitrato d’Ammonio, il fertilizzante preparato
dal chimico e farmacista tedesco Rudolph Glauber nel 1659 che lo aveva chiamato
“nitrum flammans” per via del colore giallo della sua fiamma e scoperto come
prodotto esplodente dal chimico e ingegnere svedese Alfred Nobel nel 1870, 40%
in peso di Trinitrotoluene e 9% in peso di RDX. Formalmente chiamato
ciclotrimetilenetrinitramina, l’RDX ha caratteristiche eccezionali, è stato
scoperto e brevettato dal chimico e farmacista tedesco Georg Friedrich Henning
nel 1898 e codificato con questo nome prima dall’esercito inglese come Royal
Demolition eXplosive e poi prodotto in larga scala dagli Stati Uniti nel 1920. “RD”
sta per Research and Development, ricerca e sviluppo, sigla comune a tutti i
nuovi prodotti per la ricerca militare, mentre la "X", la
classificazione, è nata come lettera provvisoria poi rimasta definitiva. Separati
da tutti, a sud-est dello scompartimento dedicato agli armamenti, chiusi in 500
casse ci sono i meccanismi più delicati, i detonatori e le spolette. I
detonatori, del tipo a fuoco ed elettrico, sono gli artifizi esplosivi primari
in grado di innescare l’esplosivo sfuso. Quelli elettrici, eredi del
cilindretto di alluminio inventato nel 1876 da Julius Smith attivati da una
scarica elettrica che arroventava un ponticello imbevuto in una soluzione
infiammabile e innescava una carica di Fulminato di Mercurio, esplosivo
primario sensibilissimo agli urti e al calore, sintetizzato già nel XVII secolo
e perfezionato nel 1799 dal chimico inglese Edward Howard, nella
versione “moderna” hanno il medesimo accenditore ma contengono due micro
cariche, una secondaria di Pentrite, uno degli esplosivi più potenti
preparato per la prima volta nel 1891 dal chimico tedesco Bernhard Tollens, che
innesca una primaria di Azoturo di Piombo, il preparato dalla Curtis's and
Harvey Ltd Explosives Factory nel 1890. I detonatori a fuoco invece, eredi di
quello inventato da Alfred Nobel nel 1867 consistente in un tubetto di stagno
riempito anch’esso di Fulminato di Mercurio, sono attivati da una classica
miccia a lenta combustione, un cordone di cotone reso impermeabile con un’anima
di Polvere Nera, esplosivo formato da 74,65% di nitrato di potassio, 13,50% di
carbone e 11,85% di zolfo, ricetta arrivata ai giorni nostri grazie al monaco e
scienziato Ruggero Bacone nel 1249 modificando quella comparsa per la prima
volta in un'opera di Wu Ching Toung Yao nel 1044 che suggeriva il dosaggio di
un 74% in peso di nitrato di potassio, 15% in peso di carbone e 11% in peso di
zolfo. Erede del cordone di canapa catramata con l’anima di polvere nera
brevettata il 6 settembre 1836 da William Bickford, consente alla fiamma un
percorso di un metro ogni 120 secondi. Le spolette invece, chiuse in altre
casse di legno separate dai detonatori da un pannello di legno, consentono
l’innesco dell’esplosivo contenuto nelle ogive delle bombe. Da montare sul naso
delle ogive, questo tipo studiato appositamente per le Blockbuster sono di tipo
meccanico, con una molla che rilascia un percussore all’impatto della bomba col
terreno che arma il detonatore interno con innesco ad urto. Questo carico,
minacciato dalle fiamme che metro dopo metro stanno avvolgendo la stiva, deve
essere messo in sicurezza nel più breve tempo possibile. Sono passati 8 minuti
dopo il primo squillo di sirena che l'ufficiale del più vicino distaccamento
dei vigili del fuoco arriva sul posto con le due autopompe. Dopo aver osservato
dall’interno l’incendio ormai già propagato si rende conto che è il cotone ad
avere preso fuoco per primo. La causa? Una lanterna creduta spenta e ancora
calda poggiata su una delle balle. I minuti passano e le fiamme, che si stanno
espandendo con una velocità impressionante, hanno già acceso il legname che sta
facendo aumentare esponenzialmente la temperatura nella stiva. Il metallo dei
barili di olio combustibile si deforma e alcuni di questi, danneggiati nella
movimentazione e nel trasporto ma stivati ugualmente nonostante perdessero
olio, stanno per prendere fuoco. L’ufficiale, che sbianca alla vista del carico
invia immediatamente “l’allarme numero 2” in modo da allertare altre 8
autopompe che arrivano in pochi minuti, sono le ore 14:35. Gli ultimi ad
arrivare sono Norman Coombs, capo dei vigili del fuoco di Bombay, precipitatosi
sulla banchina ancora in pantaloncini e giacca sportiva, e il Capitano Oberst,
ufficiale dell’Indian Army Ordnance Corps, il corpo d’artiglieria
dell’esercito, responsabile degli esplosivi in porto. Hanno in mano una
planimetria del mercantile con la disposizione del carico nella stiva. In un
velocissimo briefing assieme al Capitano Naismith e al Comandante Longmore
della Royal Indian Navy, la forza navale dell’India Britannica, prendono
coscienza che se la SS Fort Stikine dovesse saltare in aria sprofonderebbe con
tutto il porto e parte della città. Il calore è immenso e tutto intorno l’acqua
sta ribollendo, la nave deve essere immediatamente affondata. Ma il Colonnello Carl
Liam Sadler, direttore generale del porto, non è d'accordo, il metro e mezzo
d’acqua tra la chiglia della nave e il fondale del porto del punto in cui è
ormeggiato il mercantile è troppo poco profondo e non coprirebbe neppure la
parte inferiore della stiva numero 2. Mentre il Comandante Naismith, confuso da
questi consigli contrastanti e titubante sul da farsi, l’olio prende fuoco con
le cataste di legname e le balle di cotone diventate un’unica, immensa palla di
fuoco. Sono le ore 14:50, mentre si decide se allontanare o no il mercantile
dai moli trascinandolo al largo con dei rimorchiatori, 2 motoscafi antincendio
arrivati nel frattempo sul posto, il Doris e Panwell, aprono altre 9
manichette sulla nave in fiamme, ma è troppo tardi, la situazione interna precipita
vertiginosamente nella stiva diventata un immenso rogo coi pompieri che
continuano a rovesciarvi da quasi un’ora 900 tonnellate d’acqua portando il
numero delle manichette a terra da 11 a 32. Gli ultimi membri d’equipaggio lasciano
il mercantile di corsa ma all’esterno la maggior parte dei portuali, non dando
importanza agli eventi che si susseguono davanti alla Fort Stikine, continuano
a lavorare come se nulla fosse, complice l’assenza di esposizione della bandiera
rossa per indicare un carico pericoloso a bordo, una pratica interrotta in
quanto avrebbe identificato tali navi in caso di raid aereo nemico rendendole
un bersaglio primario. Inoltre, essendo stata interrotta per lo stesso motivo
anche l’obbligatorietà dello scaricamento in chiatte offshore delle merci
a rischio come gli esplosivi di tipo “A”, i più pericolosi, praticamente
nessuno a parte gli equipaggi e gli ufficiali del porto sapevano il reale
contenuto di ogni bastimento. Ciò che i portuali stanno guardando con curiosità
è solo un’anonima nave con del fuoco a bordo e delle operazioni di spegnimento,
una cosa abbastanza frequente in un porto trafficato come quello, talmente
frequente che un marinaio del Jalapadma, una nave da carico ormeggiata a poppa
del Fort Stikine, finisce con l'annoiarsi a tal punto nello stare a guardare
tutti quegli uomini con le pompe in mano da andarsene sottocoperta a leggere un
libro. Solo uno spettatore si è accorto del reale pericolo, un marinaio del
Belray, uno che conosce bene gli incendi perché li ha combattuti durante gli
incessanti bombardamenti di Londra da parte dei tedeschi. Alla vista delle fiamme
che stanno cambiando colore diventando giallo scuro gli riappare davanti agli
occhi una frase del suo vecchio manuale d'istruzione antincendio: "fiamme
giallo scure, pericolo esplosivi", sono le ore 16:06. L’uomo ha appena il
tempo percorrere tutto il ponte del Belray urlando ai compagni di mettersi al
riparo prima di gettarsi faccia a terra nel pozzetto del cannone che una
fiammata si fa strada lungo i condotti e le aperture del mercantile di fronte levandosi
in aria ben oltre l’albero maestro. La Fort Skitine salta in aria, l’esplosione
scuote l’aria con tale violenza da mandare in tilt i sismografi
dell'Osservatorio dell’Istituto Indiando di Geomagnetismo dell’isola di Colaba.
Il mercantile viene spezzato in due scardinando la caldaia dai sostegni e
sparandola attraverso le lamiere ad una distanza di 800 metri. La terra trema,
a Bombay le strutture si aprono, fino a 1.600 metri i muri crollano, le
finestre vanno in frantumi per 12 chilometri. Dal molo un gigantesco fungo di
fuoco spazza via qualsiasi cosa lanciando in aria una pioggia di rottami e
cotone in fiamme. Sulla banchina un ufficiale viene tagliato in due da un pezzo
di lamiera, il Comandante Naismith e il Secondo Ufficiale sono trascinati via
davanti all’ispettore marittimo che viene completamente spogliato, i pompieri
sono falciati come spighe. In basso il mare si solleva di 10 metri, i bacini vengono
devastati da un anello di fuoco che con la potenza di 1.000 uragani attraversa
la superficie raggiungendo una dopo l’altra le navi ormeggiate. Il Doris e il
Panwell spariscono; il Belray, della Armstrong Whitworth & Co. Ltd e del
peso di 4.094 tonnellate viene sbattuto violentemente sul molo; il Jalapadma,
la nave da carico inglese da 3.857 tonnellate della Scindia Steam Navigation
Company viene divisa in due con la parte anteriore sollevata per 20 metri e
scaraventata sul tetto di un capannone e la poppa lanciata per 180 metri; il
Baroda, una nave da carico inglese da 3.172 tonnellate di proprietà della
British India Steam Navigation Company viene incenerita; la HMIS El Hind, una
nave passeggeri da 5.319 tonnellate utilizzata dalla Scindia Steam Navigation
Company Ltd e requisita dalla Royal Indian Navy come nave da sbarco, viene
scoperchiata assieme alla Fort Crevier e alla Kingyuan, due navi da carico
inglesi, la prima di 7.142 tonnellate e la seconda, di proprietà della China
Navigation Company, di 2.653 tonnellate; due navi da carico, la General van
Sweiten, da 1.300 tonnellate, la General van der Heyden, da 1.213 tonnellate, e
il Tinombo, un mercantile costiero da 872 tonnellate, tutte olandesi e di
proprietà della Koninklijke Peketvaart-Maatschappij, sono sollevate e
rovesciate su un lato dilaniando tra le lamiere 2, 15 e 8 membri dell’equipaggio;
le chiglie della nave da carico norvegese Graciosa, da 1.173 tonnellate di
proprietà di Skibs A/S Fjeld, e dei due mercantili panamensi Iran e Norse
Trader, la prima da 5.677 tonnellate della Iran Steamship Company, la seconda da
3.507 tonnellate di proprietà di Wallen & Co. Sank, si squarciano per tutta
la lunghezza piegandosi verso l’interno; alla nave da carico egiziana Rod El
Farag, da 6.292 tonnellate, della Sociète Mirs de Navigation Maritime, il ponte
viene completamente fatto a pezzi, la poppa è piegata verso l’alto e il lato
destro rientra per metà; all’HMS LCP 323 e all’HMS LCP 866, due piccoli mezzi
da sbarco inglesi del peso di 3.674 chilogrammi non va meglio, le lamiere
accartocciate come fogli di carta sono strappate dalle chiglie sollevate dall’acqua
e lanciate in direzione della vicina Empire Indus, una nave da
carico inglese da 5.155 tonnellate e della vicina HMHS
Chantilly, una nave passeggeri inglese da 10.017 tonnellate trasformata in nave
ospedale, mentre vengono avvolte dalle fiamme e strappate dagli ormeggi. L’onda
di sovrappressione, devastati i bacini raggiunge la terraferma. 55 mila
tonnellate di cereali, le riserve di emergenza destinate alla carestia del
Bengala sono cancellati, i sili che li contengono scoperchiati, rovesciati su
un lato e aperti per tutta la lunghezza. Le balle di cotone in fiamme, cadendo
dal cielo sulle navi attraccate, sul cantiere navale e sulle aree dei
bassifondi fuori dal porto, incendiano due chilometri quadrati di superficie edificata.
In un raggio di 800 metri dalla nave alcune delle porzioni più sviluppate ed
economicamente importanti di Bombay vengono cancellate. In città frammenti di
metallo rovente, mattoni e porzioni di cemento ricadono sulle case e sulle strade
falciando i passanti e uccidendo chi non si trova al riparo. Un lingotto d’oro
sfonda il tetto di una casa atterrando ai piedi di un vecchio che legge nel
balcone al terzo piano. Nella stanza accanto, la moglie non ha il tempo di
accorgersi di nulla, un frammento di banchina squarcia il muro della camera da
letto trapassandole il petto. Sul Belrav, il marinaio che si è buttato nel
pozzetto risale in coperta, ormai trasformata in un cumulo di ferro inclinato
di 40 gradi, corpi senza vita e moribondi. Solleva di peso un compagno, gli
scivola dalle mani per il troppo sangue, la gamba gli è stata strappata di
netto, fatica a portarlo giù per la passerella ma cerca prendere anche gli altri.
Va avanti e indietro più volte, dispone i feriti a terra tra due muri rimasti
intatti, al riparo dai continui scoppi di munizioni. L'ultimo è un marinaio
indiano che ha perso entrambe le gambe, lo raccoglie per caricarlo su una
piccola automobile ferma sulla banchina, l'ha quasi raggiunta quando dal bagliore
rossastro della nuvola di fumo che nasconde il Fort Skitine un boato scuote
l’aria per la seconda volta. Sono le ore 16:46, la restante parte di esplosivo
si è accesa. La detonazione è impressionante, molto più potente della
precedente. Il marinaio spinge il compagno sotto l'automobile seguendolo nel
fango prima di essere raggiunto dall’onda di sovrappressione che solleva l’auto
da terra scaraventandola contro un muro. Il boato, sentendosi per 80 chilometri
fa vibrare il terreno fino alla città di Shimla, a 1.750 chilometri. La prima
esplosione, avvenendo lateralmente ha sfogato parte della sua forza contro
l'acqua e contro i capannoni delle banchine, questa, con un effetto spaventoso
si sviluppa invece verticalmente. Il fungo nero che si apre coprendo il
precedente risucchia verso l’alto frammenti di metallo, legno e cotone
infuocato per un'altezza di 1.500 metri, una seconda pioggia di detriti
bersaglia terra e acqua in un raggio di 900 metri appiccando fuochi oltre i
confini del porto, nei quartieri residenziali. Intorno lo scenario è infernale.
1.238 persone tra cui 410 militari, 531 civili, 231 operatori portuali e 66
pompieri, sono state dilaniate. I loro corpi smembrati, accartocciati come
fogli di carta non hanno più una forma. Altre 2.583, civili, soldati inglesi,
indiani, aviatori della RAF e uomini delle forze armate americane sono invece feriti
in modo grave. Il porto non esiste più, sotto una colonna nera che si estende su
tutta la baia le strutture sono state appiattite e un milione di tonnellate di
macerie, parti umane e di animali ricoprono il terreno per chilometri. Anche dei
due bacini resta ben poco: il Jalapadma, il Baroda, il Fort Crevier, la Graciosa,
l’Iran e il Rod El Farag sono distrutte; il Belray, la HMIS El Hind, il
Kingyuan, il General van Sweiten, il General van der Heyden, il Tinombo, la
Norse Trader, l’HMS LCP 323 e l’HMS LCP 866 sono affondate, tre ponti girevoli
d’ingresso sono fuori dai loro sostegni, l’ingresso del bacino Victoria è
bloccato da una nave affondata all’interno e da una affondata all’esterno, l’imbocco
invece è ostruito da un groviglio di alberi e sartiame. La Empire Indus e la HMHS
Chantilly, miracolosamente sopravvissute ma ancora in fiamme, vagano lentamente
verso la costa trasportate dalla corrente. La macchina dei soccorsi sarà
imponente, mentre i funzionari portuali stanno allontanando in tutta fretta
dirigendole in mare aperto altre 7 navi trasporto esplosivi dal bacino
Alexandra, 6.000 indiani e 2.000 soldati inglesi si mobilitano allestendo
postazioni di primo soccorso della Croce Rossa in tutta l’area con l’ospedale
St. George che verrà intasato dai feriti mentre 80.000 persone resteranno senza
una casa, anche loro vittime di una guerra che non sembra ancora vedere la
fine.
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