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01 settembre, 2021

Smederevo, Cittadella medievale, 5 giugno 1941


TIPOLOGIA: incidente
CAUSE: errore umano
DATA:
5 giugno 1941
STATO: Serbia
LUOGO:
Smederevo, Cittadella medievale 
MORTI:
2.736
FERITI:
5.374

Analisi e ricostruzione a cura di Luigi Sistu

Smederevo è la capitale temporanea della Serbia medievale, la sua fortezza è stata costruita tra il 1427 e il 1430 sull'ordine di Durad Branković, il sovrano del Despotato serbo. Grazie alla sua posizione strategica, Smederevo è stata gradualmente rinnovata, ingrandita e ulteriormente fortificata nel corso dei secoli, resistendo ai numerosi assedi degli ottomani, dei serbi e sopravvivendo relativamente indenne fino al 1941. Situata a 45 chilometri a sud-est di Belgrado, copre 11,3 ettari nel centro della città moderna. Si trova strategicamente sulla riva destra del fiume Danubio sulla pianura triangolare formata dalla confluenza dei fiumi Danubio e Jezava, a soli 72 metri sul livello del mare. La fortezza è circondata da 1,5 chilometri di mura spesse 2,5 metri e da 25 torri, ognuna alta 25 metri. Due fianchi sono delimitati dai fiumi Danubio e Jezava, il terzo è difeso da due fossati, uno per la cittadella fortificata e uno per il sobborgo. L'area a sud delle pareti esterne invece è lasciata aperta. È il giugno del 1941, la città è occupata dalle truppe naziste tedesche che hanno fatto della fortezza la loro gigantesca Santa Barbara. Giornalmente la corte interna, coi suoi terrapieni, depositi e piazzali, stocca 3.500 tonnellate tra pezzi di artiglieria di vario calibro per obici, cannoni per carri, artiglieria ferroviaria, artiglieria campale media, pesante e superpesante, dalle granate classiche alle Shrapnel a frammentazione temporizzate, alle case di esplosivo, alle cariche di lancio, fino ad arrivare alle bombe aeronautiche a caduta libera in attesa di essere stivate sui bombardieri. Questo tipo di bombe seguono una traiettoria balistica dopo il lancio in funzione della velocità del mezzo aereo e della sua quota in relazione alla quota del bersaglio a terra. Ci sono: quelle “per utilizzo generico”, utilizzate per le operazioni di bombardamento sia strategico che tattico, dove il primo prevede l’impiego di bombardieri a lungo raggio per sganciare grandi quantità di ordigni su parti di territorio nemico dietro la linea del fronte per minarne il morale, il sistema produttivo o le infrastrutture, mentre il secondo è mirato a supportare le truppe attaccando mezzi e truppe sul campo; che quelle “per operazioni speciali”, le bombe pesanti, utilizzate per scopi di bombardamento in cui è richiesto il massimo danno da esplosione. In un deposito sotterraneo, in due stanze separate, una davanti all’altra ma con ingressi sfalsati che si affacciano su di un corridoio che corre fino alla superficie, sono immagazzinate le spolette, il meccanismo più delicato. Sono costituite dal congegno che attiva un detonatore elettrico, erede del cilindretto di alluminio inventato nel 1876 da Julius Smith e acceso da un ponticello imbevuto in una soluzione infiammabile, o a percussione, erede ed evoluzione con accensione a stantuffo dell’involucro di stagno inventato da Alfred Nobel nel 1867. La carica primaria costituita in alcuni casi dalla Pentrite, uno degli esplosivi più potenti, preparata per la prima volta nel 1891 dal chimico tedesco Bernhard Tollens, o dal Fulminato di Mercurio, esplosivo primario sensibilissimo agli urti e al calore, sintetizzato già nel XVII secolo e perfezionato nel 1799 dal chimico inglese Edward Howard, consente l’innesco dell’esplosivo contenuto nelle ogive. La prima stanza del deposito sotterraneo contiene le spolette per le granate. Di immediato montaggio sul naso della granata tramite avvitamento, sono di tipo ad urto, chimiche e ad orologeria. La seconda stanza contiene invece le spolette destinate alle bombe. Da montare sul naso, sulla coda o lateralmente al corpo delle ogive, sono di tipo meccanico, elettrico, ad attivazione di prossimità, istantanea e ad orologeria tramite un meccanismo temporizzato a breve durata, dai 3 ai 30 secondi dopo il rilascio, e temporizzato a lunga durata. Ciò consente la detonazione della bomba anche dopo l’impatto, dai 3 minuti alle 72 ore, e sono fornite inoltre di un congegno antirimozione a tre interruttori al mercurio o a magneti in caso di intervento degli artificieri nemici per l’eventuale disarmo. In superficie le bombe e le granate sono suddivise per tipologia, da un lato, impilate le une sulle altre, ci sono: le granate da 75 millimetri con ogiva in ghisa acciaiosa del peso di 6,5 chilogrammi e armate con una carica di 2,4 chilogrammi di Melenite, miscela esplosiva inventata dal chimico francese François Eugène Turpin nel 1885 aggiungendo all’Acido Picrico, composto organico scoperto dal chimico tedesco Johann Rudolph Glauber nel 1742 per essere finito di sintetizzare correttamente nel 1841 e scoperto come esplosivo nel 1873 dal chimico anglo-tedesco Hermann Sprengel, la Nitrocellulosa, prodotto esplosivo scoperto dal chimico tedesco Christian Friedrich Schönbein nel 1846; le granate a frammentazione da 75 millimetri con ogiva acciaiosa del peso di 7,3 chilogrammi e armate con una carica di 1,3 chilogrammi di Polvere Nera, composto costituito da 74,65% di Nitrato di Potassio, 13,50% di carbone e 11,85% di zolfo, ricetta del monaco e scienziato Ruggero Bacone del 1249 ripresa da quella antica cinese comparsa nel 1044 in un’opera dell’autore Wu Ching Toung Yao; le granate da 88 millimetri con ogiva in ghisa acciaiosa del peso di 9,2 e armate con una carica di 1,6 chilogrammi di Amatolo 80/20, una miscela esplosiva creata durante la Prima Guerra Mondiale dalle forze armate britanniche e costituita da 80% in peso di Nitrato d'Ammonio, il fertilizzante preparato dal chimico e farmacista tedesco Rudolph Glauber nel 1659 che lo aveva chiamato “nitrum flammans” per via del colore giallo della sua fiamma e scoperto come prodotto esplodente dal chimico e ingegnere svedese Alfred Nobel nel 1870, e 40% in peso di Trinitrotoluene, esplosivo preparato la prima volta nel 1863 dal chimico tedesco Julius Wilbrand; le granate da 88 millimetri perforanti con ogiva in acciaio del peso di 23 chilogrammi e armate con una carica di 5,2 chilogrammi di RDX, formalmente la ciclotrimetilenetrinitramina, di caratteristiche eccezionali e scoperto e brevettato dal chimico e farmacista tedesco Georg Friedrich Henning nel 1898 e codificato con questo nome prima dall’esercito inglese come Royal Demolition eXplosive e poi prodotto in larga scala dagli Stati Uniti nel 1920 come “RD” Research and Development, ricerca e sviluppo, sigla comune a tutti i nuovi prodotti per la ricerca militare, e "X", la classificazione, nata come lettera provvisoria ma rimasta definitiva; le granate da 105 millimetri con ogiva in ghisa acciaiosa del peso di 14,8 chilogrammi con una carica di 1,4 chilogrammi di Trinitrotoluene; le granate da 150 millimetri con ogiva in acciaio del peso di 38 chilogrammi e armate con una carica di 8,29 chilogrammi di Trinitrotoluene; le granate da 128 millimetri con ogiva in acciaio del peso di 28,3 chilogrammi e armate con una carica di 5,3 chilogrammi di Nougat, una miscela composta da una percentuale del 70% di Trinitrotoluene e 39% di Schneiderite, prodotto costituito da un 12,60% di binitronaftalina e da 87,40% di Nitrato d’Ammonio; le granate da 210 millimetri con ogiva in ghisa acciaiosa del peso di 120 chilogrammi e armate con una carica di 98 chilogrammi di Trinitrotoluene; le granate da 240 millimetri con ogiva in ghisa acciaiosa del peso di 148,5 chilogrammi e armate con una carica di 16,4 chilogrammi di Trinitrotoluene; le granate da 240 millimetri perforati con ogiva in acciaio indurito del peso di 151 chilogrammi e armate con una carica di 14,9 chilogrammi di Trinitrotoluene; le granate da 280 millimetri con ogiva in ghisa acciaio del peso di 284 chilogrammi e armate con una carica di 22,9 chilogrammi di Trinitrotoluene; le granate da 420 millimetri, dei mostri con ogiva in acciaio del peso di 1.003 chilogrammi armati con una carica di 113 chilogrammi di Amatolo 80/20, una miscela esplosiva creata durante la Prima Guerra Mondiale dalle forze armate britanniche e costituita da 80% in peso di Nitrato d'Ammonio e 40% in peso di Trinitrotoluene. Tutto questo è allineato e in ordine pronto ad essere spedito al fronte assieme alle cariche di lancio di Acido Picrico in sacchetti. Immediatamente accanto sono accatastate centinaia di botti di Polveri Infumi, invenzione del chimico francese Paul Marie Eugène Vieille che attraverso la gelatinizzazione della Nitrocellulosa con una miscela di etere ed alcool aveva ottenne un nuovo tipo di polvere da sparo di tipo propellente completamente diverso dalle altre e che ne sviluppava una energia tre volte superiore me producendo nel contempo fumi di combustione molto ridotti. Balistite, Cordite e Selenite sono sistemate in decine di file ordinate e pronte all’uso. La Balistite era stata ottenuta per la prima volta dal chimico e ingegnere svedese Alfred Nobel nel 1887 ed è costituita da un 10% di canfora, un 45% della Nitrocellulosa scoperta dal chimico tedesco Christian Friedrich Schönbein nel 1846 e da un 45% di Nitroglicerina, il prodotto sintetizzato dal chimico e medico italiano Ascanio Sobrero nel 1847 dalla Nitrocellulosa. La Cordite era stata ottenuta in Gran Bretagna immediatamente dopo, sostanzialmente una variazione della Balistite. Il chimico britannico Sir Frederick Abel assieme al fisico e chimico Sir James Dewar avevano brevettato nel 1889 una sua formula modificata composta da 58% di Nitroglicerina, 37% di Nitrocellulosa e 5% di vaselina. La Solenite era stata ottenuta invece nel 1896 presso il Regio Polverificio di Fontana Liri, in Abruzzo, mescolando una percentuale di 61% di Nitrocellulosa, 36% di Nitroglicerina e 3% di olio minerale. Accanto alle botti di Polveri Infumi i soldati hanno sistemato centinaia di casse di Trinitrotoluene e centinaia di casse di cartucce di Dinamite a base attiva, fortemente esplosiva, brevettata dal chimico e ingegnere svedese Alfred Nobel nel 1867 e composta dalla Nitroglicerina miscelata con Nitrocellulosa ad alto contenuto di azoto. Poco più avanti, alla fine del piazzale sono stoccate le bombe aeronautiche a caduta libera, sia le “SC” Sprengbombe Cylindrisch, le “bombe detonanti cilindriche”, sia le “PC” Panzersprengbombe Cylindrisch, le bombe cilindriche perforanti esplosive”: le bombe SC50 da 55 chilogrammi, corpi in acciaio lunghi 1,18 metri con un diametro di 20,3 centimetri, sono armate alcune con 16,4 chilogrammi di Trinitrotoluene, altre con Amatolo 60/40, una miscela esplosiva costituita da 60% in peso di Nitrato d'Ammonio e 40% in peso di Trinitrotoluene, altre ancora hanno una carica di Trialene, un esplosivo costituito da 70% Trinitrotoluene, 15% di polvere di alluminio e 15% RDX; le bombe SC250 da 250 chilogrammi, corpi in acciaio lunghi 164 centimetri con un diametro di 36,8, sono armate alcune con 130 chilogrammi di Trinitrotoluene, altre con Amatolo 60/40, altre con Trialene, altre ancora con Ammonal, un composto inventato dall’esercito inglese durante la prima fase della Prima Guerra Mondiale e costituito per il 65% in peso di Nitrato d’Ammonio, 17% di alluminio, 15% di Trinitrotoluene e 3% di carbone; le bombe SC500 da 500 chilogrammi, corpi in acciaio lunghi 203 centimetri con un diametro di 45,7, sono armate alcune con 220 chilogrammi di Trinitrotoluene, altre con Amatolo 60/40, altre con Trialene; le bombe PC500 pesanti 539 chilogrammi, corpi in acciaio lunghi 173 centimetri con un diametro di 40,6, sono armate alcune con 75 chilogrammi di Trinitrotoluene, altre con Amatolo 60/40; le bombe da demolizione SC1000 “Hermann” pesanti una tonnellata, corpi in acciaio lunghi 278 centimetri con un diametro di 66, soprannominate dai tedeschi in questo modo in riferimento al corpulento comandante della Luftwaffe, sono armate alcune con 620 chilogrammi di Trinitrotoluene, altre con Amatolo 60/40, altre con Trialene; le bombe PC1000 pesanti 1.117 chilogrammi, corpi in acciaio lunghi 216 centimetri con un diametro di 50,8, sono armate con 160 chilogrammi di Trinitrotoluene; le bombe SC1200 pesanti 1.117 chilogrammi, corpi in acciaio lunghi 277 centimetri con un diametro di 65, sono armate con 631 chilogrammi di Trialene e un’anima di Trinitrotoluene; le bombe PC1400 pesanti 1.400 chilogrammi, corpi in acciaio temprato lunghi 282 centimetri con un diametro di 55,9, sono armate alcune con 300 chilogrammi di Trinitrotoluene; le bombe PC1600 pesanti 1.600 chilogrammi, corpi in acciaio temprato lunghi 282 centimetri con un diametro di 53,3, sono armate con 230 chilogrammi di RDX; le bombe SC1800 “Satan” pesanti 1.800 chilogrammi, corpi in acciaio lunghi 376 centimetri con un diametro di 66, sono armate alcune con 1.084 chilogrammi di Trinitrotoluene, altre con Amatolo 60/40, altre con Trialene; le bombe SC2000 pesanti 1.950 chilogrammi, corpi in acciaio lunghi 345 centimetri con un diametro di 66, sono armate alcune con 975 chilogrammi di Amatolo 60/40; infine le bombe ad alta capacità di esplosione SC2500 “Max” pesanti 2.400 chilogrammi, corpi in alluminio lunghi 368 centimetri con un diametro di 78,7, sono armate alcune con 1.570 chilogrammi di Trialene, altre con Amatolo 60/40. I cittadini di Smederevo, spaventati e logorati da una dura occupazione, restano costantemente chiusi nelle loro abitazioni uscendo esclusivamente per recarsi a lavoro o procurarsi da mangiare, considerando che i bombardamenti da parte degli aerei inglesi sono frequenti non è prudente stare per le strade più del necessario. È il 5 giugno 1941, il giovedì prima della Pentecoste, c’è molto caldo, è giornata di mercato in città, molti agricoltori sono arrivati dalle campagne al centro cittadino dai vari distretti: Podunavski, Pozarevacki, Kovinski, Jasenicki e Oraski. La gente è tantissima, ci sono rifugiati da Belgrado, da Novi Sad e da tutta la regione, ci sono tutti i membri del teatro di Banovina di Novi Sad, ci sono anche 1.200 studenti invitati a presentare i moduli per i certificati di iscrizione all’anno scolastico. Anche gli insegnanti sono in città, devono ritirare lo stipendio. La stazione ferroviaria è gremita, un fiume di persone aspetta il treno per tornare al proprio villaggio: studenti, lavoratori, contadini, ammassati nei pressi dei binari attendono pazientemente sotto il sole. La partenza del treno della tratta Smederevo-Belgrado delle ore 14:12 è in ritardo sull’orario effettivo di due minuti. È il convoglio più lungo, ha in testa due locomotive a vapore in tandem, potentissime, in grado di far percorrere al treno 840 metri in 120 secondi. Poche decine di metri più indietro, nei piazzali della fortezza, centinaia di chilogrammi di esplosivo sono costantemente movimentati, scaricati dai vagoni ferroviari, caricati sui camion, urtati, rotolati. Sono le ore 14:14, c’è sempre più caldo, troppo. Per un errore di valutazione una botte sfugge al controllo dei soldati. L’involucro si frantuma rovinosamente. Un boato da dietro le mura attira l’attenzione dei passeggeri giù alla stazione. Il personale si guarda intorno come a cercare di capire il motivo di quel sordo frastuono, gli spari all’interno della fortezza sono frequenti, le prove dell’artiglieria sono continui e gli abitanti della zona ci hanno quasi fatto l’abitudine ma oggi c’è qualcosa di diverso, una colonna di fumo bianco si è alzata in aria e sta diventando, secondo dopo secondo, sempre più grande e sempre più alta. Il personale della stazione inizia a preoccuparsi. Sono passati 50 secondi, il fumo è diventato nero, si sentono degli spari via via sempre più forti e frequenti. il capotreno è preso dal terrore, si mette il fischietto in bocca per far partire i treni immediatamente, ma è troppo tardi, una prima esplosione fa voltare tutti, poi una seconda più forte a due secondi di distanza, ora una terza, immensa, difficile da descrivere. La fortezza salta in aria, tutta. Una gigantesca sfera rovente inghiotte le mura, le torri, la cittadella, le caserme. La terra trema. Nella stazione ferroviaria uno dei due treni passeggeri sta per chiudere le porte, il macchinista sta aumentando la pressione nella caldaia della locomotiva mentre l’altro è ancora in stallo. Entrambi sono pieni di passeggeri seduti in attesa di rientrare a casa. Sulle banchine, gli altri aspettano e si guardano cercando informazioni. Nessuno ha il tempo di fare nulla se non accennare una fuga, un urlo, una preghiera. Le mura si aprono verso di loro, l’onda di pressione con una velocità di 5.000 metri al secondo li raggiunge e li travolge. I convogli sono strappati dai binari, rovesciati, schiacciati, incendiati. Dopo aver appiattito la stazione il muro d’aria prosegue la sua corsa per 50 chilometri, investe la città uccidendo all’istante 2.700 tra soldati e civili, accartocciandoli come fogli di carta, sollevandoli da terra e proiettandoli a centinaia di metri di distanza. 3.200 abitazioni rovinano a terra. Quelle più lontane, che per puro caso resistono alla furia della prima onda d’urto, perdono il tetto, le porte e le finestre in quella di ritorno. Poi, il silenzio, un lunghissimo silenzio. Mentre le mura della parte meridionale della città, in frantumi, finiscono la loro accelerazione, per gravità picchiano verso il basso, verso la gente. Una pioggia di pietre, schegge, travi, mattoni, investe quel poco che è rimasto della città. Questa enorme quantità di massi, intonaco, blocchi di muro mescolati alle ogive dei pezzi di artiglieria che continuano ad esplodere, distruggono tutto ciò che incontrano. Le granate prive di spoletta invece piovono sulla città come meteoriti perforando gli edifici dal tetto al pavimento e conficcandosi nel terreno. Persone, animali, cose, sono tutte diventate un bersaglio. È l’apocalisse, l’Inferno si è aperto su Smederevo. Quando la polvere si deposita sul terreno scopre gli effetti dell’incidente in tutta la sua furia distruttiva. La parte meridionale della fortezza non c’è più, le mura e tre torri sono state ridotte in briciole, la parte bassa della città è sparita, quella alta è diventata un cumulo di macerie. Tutto è crollato in un raggio di 10 chilometri. Non c’è più la chiesa, la scuola, gli uffici, tutto è stato disintegrato con dentro le persone. Anche la stazione è un ricordo, delle centinaia di persone solo 14 sono ancora vive. Il terreno è disseminato di ossa, carne, vestiti laceri, sangue, detriti. La popolazione sopravvissuta alla furia dell’esplosione, in un bagno di sangue e terrorizzata, mentre scappava verso le campagne è stata raggiunta da una grandinata di pietre che ha crivellato 4.500 persone. Sono ancora a terra ma sono vivi. In città regna un assordante silenzio. Le rovine sono avvolte in una nube grigia e calda. Nelle campagne i feriti sono disseminati ovunque, agonizzanti, spaventati, non scappano più tanta è la paura di essere raggiunti dalla morte. Verranno divisi tra gli ospedali di Belgrado e Pozarevac e in strutture di fortuna dove i medici e il personale sanitario troveranno lo spazio per operare. I morti verranno accatastati in fosse comuni. I loro corpi sono talmente straziati da impedirne il riconoscimento. Dove possibile, il poco abbigliamento rimasto intatto ne consentirà una debole verifica. Quella di Smederevo sarà una delle più violente e catastrofiche esplosioni accidentali della storia.

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01 novembre, 2019

Messines, Alture delle Fiandre Occidentali, 7 giugno 1917


TIPOLOGIA: azione offensiva
CAUSE: mine sotterranee
DATA:
7 giugno 1917
STATO:
Belgio
LUOGO:
Messines, Alture delle Fiandre Occidentali
MORTI:
10.528
FERITI: 2.263

Analisi e ricostruzione a cura di Luigi Sistu

È la notte del 6 giugno 1917, i soldati dell’esercito inglese si trovano nelle trincee del territorio belga di Messines, nelle fiandre occidentali. Tengono la testa bassa, tutti, perché in questo posto se la alzi sei morto in meno di 4 secondi, il tempo che dall’altra parte il tuo elmetto finisca nel mirino di una mitragliatrice o nell’ottica del fucile di un cecchino. Sono coperti di fango, stanchi, affamati, aspettano l’ordine, tra poche ore attaccheranno. Piove a dirotto, a poche decine di metri gli ufficiali controllano l’orologio, prima uno sguardo al quadrante, poi sugli strumenti, e di nuovo al quadrante, in un ciclo spasmodico infinito. La mano invece è sulla leva, gli esploditori sono controllati a vista, così come le centinaia di metri di cavi che si diramano sotto i loro piedi, sotto terra, in cunicoli cigolanti e pieni d’acqua. Il piano deve funzionare, ci hanno lavorato per mesi senza sosta e probabilmente questo metterà fine alla guerra, o almeno lo sperano tutti. Uno dei grossi problemi che si erano trovati ad affrontare durante la Prima Guerra Mondiale è il fatto che i tedeschi avessero occupato da subito il Belgio. Questo aveva messo a disposizione della Germania importantissimi porti da cui far partire incursioni navali verso i mercantili inglesi e tenere sotto scacco la Manica. Dopo aver accarezzato l’idea di uno sbarco nelle Fiandre, regioni bagnate dal Mare del Nord confinanti da una parte con l’Olanda e dall’altra con la Francia, con la collaborazione dell’Ammiraglio Reginald Bacon della Marina britannica e il Colonnello Aymler Hunter-Weston per la presa del comune belga di Middelkerke e successiva conquista delle postazioni tedesche costiere sino a raggiungere le zone più interne, il Generale britannico Herbert Charles Onslow Plumer aveva raccomandato al feldmaresciallo Sir Douglas Haig la cattura di Messines Ridge e parte dell'arco meridionale di Ypres Salient prima di procedere con l’occupazione dell'altopiano di Gheluvelt, più a nord. Questo La cattura di avrebbe garantito il controllo di quel terreno tatticamente importante sul fianco sud di Ypres Salient, accorciando il fronte e privando i tedeschi dei punti di osservazione sulle postazioni britanniche. Gli inglesi invece avrebbero guadagnato quelli del versante meridionale di Menin Ridge all'estremità ovest dell'altopiano di Gheluvelt, pronti per un’offensiva più ampia nel saliente di Ypres. L’attacco, pianificato per il 1916, era stato ritardato a causa delle disfatte di Verdun e della Somme, la prima una spaventosa battaglia che aveva coinvolto quasi i tre quarti delle armate francesi e che fino ad ora detiene il primato di campo di battaglia con la maggior densità di morti per metro quadro, la seconda una imponente serie di offensive lanciate dagli anglo-francesi sul fronte occidentale nel tentativo di sfondare le linee tedesche nel settore tagliato in due dal fiume Somme con un massiccio attacco di fanteria che avrebbe dovuto creare le condizioni favorevoli per una rapida avanzata della cavalleria. Mentre Verdun aveva costituito un punto di svolta cruciale della guerra in quanto aveva segnato il momento in cui il peso principale delle operazioni nel fronte occidentale era passato dalla Francia all’Impero Britannico sia facendo svanire le ancora concrete possibilità della Germania di vincere la guerra, sia influenzando in parte l’entrata in guerra degli Stati Uniti d’America, l’attacco sulla Somme voluto fortemente dalla Francia per alleggerire l'enorme e insostenibile pressione tedesca a Verdun aveva dimostrando soltanto caparbietà e impreparazione tattica e strategica con cui lo Stato Maggiore britannico aveva affrontato la prima grande offensiva delle forze alleate. Ma nel 1917, dopo che anche i massicci attacchi francesi lungo la strada Chemin des Dames, nel dipartimento francese dell’Aisne, atti ad assicurarsi un'ampia zona di circa 80 chilometri di trincee usate dai tedeschi per ripararsi dall'artiglieria nemica era arrivata ad un punto di arresto dopo che mitragliatrici e mortai tedeschi avevano aperto il fuoco vanificando gli assalti e terminando in un disastro, era stato dato ordine di riprendere l’offensiva nelle Fiandre e di conquistare l’altura di Messines. Mentre gli inglesi avevano preso il controllo della città i tedeschi avevano occupato il terreno della cresta di Messines-Wytschaete a sud, le creste più basse ad est e il terreno pianeggiante a nord, e il fatto che conoscessero molto bene l’importanza strategica dell’area aveva fatto sì che venisse rinforzata da subito con linee di trincee, sbarramenti di artiglieria, postazioni di mitragliatrici e tutto ciò che avevano reputato essere utile in una guerra di trincea che ormai va avanti da quasi tre anni. Poiché gli inglesi, sapendo bene che attaccare frontalmente il saliente di Wytschaete, prima linea difensiva tedesca e punto centrale dello schieramento, sarebbe stato un massacro, avevano messo a punto un piano di sfondamento: scavare una serie di tunnel sotto il saliente tedesco, ricavarne delle enormi camere, riempirle di esplosivo e farle saltare in modo da distruggere le linee fortificate in superficie. Avevano voluto utilizzare una tecnica d’assedio sperimentata nel Basso Medioevo per abbattere le mura perimetrali dei castelli, la stessa ripresa e perfezionata dal Tenente Colonnello Henry Pleasants, comandante del 48° Reggimento di Fanteria della Pennsylvania, il 30 luglio del 1894. Nella città di Petersburg, in Virginia, un luogo sotto assedio che vedeva schierata da una parte l’Armata Confederata della Virginia Settentrionale guidata dal Generale Robert Edward Lee, e dall'altra l’Armata della Virginia Nord-Orientale guidata dal Maggior Generale George Gordon Meade, creando a tutti gli effetti un’evoluzione delle mine utilizzate nel 1300, delle cariche esplosive erano state posizionate direttamente sotto il forte del Saliente di Elliott, esattamente sotto la prima linea, e fatte poi saltare in aria distruggendo le linee fortificate in superficie. A Messines, sebbene l’uso delle mine sotto le trincee avversarie fosse una strategia conosciuta e ampiamente applicata durante la guerra, ci sarebbero stati comunque due enormi problemi per la realizzazione del piano. Il primo problema: il terreno. Argilla, sabbia, limo e acqua, avrebbero reso difficile qualsiasi metodo di scavo, poiché, dalla prima battaglia di Ypres nel 1914, gran parte del drenaggio della zona era stato distrutto dal fuoco dell'artiglieria. Le condizioni sotto la superficie sarebbero state particolarmente complesse poiché le falde acquifere separate avrebbero reso difficile l'estrazione del materiale. Per questi motivi i Royal Engineers si erano fatti mandare dall’Inghilterra due geologi, Edgeworth David e il suo assistente, in modo da capire come poter affrontare uno scavo del genere in quel tipo di terreno. I geologi lo avevano analizzato individuando uno strato di argilla idoneo allo scavo ma troppo in profondità per un lavoro veloce. Coordinati dai Royal Engineers, le compagnie di Tunneling 171a, 175a e 250a britanniche, 1a e 3a canadesi e 1a australiana, avevano iniziato a scavare le prime gallerie nella prima metà del 1916. I tempi di realizzazione erano stati molto lunghi e durati oltre un anno, lavorando a profondità comprese tra 24 e 37 metri, ricavando passaggi, stanze, condotti e, calcolando il punto migliore dove allestire le camere di scoppio erano avanzati per oltre 5 chilometri sotto le linee tedesche. Il secondo enorme problema: i tedeschi si aspettavano una strategia di questo tipo. Per evitare che i loro tunnel venissero intercettati, gli inglesi avevano creato una seconda rete di tunnel più vicini alla superficie in modo da attirare su quelli l’attenzione dei genieri avversari e distoglierla invece dai tunnel reali, studiando perfino il comportamento delle onde sonore che si propagavano nelle sabbie mobili, nel gesso e nell'argilla. Le condizioni di lavoro erano state dure, le gallerie erano fredde, anguste e troppo spesso allagate. Le pompe elettriche avevano lavorato a ritmo continuo portando l'aria verso il basso e l'acqua verso l’altro, fuori dalla mina, mentre a lume di candela, sul fronte di scavo, avevano operato su turni di scavo squadre di tre persone: lo scavatore, sdraiato, aveva picchettato la terra davanti a lui; il riempitore, in ginocchio, aveva chiuso i sacchi con la terra di risulta; il trasportatore, immediatamente dietro, aveva rimosso il carico e, attraverso un carrello su rotaia, spinto i detriti fino alla superficie e ritornato sul fronte di scavo col legname per armare le centine di sostegno. Giorno dopo giorno, settimana dopo settimana, mese dopo mese, le squadre avevano scavato e consolidato le pareti dei tunnel, ininterrottamente, in un surreale silenzio, stando attente ad ogni minimo rumore proveniente dalle pareti: voci, sibili, raschiature, erano tutti campanelli d’allarme che segnalavano la presenza di squadre nemiche nelle vicinanze. Alla fine di ogni galleria, avevano realizzato le camere di scoppio, ampi cameroni rinforzati sulle pareti in cui i genieri inglesi avevano trasportato gli enormi carichi di alto esplosivo. Era stato deciso di utilizzare l’Ammonal, un composto costituito per il 17% di alluminio, 15% di Trinitrotoluene, esplosivo preparato la prima volta nel 1863 dal chimico tedesco Julius Wilbrand, perfezionato dal chimico tedesco Hermann Frantz Moritz Kopp nel 1888 e prodotto industrialmente in Germania un anno dopo col nome di Tritolo o Tnt, 3% di carbone e 65% in peso di Nitrato d’Ammonio, un fertilizzante preparato dal chimico e farmacista tedesco Rudolph Glauber nel 1659 che lo aveva chiamato “nitrum flammans” per via del colore giallo della sua fiamma e scoperto come prodotto esplodente dal chimico e ingegnere svedese Alfred Nobel nel 1870. Molto potente, di largo impiego in campo civile ed estrattivo dato il suo basso costo e la sua buona resa, si presentava sotto forma di polvere untuosa di colore rosso bruno dal forte odore di mandorla. Visto le condizioni generali in cui sarebbe stato stoccato, l’esplosivo era stato confezionato in cilindri di carta paraffina e chiuso in lattine di metallo per prevenire problemi di infiltrazione e umidità. Una volta innescato, la polvere d’alluminio in esso contenuto, incendiatosi avrebbe sviluppato temperature intorno ai 3.000 gradi centigradi. I tunnel sarebbero diventati come il centro della terra. Questo esplosivo, di tipo secondario, a causa del suo elevato grado di stabilità avrebbe però avuto bisogno di un forte innesco. Gli ingegneri dopo alcuni test avevano optato per il detonatore elettrico all’Azoturo di Piombo inventato nel 1876 da Julius Smith. Questo cilindretto di alluminio riempito col preparato della Curtis's and Harvey Ltd Explosives Factory del 1890 e innescato da una sostanza infiammabile accesa dal passaggio di elettricità, sarebbe servito per avviare una carica di Dinamite a base attiva, fortemente esplosiva, di rinforzo. Si tratta della Dinamite brevettata dal chimico e ingegnere svedese Alfred Nobel nel 1867 e composta per il 75% dalla Nitroglicerina sintetizzata dal chimico e medico italiano Ascanio Sobrero nel 1847 dalla Nitrocellulosa, prodotto esplosivo scoperto da Christian Friedrich Schönbein nel 1846, e da un 25% di segatura e nitrato di sodio, Dinamite evoluzione di quella a base inerte andando a sostituire con questo 25% quello originario di farina di roccia silicea sedimentaria di origine organica. Per quanto riguarda l’Ammonal, era stato utilizzato per la prima volta il 19 luglio 1915 nella località di Hooge da parte dei soldati inglesi, che per fare saltare in aria delle fortificazioni tedesche in cemento armato avevano scavato un tunnel sotto di esse imbottendolo con 1.600 chilogrammi dell'innovativo esplosivo. La complessiva energia cinetica ottenuta da questa carica, nell'ipotesi che si fosse trasformato in lavoro meccanico solo il 30% dell'energia termica, era stata tale da lanciare in aria, a 20 metri d'altezza, un incrociatore corazzato da 10.000 tonnellate di dislocamento, fronte di un’onda di detonazione con pressioni dell'ordine di 100 mila atmosfere e temperature di migliaia di gradi. Una volta data corrente ai detonatori i soldati erano stati investiti da una tempesta di vento e pietre con un'esplosione che aveva provocato la completa distruzione dei manufatti di difesa tedeschi e creato un enorme cratere largo 37 metri e profondo poco più di 6 tra lo stagno di Bellewaerde e Menin Road. Come nel caso di Hooge le casse di Ammonal erano state disposte le une sulle altre all’interno delle camere di scoppio cercando di non lasciare spazi vuoti tra esse in modo da creare continuità tra le varie pile. A causa dell’elevato livello di umidità dei tunnel e del grado di igroscopicità della sostanza esplosiva, i minatori erano stati attenti al maneggio delle casse e al loro corretto posizionamento per evitare di vanificare l’effetto “simpatia”, ovvero il trasferimento dell’onda esplosiva da una cassa all’altra. Questo piano di demolizione aveva previsto un totale di 20 mine, tutte posizionate lungo la linea tedesca: la mina “Trench 122 Left”, ad una profondità di 20 metri, caricata con 9.100 chilogrammi di Ammonal e accessibile tramite un tunnel lungo 296 metri completato il 14 aprile 1916; la mina “Trench 127 Left”, ad una profondità di 25 metri, caricata con 16.000 chilogrammi di Ammonal e accessibile tramite un tunnel lungo 302 metri completato il 20 aprile 1916; la mina “Trench 127 Right”, ad una profondità di 26 metri, caricata con 23.000 chilogrammi di Ammonal e accessibile tramite un tunnel lungo 405 metri completato il 9 maggio 1916; la mina “Maedelstede Farm”, ad una profondità di 33 metri, caricata con 43.000 chilogrammi di Ammonal e accessibile tramite un tunnel lungo 518 metri completato il 2 giugno 1916; la mina “St. Eloi”, ad una profondità di 42 metri, caricata con 43.400 chilogrammi di Ammonal e accessibile tramite un tunnel lungo 408 metri completato l’11 giugno 1916; la mina “Trench 122 Right”, ad una profondità di 25 metri, caricata con 18.000 chilogrammi di Ammonal e accessibile tramite un tunnel lungo 241 metri completato l’11 giugno 1916; la mina “Peckham”, ad una profondità di 23 metri, caricata con 39.000 chilogrammi di Ammonal e accessibile tramite un tunnel lungo 349 metri completato il 19 giugno 1916; la mina “Hollandscheschur Farm 1”, ad una profondità di 20 metri, caricata con 15.500 chilogrammi di Ammonal e accessibile tramite un tunnel lungo 251 metri completato il 20 giugno 1916; la mina “Spanbroekmolen”, ad una profondità di 29 metri, caricata con 41.000 chilogrammi di Ammonal e accessibile tramite un tunnel lungo 521 metri completato il 26 giugno 1916; la mina “Kruistraat 1”, ad una profondità di 19 metri, caricata con 14.000 chilogrammi di Ammonal e accessibile tramite un tunnel lungo 492 metri completato il 5 luglio 1916; la mina “Hollandscheschur Farm 2”, ad una profondità di 18 metri, caricata con 6.800 chilogrammi di Ammonal e accessibile tramite un tunnel lungo 137 metri completato l’11 luglio 1916; la mina “Petit Bois 1”, ad una profondità di 19 metri, caricata con 14.000 chilogrammi di Ammonal e accessibile tramite un tunnel lungo 616 metri completato il 30 luglio 1916; la mina “Hill 60”, ad una profondità di 30 metri, caricata con 24.300 chilogrammi di Ammonal e accessibile tramite un tunnel lungo 354 metri completato il 1° agosto 1916; la mina “Petit Bois 2”, ad una profondità di 23 metri, caricata anche’essa con 14.000 chilogrammi di Ammonal e accessibile tramite un tunnel lungo 631 metri completato il 16 agosto 1916; la mina “Hollandscheschur Farm 3”, ad una profondità di 18 metri, caricata con 7.900 chilogrammi di Ammonal e accessibile tramite un tunnel lungo 244 metri completato il 20 agosto 1916; la mina “Kruistraat 2”, ad una profondità di 21 metri, caricata con 14.000 chilogrammi di Ammonal e accessibile tramite un tunnel lungo 451 metri completato il 23 agosto 1916; la mina “Kruistraat 3”, ad una profondità di 17 metri, caricata con 14.000 chilogrammi di Ammonal e accessibile tramite un tunnel lungo 658 metri completato il 23 agosto 1916; la mina “Caterpillar”, ad una profondità di 33 metri, caricata con 32.000 chilogrammi di Ammonal e accessibile tramite un tunnel lungo 427 metri completato il 18 ottobre 1916; la mina “Kruistraat 4”, ad una profondità di 19 metri, caricata con 8.800 chilogrammi di Ammonal e accessibile tramite un tunnel lungo 492 metri completato il 9 maggio 1917; la mina “Ontario Farm”, ad una profondità di 34 metri, caricata con 27.000 chilogrammi di Ammonal e accessibile tramite un tunnel lungo 392 metri completato il 6 giugno 1917. Una volta sigillate le pile, ad ogni base era stata posizionata la carica di Dinamite che avrebbe fatto da “booster”, ovvero da carica di spinta che avrebbe garantito il corretto innesco della carica principale. Controllato che tutto fosse a posto, i genieri, guardando per l’ultima volta i tunnel dove avevano vissuto e lavorato per oltre un anno e consci che tutto quel lavoro sarebbe stato spazzato via in un secondo, avevano sistemato i detonatori elettrici all’interno dei 450 chilogrammi totali delle cariche di avvio per ogni mina. Immediatamente dopo, gli specialisti avevano fissato i cablaggi dei cavi alle pareti perimetrali con dei rampini ed erano usciti dalle camere di scoppio intasandole con 120 metri di sacchi di argilla ciascuna. Questo metodo, versione esasperata di quello in foro utilizzato per la prima volta nel 1687 dall'esplosivista Carl Zumbe nelle miniere di Clausthal, nella Bassa Sassonia, in Germania, avrebbe creato un forte intasamento della mina. La compressione generata avrebbe esercitato nei confronti dei gas pro­dotti dall’esplosione una fortissima resistenza. Comprimendo il volume dei gas contenuti la camera avrebbe causato un aumento esponenziale del “fattore di pressione”, e in questo modo, l’onda esplosiva avrebbe subito una improvvisa accelerazione cinetica con un conseguente incremento degli effetti esaltando il potere dirompente della carica. Dopo essersi srotolati dietro durante l’uscita una lunga dorsale fino alle postazioni fortificate in superficie, tutte le mine erano state finalmente completate. Il 2 giugno 1917 era iniziata ufficialmente l’offensiva. L’artiglieria inglese aveva iniziato a battere le linee nemiche. 3.561.530 proiettili provenienti da 2.230 pezzi tra cannoni e obici stavano bombardando le trincee tedesche. La 4a divisione australiana, la 11ma e la 24ma erano state spostate a nord da Arras come riserve per quei corpi della Seconda Armata che si stavano preparando all’imminente attacco. 72 dei nuovi carri armati Mark IV, dei cingolati corazzati di 28 tonnellate, erano arrivati al fronte e nascosti a sud-ovest di Ypres mentre gli aerei britannici erano stati spostati a nord dal fronte di Arras salendo ad un totale di 300 velivoli operativi. Era anche stato costruito un gran numero di fortificazioni da mitragliatrice e tre compagnie di ingegneri e un battaglione pionieri erano stati preparati e tenuti di riserva al fine di seguire la fanteria in attacco, ricostruire le strade e lavorare sulle posizioni difensive man mano che si fosse guadagnato terreno durante l’avanzata. La notte del 6 giugno sta per arrivare al momento cruciale, all’interno delle trincee l’umore è altro. L’artiglieria sono giorni che non smette di bombardare le postazioni tedesche e certo quella tedesca non sta a guardare. Anche le granate lontane sembrano cadere a pochi metri, fango, terra, acqua, ribollono ad ogni esplosione. Nel cielo i caccia di entrambe le parti continuano ad affrontarsi cercando di abbattere i palloni antiaerei e comunicare le posizioni degli schieramenti. Il Day Zero è oggi, l’Ora Zero è tra poco, alle ore 03:10. L’orario non è stato scelto a caso, è il momento esatto in cui un uomo può essere scorto da ovest da una distanza di 100 metri. Finalmente smette di piovere, il cielo inizia a schiarirsi. Alle ore 01:00 gli aerei britannici sorvolano le linee tedesche per coprire il ruggito dei carri armati che si stanno dirigendo verso i punti di raccolta. Dietro le linee, nella sala riunioni fortificata, il Generale Sir Charles Harington davanti al piano di tiro segnato sulla mappa, esclama rivolgendosi agli ufficiali attorno al tavolo: "Signori, non so se oggi cambieremo la storia, ma di sicuro cambieremo la geografia". Nelle trincee tra le truppe inizia a montare l’eccitazione. Alcuni soldati strisciano sulla “No Man’s Land”, la zona neutra, per trovare eventuali aperture nel filo spinato tedesco e segnando i punti d’accesso con del nastro bianco. Molti hanno iniziato a scrivere l’ultima lettera a casa. Una fitta nebbia aleggia sul terreno. Ha ripreso a piovere, una pioggia leggera che non dà pace e che gli uomini raccolgono con gli elmetti così da dissetarsi. Triangoli ricavati dalle scatole di latta per biscotti sono attaccati sulle spalle di alcuni soldati in modo che gli aerei da ricognizione possano monitorarne l’avanzata. Quelli della prima linea sono accovacciati spalla a spalla, pronti ad attaccare. Alcuni pregano. L’Ora Zero è vicina, il bombardamento si è appena intensificato. La terra trema, gli spostamenti d’aria sono talmente forti che i soldati hanno difficoltà anche ad accendere la fiamma dello zolfanello per fumare una sigaretta. Sono le ore 02:00, il fuoco dell’artiglieria è al culmine. Sulle postazioni tedesche stanno piovendo 250.000 granate, 3.500 al minuto. Il fuoco di sbarramento è così intenso che se ne sente l'eco ad Hampstead Heath, a nord di Londra. Sono le ore 02:55, il fuoco si ferma. L’aria è intrisa di fumo e polvere. In uno stato di calma apparente e cupo silenzio, i genieri avvitano i capi delle dorsali alle batterie di controllo su cui sono collegati gli esploditori, controllano e riverificano i circuiti e si preparano a dare corrente. In prima linea i soldati montano le baionette sul fucile. Sotto le linee tedesche la bocca dell’inferno sta per essere spalancata. Nemmeno i soldati inglesi, che si guardano attorno domandandosi il perchè di tanta calma, sono a conoscenza di ciò che realmente sta per scatenarsi. Scatta l’Ora Zero, le lancette degli orologi degli ufficiali segnano le ore 03:10. Il generale Plumer dà l’ordine: la leva scende, il primo circuito viene chiuso. In una frazione di secondo la corrente elettrica percorre il cavo per le centinaia di metri all’interno dei tunnel, supera la barriera di chiusura e arriva alle camere di scoppio. Il ponticello all’interno degli artifizi esplosivi primari brevettati da Julius Smith diventa incandescente accendendo la miscela incendiaria che innesca l’Azoturo di Piombo. I detonatori si attivarono facendo partire la Dinamite che innesca la reazione a catena con l’Ammonal. Le mine detonano una dopo l’altra con una velocità di detonazione di 4.400 metri al secondo. L’alto esplosivo scatena l’inimmaginabile. La terra si gonfia, la campagna viene squassata da un rombo lungo venti secondi che si espande per centinaia di chilometri arrivando al Dipartimento di Geologia dell'Università di Lille, dove l'onda d'urto, propagatasi nel terreno, manda in tilt i sismografi. La detonazione dell’enorme carico di esplosivo stipato nelle venti mine sotto Messines Ridge scuote il terreno che si solleva per decine di metri, aprendosi. Le 434 mila tonnellate di esplosivo producono 3.500 miliardi di litri di gas ad altissima pressione che eruttano dal terreno con una gigantesca fiammata illuminando l’oscurità. Una colonna di fuoco trasforma la notte in giorno. Gli inglesi vengono scaraventati a terra dall’onda d’urto. Alcuni urlano, altri chiudono gli occhi e si coprono la testa. Centinaia di migliaia di tonnellate di terra, gesso e roccia volano in aria per poi ricadere pesantemente a terra in una nuvola grigia di detriti. 10.528 mila soldati tedeschi tra Ypres e Ploegsteert scompaiono, sparati in aria per centinaia di metri prima di essere inghiottiti dal fango rovente, altri 2.263, i più fortunati, sono investiti da una pioggia di pietra che squarcia, smembra, mutila. L'esplosione congiunta, tra le più grandi e letali non nucleari di tutti i tempi, superando le mine della Somme di 11 mesi prima, è il botto più potente della storia dell’uomo fino a questo momento. È avvertito fino a Londra e Dublino dove viene scambiato per un tuono. È difficile quantificare la follia distruttiva degli uomini, qui può essere misurata. Dove prima c’erano le camere di scoppio, le centine, le stanze e i cunicoli in cui i genieri avevano lavorato per mesi, ora ci sono dei giganteschi crateri: una voragine di 59 metri di diametro per la mina “Trench 122 Left”, 55 metri per la mina “Trench 127 Left”, 64 metri per la mina “Trench 127 Right”, 66 metri per la mina “Maedelstede Farm”, 53 metri per la mina “St. Eloi”, 69 metri per la mina “Trench 122 Right”, 73 metri per la mina “Peckham”, 56 metri per la mina “Hollandscheschur Farm 1”, 76 metri per la mina “Spanbroekmolen”, 71 metri per la mina “Kruistraat 1” e la mina “Kruistraat 4” fuse in un'unica voragine, 32 metri per la mina “Hollandscheschur Farm 2”, 53 metri per la mina “Petit Bois 1”, 58 metri per la mina “Hill 60”, 66 metri per la mina “Petit Bois 2”, 43 metri per la mina “Hollandscheschur Farm 3”, 66 metri per la mina “Kruistraat 2”, 72 metri la mina “Kruistraat 3”, 79 metri per la mina “Caterpillar”, 61 metri per la mina “Ontario Farm”. Lo scenario è lunare, dove prima c’erano le trincee, le fortificazioni, le postazioni d’artiglieria, i dormitori, le mense, i depositi, ora non resta che terra martoriata, sollevata, rivoltata dove arti, parti umane, elmetti, ossa, intestini, fanno capolino tra le zolle. L’acqua è diventata rossa, sembra che l’inferno si sia aperto sotto i soldati e li abbia masticati e risputati. Il tempo si è fermato. Quelle che sono state per anni le loro case si sono trasformate in pochi secondi in gigantesche fosse comuni. Qualche centinaio di metri indietro, nelle linee inglesi, i comandanti attendono che i detriti finiscano di piovere e la polvere si abbassi completamente. Davanti a loro il saliente non c’è più. La 3a divisione Bavarese è stata quasi interamente annientata. Dalle trincee arriva il suono delle cornamuse, gli uomini della prima ondata montano sui parapetti, nel tumulto, nel buio. L'artiglieria sposta il tiro verso le linee più lontane, secondo le tabelle prestabilite, dove le truppe tedesche sono ancora intontite. Gli obici e i cannoni iniziano il bombardamento, i fischietti dei comandanti suonano all'unisono. Le nove divisioni di fanteria della Seconda Armata britannica, le tre di riserva e i 72 carri di appoggio lasciano le fortificazioni. 80 mila soldati cominciano lentamente ad avanzare lungo il pendio, sulla terra di nessuno, camminando tra i cadaveri che affiorano dal terreno. La battaglia di Messines è iniziata.

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