TIPOLOGIA: attentato
CAUSE: cariche occultate
DATA: 11 marzo 2004
STATO: Spagna
LUOGO: Madrid, Servizio ferroviario
pendolare Cercanías
MORTI: 191
FERITI: 2.057
Analisi e ricostruzione a cura di Luigi Sistu
È
l’11 marzo 2004, sembra un giovedì del tutto normale a Madrid, 200 mila
pendolari, come ogni giorno, stanno raggiungendo la Capitale per andare a
lavoro. Mancano tre giorni alle elezioni delle Cortes Generales in cui verranno
scelti i nuovi rappresentati al Senato e al Congresso dei Deputati, e la
maggior parte dei passeggeri non stacca gli occhi dai quotidiani dove i
riflettori sono puntati per più della metà sulle notizie politiche. Il Partito
Popolare, attualmente in carica, è in testa con un vantaggio del 5% inseguito
dal Partito Socialista guidato da José Luis Rodríguez Zapatero che durante la
campagna elettorale ha promesso il ritiro delle truppe spagnole dall'Iraq entro
il 30 giugno. Inoltre, i pronostici minacciano un calo dei votanti stimato in
circa 1.700.000 unità, troppi per un dovere civico di tale portata. Sono le ore
07:35 e sulle strade ferrate è l’ora di maggiore affluenza. Il servizio
ferroviario pendolare della Cercanías Renfe, la linea di 370 chilometri che
serve Madrid e la sua area metropolitana, sta lavorando a pieno regime. Sulla
linea Madrid-Alcalá-Guadalajara-Saragozza, frequentata ogni giorno da 900 mila
passeggeri tra cui gli studenti di tre istituti tecnici e del Politecnico di
Madrid, qualcuno ha deciso di fare di alcuni treni dei bersagli, lo stesso
qualcuno che settimane prima aveva pianificato di colpire la Spagna impegnata in
Medio Oriente con 1.400 soldati di stanza in Iraq con un attacco dinamitardo
coordinato. I bersagli sono quattro. Sulla Linea C-2 si trova il treno 17305, è
un “serie 450” a due piani, è partito dalla stazione ferroviaria di Guadalajara
alle ore 06:45 ed è diretto a quella di Chamartín. Sulla Linea C-1 stanno
percorrendo la tratta i treni 21431 e il 21435, sono due “serie 460” a piano
singolo, sono partiti entrambi dalla stazione ferroviaria di Alcalá de Henares rispettivamente
allle ore 07:00 e alle ore 07:10 e sono diretti a quella di Alcobendas. Dalla
stessa stazione ferroviaria è partito alle ore 07:15 anche il treno 21713, stesso
tipo dei precedenti, e sta percorrendo la Linea C-7 con destinazione la
stazione ferroviaria di Prìncipe Pìo. A bordo, assieme ai passeggeri, tra i
sedili, sui ripiani portabagagli e sul pavimento, ci sono 13 borsoni sportivi
che viaggiano da soli. I proprietari, saliti alla fermata di Alcalà, una volta
lasciato il bagaglio sulla carrozza sono rimontati sulla Renault Kangoo e sulla
Skoda Fabia con cui sono arrivati da Chinchón, un piccolo borgo di poco più di
5 mila abitanti non lontano da Madrid. Fanno parte di una grossa cellula
terroristica ben organizzata e da anni radicata della Capitale, il “Gruppo Combattente
Islamico Marocchino”, che come altri gruppi maghrebini trae origine
nella guerriglia afghana degli anni ‘80, quando il paese era invaso dai
sovietici durante la guerra in Afghanistan. Il Moroccan Islamic Combat Group,
che ha già alle spalle sanguinosi attacchi come quello a Casablanca del
maggio del 2003, uno dei più tristemente famosi, dove in un più che riuscito
attacco coordinato 12 attentatori suicidi avevano barbaramente dilaniato 33
persone, è direttamente collegato all'ascesa in Afghanistan di al-Qaida, il movimento fondamentalista
islamista sunnita paramilitare terroristico nato nel 1988 durante la Guerra in
Afghanistan e guidato dal miliardario saudita Osāma bin Lāden. 17esimo dei 57
figli dell’immobiliarista yemenita Mohammed bin Awad bin Lāden, avvalso della
guida ideologica dello scrittore, poeta e medico de Il Cairo appartenente ad
una famiglia di dotti religiosi e magistrati Ayman al-Zawāhirī, bin Lāden aveva
deciso di utilizzare soldi e macchinari della propria impresa di costruzioni
per aiutare la resistenza dei mujaheddin durante l’invasione sovietica. Sin
dal suo inizio, alla fine degli anni '90 e fino al 2001, il ruolo del Moroccan
Islamic Combat Group gli aveva fornito supporto logistico in Marocco rendendo
possibile lo spostamento dei membri ai quali era stata data nuova identità consentendo
loro di arrivare, muoversi, stanziarsi in Europa e creare delle cellule
dormienti ma attive, proprio come quella spagnola. Il primo, Hassan el Haski,
41 anni marocchino, era arrivato in Europa per creare la cellula e gestirla. Il
suo trasferimento, reso possibile grazie a Imad Eddin Barakat Yarcas, detto Abu
Dahdah, 40 anni siriano e capo di al-Qaida in Spagna, aveva segnato le sorti
del paese. Assieme al 33enne egiziano Rabei Osman Al Sayed Ahmed, "El Egipcio",
e al 28enne marocchino Youseff Belhajd, "Abu Dujana
Al-Afghani", portavoce militare di al-Qaida in Europa, avevano
pianificato l’attentato che da lì a poco sarebbe stato ricordato come il più
micidiale attacco terroristico della storia della Spagna e il peggiore
dinamitardo in Europa dall’abbattimento del Volo Pan Am 103 del 21 dicembre
1988 sui cieli di Lockerbie. Youseff Belhajd, dopo aver trasformato un
appartamento in affitto a Laganès in centro operativo, e deciso come giorno
stabilito per l’esecuzione il 911mo giorno dagli attentati dell’11
settembre 2001 agli Stati Uniti d’America, aveva reclutato. Per primo era
arrivato Allekema Lamari, detto “Yasin”, 36 anni algerino, appartenente al “Gruppo
Islamico Armato”, un gruppo terrorista di matrice islamica nato in Algeria nel
1991 dopo il rifiuto da parte del Governo di riconoscere il risultato elettorale
a favore degli islamisti e mosso fin da subito, col supporto di al-Qaida, da
una violenza indiscriminata vista come legittima tramite una campagna di
massacri tra la popolazione mediante attentati suicidi e dirottamenti. Mahmoud
Slimane Aoun, 44enne libanese, e Nasreddine Bousbaa, 43enne algerino, arrivati
immediatamente dopo si erano occupati della falsificazione dei documenti per
consentire l’ingresso in Spagna degli ultimi membri: i marocchini Jamal
Ahmidan, "El Chino", 34 anni, dedito al narcotraffico, pericoloso e
influente amico di piccoli e grandi trafficanti; Rachif Aglif, "El
Conejo", 25 anni, e Mohammed Oulad Akcha, di 33. Questi, con l’aiuto del
25enne Rafa Zouhier, anch’egli marocchino, erano riusciti a mettersi in
contatto con un gruppo di asturiani che avrebbero reso possibile, in cambio di
droga, hashish per la precisione, il reperimento dell’esplosivo e degli
inneschi necessari alla fabbricazione delle bombe. Rafa Zouhier era riuscito ad
arrivare, tramite il cognato, il 27enne Antonio Toro conosciuto nel carcere di
Villabona, a José Emilio Suárez Trashorras un reduce da quattro anni di lavoro
in miniera congedato il 31 ottobre del 2002 per depressione, schizofrenia paranoica
e disturbo di personalità. Il loro incontro era avvenuto il 27 febbraio in un
McDonald's vicino all’ospedale Gómez Ulla di Madrid in cui era presente anche
la moglie di Trashorras, la 23enne Carmen María Toro, sposata 13 giorni prima e
con cui stava rientrando dalla luna di miele alle Isole Canarie. L’esplosivo
era stato prelevato in due tempi da due miniere di caolino, un’argilla bianca
purissima utilizzata tra le altre cose nell'edilizia, nell'industria
della ceramica e in quella farmaceutica, situate nel comune di Belmonte de
Miranda, nelle Asturie, e di proprietà della società Caolines de Merillés,
un'azienda con 35 dipendenti. L’accesso alle miniere non era risultato facile,
soprattutto poiché la sorveglianza, a vista e armata, è intensificata durante
la movimentazione e l’utilizzo dell’esplosivo, impossibile da portare oltre i
confini senza l’ausilio di un contatto all’interno. Tipologia, quantità, nonché
i riferimenti seriali di ciascuna cartuccia sono a conoscenza della direzione,
dei responsabili della sicurezza e degli organi di polizia che ne tracciano le
forniture. Queste arrivano una volta al mese trasportate sotto scorta dagli
impianti di produzione di Burgos imballate in cartoni del peso di 25
chilogrammi, ciascuno contenente 10 sacchi da 2,5 chilogrammi. L’inventario
all’interno delle riservette, il deposito blindato in cui sono stoccate le
cartucce, viene effettuato giornalmente e alla fine di ogni mese, prima di
effettuare il nuovo ordine, l’esplosivo inutilizzato viene distrutto sul posto
o, sempre sotto scorta armata, riconsegnato alla fabbrica dopo aver passato un
ulteriore controllo da parte della Guardia Civile. Per organizzare l’uscita del
materiale dai depositi minerari, Trashorras si era servito dell’aiuto
dell’addetto alla sorveglianza e alla compilazione dei registri di entrata e
uscita, il 44enne Emiliano Llano Álvarez, e di due minatori: Raúl González
Peláez, "El Rulo", 25 anni, e Javier González Díaz, “El Dinamita”, 52
anni. Per la prima tranche Trashorras si era mosso con Mohammed Oulad Akcha e
Jamal Ahmidan la notte tra il 28 e il 29 febbraio. Dalla miniera di Mina
Conchita, a 60 chilometri da Oviedo, era riuscito a fare uscire poco per volta delle
casse di Goma-2 ECO, un esplosivo ad alta velocità di detonazione, uno dei
preferiti dell’organizzazione indipendentista ETA, la Euskadi Ta Askatasuna,
l’organizzazione armata terrorista basco-nazionalista separatista
d’ispirazione marxista-leninista nata all’inizio degli anni 60. Questo prodotto,
commercializzato in questi anni dalla Unión Española de Explosivos S.A. e
utilizzato in campo principalmente minerario, è composto in peso da un 33% di
Nitroglicole, potentissimo esplosivo prodotto dal chimico belga Louis Henry nel
1870, da un 2% di Nitrocellulosa, prodotto scoperto dal chimico tedesco
Christian Friedrich Schönbein nel 1846, da un 3% di plastificante
dibutilftalato, da un 2% di carbonato di calcio, e da un 60% di Nitrato di
Ammonio, un fertilizzante preparato dal chimico e farmacista tedesco Rudolph
Glauber nel 1659 che lo aveva chiamato “nitrum flammans” per via del colore
giallo della sua fiamma e scoperto come prodotto esplodente dal chimico e
ingegnere svedese Alfred Nobel nel 1870. Questo primo carico era stato
imballato con cura e portato via nel baule di una Volkswagen Golf guidata da
Mohamed Oulad Akcha con davanti una Toyota Corolla guidata da Jamal Ahmidan a
fare da staffetta. Per la seconda tranche invece Trashorras era riuscito a fare
uscire dalla miniera di Mina Collada, a 3 chilometri di distanza da Mina
Conchita, dei cartoni contenenti cartucce di Titadyn 30 AG, un tipo di Dinamite
prodotta nel sud della Francia dalla Titanite S.A. Questo tipo di Gelatina per
uso estrattivo è una Dinamite a base attiva, fortemente esplosiva, versione
moderna di quella brevettata dal chimico e ingegnere svedese Alfred Nobel nel
1867 composta dalla Nitroglicerina sintetizzata dal chimico e medico italiano
Ascanio Sobrero nel 1847 dalla Nitrocellulosa e miscelata con un diverso tipo
di Nitrocellulosa ad alto contenuto di azoto. Le cartucce di Titadyn 30 AG
erano state chiuse in tre valige, lucchettate e inviate a Madrid tramite tre
corrieri, il 23enne Sergio Álvarez Sánchez, "Amokachi", il 22enne
Iván Granados Peña, e il 20enne Antonio Iván Reiss, "Jimmy",
spacciandone il contenuto per CD piratati e panetti di hashish da consegnare ad
Jamal Ahmidan e al 29 marocchino Othman el Gnaoui una volta arrivati in città. Con
entrambi i trasporti, i terroristi erano riusciti a stoccare nel capannone di
un casale nelle campagne di Chinchón, al centro della Vega del Tajuña, 200
chilogrammi di esplosivo ad alto potenziale. Nella fattoria presa in affitto a
gennaio da Othman el Gnaoui nella piccola cittadina nei pressi di Madrid, dove
i membri si erano ritirati per la fase finale conducendo una vita sedentaria,
mantenendo un buon rapporto col vicinato al quale avevano raccontato di essere
stati in vacanza nei Paesi Baschi, le bombe, una dopo l’altra in una precisa e
delicata catena di montaggio avvolta in un religioso silenzio erano state
assemblate dai marocchini Mohamed Larbi Ben Sellam, "Abu Zubair", 27
anni, reclutatore di combattenti per l'Iraq, Hamed Ahmidan, 27 anni, Saed el Harrak,
30 anni, Mohamed Bouharrat, 25 anni, e ai siriani Basel Ghalyoun, 20 anni, e
Mohannad Almallah, “Dabas”, 40 anni. A spiegare loro come fare era stato un
altro marocchino, il 34enne Said Berraj, il più esperto nel maneggio
dell’esplosivo che aveva seguito passo per passo fase dell’assemblaggio e
quella dell’armamento. Per la seconda, Jamal Zougam, 31 anni, proprietario di
un negozio di telefonia e anche lui marocchino, aveva fornito carte SIM e telefoni
cellulari, i Mitsubishi Trium Galaxy, Astral, Mars, Mystral e Cosmo, che aveva
poi passato a Fouad el Morabit Anghar, 31 anni, ingegnere elettronico, marocchino,
per essere trasformati in centraline riceventi e brillatori elettrici home-made
collegando il sistema della vibrazione ad una batteria e quindi ad un circuito
in serie per l’armamento di 4 detonatori elettrici. Questi cilindri in
alluminio, artifizi esplosivi versioni moderne di quello elettrico inventato
nel 1876 da Julius Smith, e contenenti una piccola quantità di esplosivo
secondario, la Pentrite, uno degli esplosivi più potenti, preparata per la
prima volta nel 1891 dal chimico tedesco Bernhard Tollens, innescato a sua
volta da pochissimo esplosivo primario, l’Azoturo di Piombo, preparato dalla
Curtis's and Harvey Ltd Explosives Factory nel 1890 e da una miscela incendiaria
in grado di accenderlo, avrebbero innescato le cariche ognuna del peso di 8
chilogrammi costituite dall’unione di candelotti di Goma-2 ECO e Titadyn 30 AG.
Le bombe, chiuse successivamente in borsoni sportivi da viaggio di tipo
estremamente comune in modo da farli passare inosservati agli occhi di tutti,
erano state poi caricate sulla Renault Kangoo e sulla Skoda Fabia che Abdelilah
el Fadoual el Akil, 35enne marocchino, si era preoccupato di rubare qualche
giorno prima. Dopo aver messo a punto gli ultimi dettagli, acceso i telefoni
cellulari, controllato i contatti elettrici e le chiusure delle borse, questa
mattina dell’11 marzo Serhane Ben Abdelmajid Fakhet, “El Tunecino”, 36
anni tunisino, ha dato il via all’attacco dal punto di rendez vous: la fermata
della stazione ferroviaria di Alcalà. Qui ha spiegato a Jamal Ahmidan, Jamal
Zougam, Said Berraj, Mohammed Oulad Akcha, 33 anni, Rachid Oulad Akcha e Abdennabi
Kounjaa,“Abdallah”, 31 anni, Asri Rifaat, 27 anni, Mohamed Haddad, 29 anni, e Abdelmajid
Bouchar, "El Gamo", 21 anni, la distrubuzione delle borse nelle
carrozze dei quattro treni del servizio ferroviario pendolare della Cercanías Renfe
intransito sulla linea Madrid-Alcalá-Guadalajara-Saragozza, per creare il
maggior numero di morti possibile. Sono le ore 07:37 e a bordo dei convogli c’è
chi sta leggendo il giornale, chi parla col vicino, chi è al telefono, qualcuno
invece dorme. Mentre il treno 21431 è fermo sul binario 2 alla stazione di
Atocha un telefono cellulare vibra. Nessuno fa caso a quel ronzio, uno come
tanti, una cosa normale in un treno affollato, perché nessuno immagina che in
questo istante un circuito si sta chiudendo permettendo ad una scarica di corrente di accendere la miscela
incendiaria all’interno dei detonatori elettrici. In una frazione di secondo
l’Azoturo di Piombo di ogni detonatore innesca la Pentrite che accende le
cartucce della Unión Española de
Explosivos S.A. e della Titanite S.A. L’esplosivo detona con una velocità di 7.500
metri al secondo, un boato squarcia il vagone. Il tetto si apre come un
barattolo di latta, fumo, schegge e fiamme schizzano per tutta la carrozza
mentre una sfera di fuoco di 3.500 gradi centigradi avvolge il corridoio. 25
secondi dopo, alle ore 07:38 un secondo boato copre il primo, poi un terzo, a 4
secondi di distanza. Le fiamme invadono le carrozze, le lamiere si aprono e si
colorano di rosso. Quasi in contemporanea, sul treno 21435 fermo a El Pozo del
Tío Raimundo che sta per lasciare la stazione, due borsoni esplodono a 6
secondi l’uno dall’altro. 19 secondi dopo, il treno 21713 fermo alla stazione
di Santa Eugenia viene aperto in due dalla sesta carica nello stesso momento in
cui il treno 17305, in movimento a 800 metri a sud dall’entrata della stazione
ferroviaria di Atocha, vicino alla via Téllez, salta in aria con altre quattro
borse. Sono le ore 07:39. Cala il silenzio, i vagoni sono scoperchiati, alcuni aperti
sul fianco, altri parzialmente svuotati. Le onde di sovrappressione, dopo aver
fatto a pezzi i passeggeri nelle immediate vicinanze, hanno falciato tutto
scaraventando quelli più lontani contro le pareti e fuori dai finestrini. Quelli
che non sono finiti sul selciato sono rimasti schiacciati dalle poltrone
piegate contro le lamiere poi trasformate in proiettili. Dai convogli tagliati
in due, quelle che un attimo fa erano persone ora sono figure insanguinate che
strisciano fuori tra ferri contorti cercando soltanto di allontanarsi dal fuoco.
Alcuni sono immobili, bruciati a morte sulle loro poltrone, altri sono fusi col
vicino di posto, altri ancora sono masse informi di carne e vestiti. È un
massacro, nelle carrozze trasformate in giganteschi banchi di macelleria ci
sono corpi smembrati, sangue e parti umane ovunque, sul pavimento, sul
soffitto, anche all’esterno sui binari e sulle banchine. 191 corpi contorti, dilaniati,
vuoti, senza vita, sono riversi dentro e attorno ai convogli, ci sono anche due
donne incinte, il loro corpo è irriconoscibile, i loro ventri sono squarciati.
Il Gruppo Combattente Islamico Marocchino non ha risparmiato nessuno. 2.057
persone ferite, gran parte mutilate o sfigurate sono sotto shock, sono
soprattutto operai dei sobborghi di Guadalajara e Alacalà de Henares che
andavano al lavoro. Gli ospedali della città sono messi in stato di emergenza
ma non sono sufficienti, le vittime sono così tante che è necessaria
l’installazione di un ospedale da campo nella struttura sportiva Daoiz y
Velarde, nelle vicinanze di via Téllez, al fine di fornire ai feriti un primo
soccorso e pianificarne lo smistamento negli ospedali. Le linee telefoniche sono
in tilt, i boati, le fiamme e il fumo hanno scatenato panico e caos nella
Capitale. Nel centro il clima è surreale: a strade vuote se ne alternano altre bloccate
da automobili e autobus. Anche le linee ferroviarie e metropolitane si fermano,
il servizio viene sospeso per consentire ai soccorsi di intervenire sul luogo
delle esplosioni. Decine di automobilisti e tassisti si offrono volontari a
fare da staffetta per il trasporto delle vittime e dei feriti negli ospedali. Gli
organizzatori dell’attacco, l'unico atto terroristico estremista nella storia
d'Europa in cui gli estremisti islamici internazionali hanno collaborato coi
non musulmani, avevano pianificato che le detonazioni avvenissero quasi all’unisono
e nella stessa stazione, quella di Atocha, ciò per massimizzare gli effetti in
termini di vite umane. Ma il fatto che di 13 bombe 3 non abbiano funzionato per
un difetto nel sistema di innesco e quelle che invece sono esplose lo abbiano
fatto in luoghi diversi grazie ad un ritardo dei treni sulla tabella di marcia,
ha fatto sì che il bilancio non fosse ancora più disastroso. Per certi versi, per
un’Europa occidentale che sembrava inattaccabile dalla violenza del terrore
islamico che colpisce senza pietà, questo giorno di morte e dolore non solo
cambierà in Spagna le sorti delle Cortes Generales, annullando il calo dei
votanti e aumentando anzi del 4% l’affluenza ai seggi influenzando il voto del
28% degli elettori e ribaltando il risultato, ma toglierà l’Europa dalla sua
immunità modificandone il panorama politico.
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