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01 febbraio, 2023

Jersey City, Porto, 30 luglio 1916


TIPOLOGIA: sabotaggio
CAUSE: carica occultata
DATA:
30 luglio 1916
STATO: New Jersey
LUOGO:
Jersey City, Porto
MORTI:
4
FERITI:
173

Analisi e ricostruzione a cura di Luigi Sistu

Sono passati due anni dall'inizio della Prima Guerra Mondiale e l'area metropolitana di New York è diventata il centro nevralgico dell'industria bellica americana. Il 75% delle munizioni e degli armamenti spediti dagli Stati Uniti d’America verso l’Europa escono da Black Tom, il più importante centro di stoccaggio, assemblaggio e spedizione in America per le munizioni e gli esplosivi inviate agli stati alleati sul fronte europeo, e probabilmente anche il punto di stallo dell'arsenale più ampio al di fuori della zona di guerra. Di proprietà della Lehigh Valley Railroad Company, dopo la bonifica e la creazione di un’isola artificiale di 10 ettari nel 1880, la compagnia aveva successivamente bonificato e colmato il vuoto annettendola alla terraferma di Jersey City, dove prima era collegata solo tramite una ferrovia e una strada sopraelevata. Il suo nome si dice venga da un pescatore nero che aveva vissuto sull'isola per molti anni. Inizialmente utilizzato come cantiere e deposito della National Dock and Storage Company il molo si trova di fronte alla Statua della Libertà, nel porto di New York nella sezione di Greenville. Negli immensi magazzini di Black Tom sostano quotidianamente i materiali “di guerra” fabbricati negli stati nord-orientali, dove rimangono per qualche giorno prima di essere imbarcati e inviati alle Potenze Alleate d'Inghilterra, Francia, Italia e Russia. Mentre questi sono impegnati nel conflitto contro le Potenze Centrali, la Germania e l'Austria-Ungheria, il Presidente Woodrow Wilson ha dichiarato la propria neutralità, ma i diritti americani alla "libertà dei mari" sono lesi dal controllo britannico delle strade marittime atlantiche. Quella che gli Stati Uniti d’America non vedono è una guerra parallela segreta che la Germania Imperiale sta combattendo proprio sul loro territorio atta ad impedire la ricezione britannica del munizionamento dagli Stati Uniti d’America. Educati, industriosi e ben vestiti, ai tedesco-americani è permesso di integrarsi nella società con pochi attriti iniziali rispetto ad altri gruppi etnici. Uno di questi nuovi arrivati in America è il Conte Johann Heinrich von Bernstorff, ambasciatore tedesco a Washington. Era arrivato nel 1908 con al seguito non un personale diplomatico ma con preparati ed addestrati operatori d’intelligence. Aveva portato con sè il Barone Franz Joseph Hermann Michael Maria von Papen, arrivato dal Messico dove aveva combattuto per il Generale Victoriano Huerta, il responsabile per le questioni navali in Nord America Karl Boy-Ed e dei suoi collaboratori Heinrich Friedrich Albert, funzionario, diplomatico, politico, uomo d'affari e avvocato, e Felix Sommerfeld e Horst von der Goltz, entrambi agenti del controspionaggio tedesco. Con un fondo nero di milioni di dollari von Bernstoff e le sue spie miravano ad assistere gli sforzi bellici tedeschi oltreoceano con ogni mezzo necessario, finanziando azioni di sabotaggio in tutto il paese, boicottando e facendo ostruzionismo. In questi anni Von Bernstorff non solo ha contribuito ad ottenere i passaporti per i cittadini tedeschi che volevano eludere il blocco alleato, ma ha finanziato il fallito attentato dinamitardo del Canale di Welland del 1914, quello riuscito allo stabilimento Roebling Wire and Cable a Trenton del 1915, l’affondamento di una nave mercantile americana per il trasporto del grano in Gran Bretagna nello stesso anno e l’attentato dinamitardo al ponte ferroviario di Saint Croix-Vanceboro nel 1916. Ha tra le sue migliori spie il Capitano Franz Dagobert Johannes von Rintelen, ufficiale dell’intelligence navale arrivato negli Stati Uniti nel 1915 presentandosi come uomo d'affari e fondando subito una società fittizia chiamata Bridgeport Projectile Company, attraverso la quale ha cercato di acquistare il maggiore quantitativo di esplosivo possibile per poi distruggerlo. Il suo obiettivo è sia quello di creare delle carenze sul mercato americano al fine di impedire che l’Europa acquisti munizioni, sia quello di sabotare le navi americane da trasporto. Assieme al chimico tedesco Walter Scheel, von Rintelen ha messo punto la versione definitiva di una bomba incendiaria tascabile ad orologeria: “la bomba matita”. Il prototipo era costituito da un cilindro cavo di piombo delle dimensioni di un grosso sigaro. Al centro del tubo era pressato e saldato un disco circolare di rame che lo divideva in due camere separate. Una di queste camere era riempita con Acido Picrico, composto organico scoperto dal chimico tedesco Johann Rudolph Glauber nel 1742, finito di sintetizzare correttamente nel 1841 e scoperto come esplosivo nel 1873 dal chimico anglo-tedesco Hermann Sprengel, mentre la seconda era riempita con acido solforico. Un robusto tappo di cera da una parte e un semplice tappo di piombo dall’altra rendevano entrambe le estremità ermetiche. Lo spessore del disco di rame era invece variabile a seconda della temporizzazione voluta. Per un disco spesso i due acidi impiegavano molto tempo ad unirsi, per uno sottile la mescolanza avveniva entro pochi giorni, trasformando a tutti gli effetti il disco di rame in una spoletta a tempo sicura ed affidabile. Il Capitano von Rintelen durante la progettazione della bomba matita aveva istruito due elementi d’elitè per le operazioni di sabotaggio: il 21enne Lothar Witzkem, ufficiale della marina tedesca, spia e sabotatore arrivato sotto falso nome a San Francisco dopo essere scappato da una prigione cilena, e il 34enne Kurt Jahnke, cittadino tedesco naturalizzato americano e agente dei servizi segreti. Von Rintelen aveva inoltre richiesto l’appoggio logistico della SS Friendrich Der Grosse, un transatlantico di una delle più importanti compagnie di navigazione tedesche, la Norddeutshcher Lloyd, ormeggiato nel porto di New York e trasformato provvisoriamente in laboratorio adibito alla fabbricazione del primo lotto del nuovo tipo di ordigni incendiari. Come banco di prova per testare l’efficacia del congegno era stata scelta la nave da trasporto italiana SS Phoebus. Il bastimento di 3.100 tonnellate aveva preso fuoco in mare costringendo la nave da battaglia classe King Geoge V, l’HMS Ajax, a rimorchiarlo nel porto di Liverpool. Con i nuovi ordigni incendiari tascabili, Lothar Witzkem e Kurt Jahnke si sono addestrati per infiltrarsi nel complesso Black Tom come guardie notturne in modo da guadagnarsi col tempo la fiducia dei colleghi e avere libero accesso a tutta l'area. Con l’ausilio di un contatto all’interno, dopo settimane di preparazione, il piano messo a punto in un appartamentino di New York al civico 123 della Quindicesima strada era pronto. Si sono serviti di un certo Michael Kristoff, un immigrato austriaco di 23 anni che lavora per la Tidewater Oil Company a Bayonne, non lontano dal molo di carico degli armamenti. Kristoff è un volto familiare e non avrebbe avuto problemi ad introdurre delle facce nuove senza destare sospetti. È un fanatico sociopatico ma è motivato nel voler fermare una guerra che va avanti ormai da troppo tempo, ed è proprio per queste caratteristiche che è stato studiato per settimane e scelto dai sabotatori tedeschi per il compimento della missione. La notte tra il 29 e il 30 luglio è una notte scura, è da poco passata la mezzanotte e Kristoff, accompagnato da Witzkem e Jahnke, sta percorrendo il molo. Sono silenziosi, sono armati, oggi tutto deve finire. Arrivati al centro dell’impianto, con il favore del buio i tre si dividono, posizionano alcuni ordigni incendiari sulla chiatta, altri sul convoglio in stallo sulle rotaie e gli ultimi nei magazzini. Le bombe sono attive, gli acidi all’interno stanno corrodendo da ore il disco di rame che li separa. Mentre i due sabotatori si allontanano con un barchino salpato dal molo della National Docks and Storage Company e il terzo si dilegua a piedi, il sabato sera si è ormai trasformato in domenica mattina. Sono da poco passate le due, è ancora buio e le otto guardie sono nel pieno del loro turno. È un’afosa nottata e milioni di zanzare non cessano di martoriarli. Per cercare un po’ di tranquillità hanno acceso da qualche ora dei piccoli focolari in modo da poterle tenere a bada col fumo. Attorno a loro, nel gigantesco Black Tom, lo stoccaggio è immenso. I depositi sono al limite della capienza, all’interno ci sono 12 Tonnellate di Balistite e 25 tonnellate di Cordite in botti. La Balistite era stata ottenuta per la prima volta dal chimico e ingegnere svedese Alfred Nobel nel 1887 ed è costituita da un 10% di canfora, un 45% della Nitrocellulosa scoperta dal chimico tedesco Christian Friedrich Schönbein nel 1846 e da un 45% di Nitroglicerina, il prodotto sintetizzato dal chimico e medico italiano Ascanio Sobrero nel 1847 dalla Nitrocellulosa. La Cordite era stata ottenuta in Gran Bretagna immediatamente dopo, sostanzialmente una variazione della Balistite. Il chimico britannico Sir Frederick Abel assieme al fisico e chimico Sir James Dewar avevano brevettato nel 1889 una sua formula modificata composta da 58% di Nitroglicerina, 37% di Nitrocellulosa e 5% di vaselina. Accanto, impilate l’una sull’altra, ci sono 229 tonnellate di alto esplosivo in cariche di artiglieria di vario calibro per obici, cannoni per carri, artiglieria ferroviaria, artiglieria campale media, pesante e superpesante, tutte prive di spolette, i congegni di innesco ad urto, chimici e ad orologeria da avvitare sul naso delle granate prima dell’uso. Queste sono ordinate in file per calibro: le prime sono le granate da 155 millimetri con ogiva in ghisa acciaiosa dal peso di 43,1 chilogrammi e armate con una carica di 10,3 chilogrammi di esplosivo di due tipologie. La prima è l’Amatolo 60/40, una miscela esplosiva creata durante le prime fasi della guerra dalle forze armate britanniche e costituita da 60% in peso di Nitrato d'Ammonio, il fertilizzante preparato dal chimico e farmacista tedesco Rudolph Glauber nel 1659 che lo aveva chiamato “nitrum flammans” per via del colore giallo della sua fiamma e scoperto come prodotto esplodente dal chimico e ingegnere svedese Alfred Nobel nel 1870, e 40% in peso di Trinitrotoluene, il Tritolo, esplosivo preparato la prima volta nel 1863 dal chimico tedesco Julius Wilbrand. La seconda è la Melinite, una variazione dell’Acido Picrico, variazione adottata dal governo francese del 1885 aggiungendo al composto la Nitrocellulosa. Immediatamente dopo ci sono le granate da 220 millimetri con ogiva in acciaio del peso di 188 chilogrammi e armate con una carica da 32 chilogrammi di Melinite. Ci sono anche le granate da 305 millimetri con ogiva in acciaio, alcune hanno un peso di 445 chilogrammi e sono armate con una carica di 114 chilogrammi di Trinitrotoluene, altre hanno un peso di 295 chilogrammi e sono armate con una carica da 85 chilogrammi di Nougat, una miscela composta da una percentuale del 70% di Tritolo e 39% di Schneiderite, prodotto francese di recente invenzione costituito da un 87,40% di Nitrato d’Ammonio e da un 12,60% di binitronaftalina, altre ancora hanno un peso di 340,5 chilogrammi e sono armate con 97 chilogrammi di Lyddite, una ulteriore variazione dell’Acido Picrico inventata nel 1888 a Lydd, nella regione del Kent, in Gran Bretagna, dove si erano aggiunte al composto vaselina e di dinitrobenzolo. In fondo, le più grandi di tutte, sono impilate le granate da 340 millimetri con ogiva in ghisa del peso di 760 chilogrammi e armate con una carica da 148 chilogrammi di Schneiderite. Fuori dai magazzini, fermi sulle rotaie, 87 vagoni merci sono in attesa delle operazioni di scarico. All’interno sono stipate 30 mila casse di Dinamite a base attiva del peso complessivo di 900 tonnellate. Questa, fortemente esplosiva, brevettata dal chimico e ingegnere svedese Alfred Nobel nel 1867 e composta dalla Nitroglicerina sintetizzata dal chimico e medico italiano Ascanio Sobrero nel 1847 dalla Nitrocellulosa, e miscelata con Nitrocellulosa ad alto contenuto di azoto, è solo una parte del carico. Gli ultimi vagoni sono dedicati al Trinitrotoluene in casse per un peso di 250 tonnellate per la versione secca e 438 per quella umida. A pochi metri c’è il molo, ormeggiata alla banchina c’è la Johnson Barge No 17, una chiatta in fase di immagazzinamento, la sua stiva, piena per il 20%, contiene 46 tonnellate di Trinitrotoluene e 417 casse di miccia detonante, la nuova miccia esplosiva messa a punto negli stabilimenti David Bickford nel 1914 con l’anima in Pentrite, uno degli esplosivi più potenti, preparata per la prima volta nel 1891 dal chimico tedesco Bernhard Tollens. Questo è uno stoccaggio eccezionale anche per gli standard del Black Tom, 1.900 tonnellate tra cariche di munizionamento ed esplosivo sfuso sono decisamente troppe per i protocolli di sicurezza portuali. Sono le ore 01:00, mentre gli otto guardiani sono ancora rannicchiati attorno ai fuochi tenendo lontane le zanzare, i dischi di rame all’interno delle bombe matita sono consumati. Il primo si apre, gli acidi si incontrano, una fiamma silenziosa e intensa lunga 30 centimetri divampa da entrambe le estremità sciogliendo in pochi secondi l’involucro di piombo. L’ordigno, studiato e occultato in modo da creare in pochissimo tempo il peggiore degli incendi, ha innescato una reazione a catena che è impossibile fermare. Una delle guardie scorge del fumo provenire da uno dei vagoni ferroviari, si avvicina, magari è una delle tante lanterne accese, ma la lanterna è al suo posto, il fumo viene da dietro le casse. Uno sguardo di terrore lo impietrisce, corre a chiamare gli altri, ma non fa in tempo ad avvisarli, un secondo vagone inizia a fumare, poi un terzo, e un quarto. Le guardie non sanno cosa fare, si guardano, c’è dell’altro fumo che proviene dai magazzini, una dopo l’altra le bombe si sono attivate, anche la chiatta ha preso fuoco. Black Tom è perduto, in un disperato tentativo viene fatto suonare l’allarme antincendio collegato col Dipartimento dei Vigili del Fuoco di Jersey City ma le fiamme sono già alte, minuto dopo minuto gli incendi diventano sempre più grandi, l’intero stoccaggio è diventato una bomba ad orologeria. Sono le ore 01:20, i Vigili del Fuoco di Jersey City arrivano ma non c’è più niente da fare, l’unica possibilità è scappare e cercare di salvare più vite possibili accendendo le sirene per svegliare la popolazione. Anche i rimorchiatori, arrivati per agganciare le navi in modo da allontanarle dal molo, invertono la rotta. È finita. Sono le ore 02:08, il carico della Johnson Barge destinato a fornire munizioni alla Russia per sei mesi raggiunge il punto critico, la chiatta salta in aria spazzando via il molo e investendo in un decimo di secondo i magazzini e i convogli. Un terremoto di magnitudo 5,5 scuote la terra fino a Philadelphia. Il terreno si solleva, si apre, le banchine vengono vaporizzate, il deposito del Black Tom con i suoi veicoli di carico, ferrovie, magazzini, chiatte, rimorchiatori e pontili viene cancellato, le imbarcazioni vengono affondate. L’aria diventa rossa, incandescente. Le superfici friggono, fumano, nei cimiteri, lapidi e monumenti si rovesciano e le tombe si scoperchiano fuori dal terreno, i residenti di Jersey City vengono svegliati dal gigantesco boato seguito da un’onda d’urto che viaggiando a 7.300 metri al secondo si inoltra nell’entroterra per 150 chilometri. Chi dorme viene buttato giù dal letto, un bambino di 10 settimane muore sul colpo sbalzato dalla culla e scaraventato contro la parete della camera da letto. La parete esterna del municipio di Jersey City crolla, la torre dell’orologio del Jersey Journal a Journal Square si ferma, il Ponte di Brooklyn oscilla, le vetrate della chiesa di San Patrizio sono fatte a pezzi e la gonna, il braccio e la torcia della Statua della Libertà si aprono. Dall'altra parte del fiume, i telai delle finestre esplodono, le porte si scardinano, i pali dell’alta tensione si piegano, quelli delle linee telefoniche si strappano, le edicole in legno vengono appiattite. Il cielo è illuminato a giorno, fino a 90 chilometri di distanza saltano le finestre, le strade di Lower Manhattan, Times Square, Staten Island, Brooklyn, Philadelphia sono bombardate da una pioggia di vetro. Mentre in alto continua a sollevarsi una palla di fuoco seguita da un fungo di polvere, detriti e fumo, in basso i convogli ferroviari, 13 magazzini e sei moli sono un ricordo. Il cratere di 110 metri di lunghezza e 50 di larghezza, fulcro di quella spaventosa esplosione diventa in un minuto e mezzo un laghetto disseminato di rottami fumanti. In pochi minuti i residenti di Jersey City si riversano in strada in preda al terrore. C’è chi in ginocchio prega e chi fugge senza una meta. I mezzi di emergenza che pian piano arrivano sul posto non hanno la minima idea di quello che li aspetta. Altre esplosioni scandiscono le timide operazioni di soccorso, la città è nel panico e l’interruzione delle linee telefoniche ha creato un totale blackout informativo. I feriti sono a decine, in 173 vengono trasportati negli ospedali, l’intera zona è inghiottita dal fuoco. Gli immigrati in stallo ad Ellis Island sono evacuati, 553 persone che vivevano sulle case galleggianti rimangono senza una casa. Grazie all’ora tarda il numero dei decessi sarà basso, un bambino, due agenti di polizia e un comandante a bordo della sua chiatta a poche decine di metri dalla Johnson Barge. I sabotatori hanno vinto in silenzio l’equivalente di una battaglia importante inaugurando il primo grande attacco terroristico sul suolo degli Stati Uniti d’America da parte di un potere straniero.

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01 aprile, 2022

Aden, Cacciatorpediniere USS Cole, 12 ottobre 2000

 

TIPOLOGIA: attentato                   
CAUSE: barchino suicida      
DATA:
12 ottobre 2000
STATO: Yemen
LUOGO: Aden, Porto
MORTI:
17
FERITI:
39

Analisi e ricostruzione a cura di Luigi Sistu

Nella Marina degli Stati Uniti d’America i cacciatorpediniere sono navi da guerra che operano in supporto di gruppi di battaglia di portaerei, gruppi di azione di superficie, gruppi anfibi e gruppi rifornimento. La relativamente recente aggiunta della capacità di lancio di missili da crociera a lungo raggio, in grado di volare come un aeroplano, e la rimozione di combattenti di superficie più pesanti come le corazzate, ormai obsolete, ha fatto crescere il tonnellaggio dei cacciatorpediniere ed espanso grandemente il loro ruolo. Nel 2000 una sola classe di cacciatorpediniere è in uso nella marina USA: la Arleigh Burke. Con lo stesso tonnellaggio di un incrociatore leggero della Seconda Guerra mondiale e 303 uomini di equipaggio la USS Cole fa parte di questa flotta. È chiamato così in onore del sergente di marina Darrell S. Cole, un mitragliere ucciso in azione il 19 febbraio 1945 sull’isola di Iwo Jima durante la Guerra nel Pacifico tra le forze statunitensi, le truppe dell’esercito imperiale e della marina giapponese che si affrontavano nelle ultime fasi della Seconda Guerra Mondiale. Costruita dalla Ingalls Shipbuilding di Norfolk, consegnata alla Marina Militare l'11 marzo 1996 e in servizio dall’8 giugno dello stesso anno con numero identificativo DDG-67 è uno dei 62 cacciatorpediniere missilistici guidati in dotazione. È pesante 8.900 tonnellate, lungo 154 metri, largo 21, corazzato con 70 tonnellate di Kevlar e paratie d'acciaio nei punti sensibili e con in dotazione rampe lanciamissili, tubi lanciasiluri, mitragliatrici e un cannone del calibro di 127 millimetri in grado di attaccare navi, aerei e bersagli terrestri con una cadenza di 20 colpi al minuto e una portata fino a 32 chilometri, la Cole in grado di svolgere il ruolo strategico di attacco terrestre, antiaereo, antisommergibile e anti-superficie, con un design che incorpora anche tecniche stealth come le superfici verticali angolate che rendono la nave più difficile da rilevare, in particolare dai missili antinave, oltre che dota una suite di guerra elettronica che fornisce rilevamento passivo e contromisure esca ed un sistema di filtraggio dell'aria negli ambienti nell’eventualità di attacchi nucleari, biologici e chimici. È il 12 ottobre e sotto la guida Comandante Kirk Lippold, al comando dal 25 giugno dell’anno scorso, salpata dalla Naval Station Nortfolk in Virginia ora la USS Cole si trova ormeggiata nel porto neutrale di Aden, nello Yemen meridionale, in rifornimento dopo una navigazione nel Golfo Persico. Questo giovedì si trova qui, all'estremità della penisola arabica, per unirsi alle navi da guerra statunitensi che stanno attuando un blocco navale all’Iraq. La nave da guerra, che ha completato l'ormeggio alle ore 9:30 e iniziato il rifornimento alle ore 10:30, in orario come da piano, non è una semplice nave, è un simbolo, il simbolo di una nazione odiata, detestata, un bersaglio che Abd al-Rahim al-Nashiri, capo di Al-Qaida nel Golfo Persico, ha scelto di eliminare. Al-Qaida, il movimento fondamentalista islamista sunnita paramilitare terroristico nato nel 1988 durante la Guerra in Afghanistan, è guidato dal miliardario saudita Osāma bin Lāden, 17esimo dei 57 figli dell’immobiliarista yemenita Mohammed bin Awad bin Lāden, che avvalso della guida ideologica di Ayman al-Zawāhirī, scrittore, poeta e medico de Il Cairo appartenente ad una famiglia di dotti religiosi e di magistrati, aveva deciso di utilizzare soldi e macchinari della propria impresa di costruzioni per aiutare la resistenza dei mujaheddin durante l’invasione sovietica dell’Afghanistan. Nato in Arabia Saudita il 5 gennaio 1965 al-Nashiri è un saudita cittadino arabo. Dopo aver passato del tempo in Afghanistan dall'inizio degli anni '90 per partecipare agli attacchi contro i russi nella regione, si era spostato nel 1996 prima in Tagikistan poi in Afghanistan, a Jalalabad, dove aveva incontrato per la prima volta bin Lāden che aveva cercato di convincerlo ma senza successo ad unirsi ad Al-Qaida. L’idea di attaccare gli Stati Uniti d’America e di riconsiderare l’offerta era arrivata unendosi ai talebani, i membri dell’organizzazione politica e militare afghana a ideologia fondamentalista islamica, assistendoli nel contrabbando di missili anticarro in Arabia Saudita e riportando direttamente a bin Lāden che lo aveva preso sotto la sua ala protettrice fino ad approvare e finanziare la sua strategia: attaccare le navi americane con dei barchini esplosivi, un piano realizzabile solo grazie all’appoggio logistico del Governo della Repubblica del Sudan dal quale sarebbe arrivato l’esplosivo via terra transitando poi per le sue acque territoriali. Per preparare l’attacco utilizzando con questa particolare tecnica inventata nel 1935 dalla Regia Marina Italiana e perfezionata dall’Esercito Imperiale Giapponese durante le fasi finali della Seconda Guerra Mondiale, al-Nashiri non si era mosso da solo. Accanto a lui, la mente, il Comandante sul Campo come lo aveva definito bin Lāden, ci sono Jamal Ahmad Mohammad Ali Al Badawi, 40 anni, yemenita, e Fahd Mohammed Ahmed al-Quso, 26 anni, anche lui yemenita, il primo esperto nella costruzione di ordigni esplosivi, il secondo soldato addestrato negli anni ’90 nei campi di Al-Qaeda in Afghanistan. I due, i coordinatori locali di Al-Qaida, si erano occupati delle attrezzature nonché dell’affitto di un capannone abbastanza grande da contenere una barca e un camion con rimorchio acquistati per l’occasione. Assieme ad al-Nashiri compongono la cuspide dell’Aden-Abyan Islamic Army, un gruppo militante islamista con sede in Yemen. Implicata in diversi atti di terrorismo dalla fine degli anni '90 l’associazione si era formata a metà di quegli anni come una libera rete di guerriglia di poche dozzine di uomini, un mix di veterani della guerra sovietico-afghana e islamisti di vari paesi guidata da un certo Zayn al-Abidin al-Mihdhar. Senza un leader dopo che era stato giustiziato nel dicembre del 1999 per aver organizzato l’anno prima il rapimento di 16 turisti occidentali nello Yemen meridionale, Rahim al-Nashiri aveva trovato campo fertile per dare una nuova guida a questo gruppo di soldati con un denominatore comune: l’odio per l’occidente. E quest’odio, che non aveva atteso molto prima di essere scatenato in tutta la sua furia, lo avevano pianificato e indirizzato con la collaborazione di Al-Qaida, sinergia formatasi a seguito di un raid aereo americano al campo di addestramento di bin Lāden in Afghanistan, proprio contro gli Stati Uniti d’America nell’attacco combinato del 7 agosto 1998 alle ambasciate in Tanzania e in Kenya dove con due camion bomba avevano colpito Dar es Salaam e Nairobi spezzando 224 vite. I tecnici della Aden-Abyan per l’attacco con la barca esplosiva avevano studiato sia la tecnica italiana che quella giapponese. In quella italiana, dove il pilota era seduto all'estrema poppa su un piccolo sedile a sbalzo, il mezzo veniva abbandonato col timone bloccato e lanciato a tutta velocità da una distanza di 500 metri dal bersaglio con armata la carica esplosiva del peso di 300 chilogrammi. Questa, sistemata in un compartimento a prua veniva poi attivata urtando lo scafo dell’obiettivo per esplodere ad una certa profondità al fine di ottenere il maggior numero di danni possibile. La tecnica giapponese, molto simile, non prevedeva motoscafi “modificati” per l’occasione come la versione italiana, bensì veicoli progettati appositamente per un attacco suicida dato che nessun pilota avrebbe avuto mai il tempo di allontanarsi. Nei barchini di Classe Shinyo in dotazione sia alla Marina che all’Esercito la carica esplosiva consisteva in due bombe di profondità impostate con un timer di 6 secondi, o in una carica di esplosivo in prua del peso di 270 chilogrammi attivata elettricamente all’impatto oppure manualmente. Le informazioni in possesso dell’organizzazione dicevano che la Cole sarebbe rimasta in porto soltanto quattro ore pertanto i margini d’errore sarebbero dovuti essere minimi per non attirare l’attenzione dell’equipaggio se non nella fase di avvicinamento finale, quando sarebbe stato tardi. Una volta scelta la modalità d’attacco lo studio si era spostato sul tipo di carica e di esplosivo. Gli italiani erano soliti utilizzare sui barchini il Tritolital, un tipo di esplosivo progettato a metà della guerra e costituito dalla Tritolite unita alla polvere di alluminio. La Tritolite, realizzato all’inizio della Seconda Guerra Mondiale dai laboratori di ricerca americani è una miscela di due esplodenti primari: il Trinitrotoluene, preparato la prima volta nel 1863 dal chimico tedesco Julius Wilbrand, perfezionato dal chimico tedesco Hermann Frantz Moritz Kopp nel 1888 e prodotto industrialmente in Germania un anno dopo col nome di Tritolo o Tnt, e l’RDX. Formalmente chiamato ciclotrimetilenetrinitramina, l’RDX ha caratteristiche eccezionali, era stato scoperto e brevettato dal chimico e farmacista tedesco Georg Friedrich Henning nel 1898, codificato con questo nome prima dall’esercito inglese come Royal Demolition eXplosive e poi prodotto in larga scala dagli Stati Uniti nel 1920 come “RD” Research and Development, ricerca e sviluppo, sigla comune a tutti i nuovi prodotti per la ricerca militare, e "X", la classificazione, nata come lettera provvisoria ma rimasta definitiva. I giapponesi invece utilizzavano un esplosivo leggermente diverso, il Tipo 98, di loro invenzione, creato nei primi anni ’30 e costituito da 70% di Trinitroanisolo e 30% di HND, l’Esanitrodifenilammina, il primo preparato per la prima volta nel 1849 dal chimico francese Auguste Cahours, il secondo scoperto dal chimico francese Charles-Émile Kopp nel 1873 e raffinato dagli scienziati giapponesi all’inizio della Seconda Guerra Mondiale. Come in questi due casi, per demolire la fiancata di una nave della robustezza di un cacciatorpediniere al-Nashiri avrebbe avuto necessità di un esplosivo molto potente, possibilmente per utilizzo militare. La scelta era andata sul C-4, ad alta velocità di detonazione, incredibilmente stabile e modellabile su qualsiasi superficie, caratteristica questa fondamentale. Esplosivo speciale creato durante la Seconda Guerra Mondiale, evoluzione del C-3 con brevetto americano degli anni ’70, solitamente confezionato in cartucce il “plastico” C-4 è composto da una percentuale del 91% in peso di RDX, 5,3% di plastificante dietilesile, 2,1% di poliisobutilene e 1,6% di olio lubrificante del tipo SAE 10. Per quanto riguarda il tipo di carica, in una guerra asimmetrica di questo tipo per poter colpire efficacemente una nave particolarmente corazzata come un cacciatorpediniere i tecnici avrebbero avuto bisogno di una tipologia particolare, non convenzionale, con una forma ben precisa dell’esplosivo. Avevano studiato di avvicinare la nave lateralmente affiancandola e per questo avevano trasformato il lato di dritta della barca in una testata di tipo perforante con carica sagomata. Costituita da un vuoto rivolto verso l’esterno su cui si apre un cuneo rovesciato di rame e alluminio con angolo interno di 100 gradi, avevano modellato sulla superficie di quello esterno un quantitativo in peso di 250 chilogrammi di C-4 fino a riempire il vano sotto le sedute sul lato dell’imbarcazione. Il funzionamento di questa particolare carica si basa sull’effetto Munroe, un metodo utilizzato soprattutto nelle armi anticarro e nell’industria delle demolizioni: la parziale concentrazione dell'energia esplosiva causata da un vuoto incavato in una parte di esplosivo, la particolare reazione di cui si era accorto appunto Charles Edward Munroe mentre lavorava nel 1888 alla U.S. Naval Torpedo Station a Newport, negli Stati Uniti. Il principio era stato ripreso e messo in pratica 22 anni più tardi dal tedesco Egon Neumann scoprendo che una carica di Trinitrotoluene, esplosivo preparato la prima volta nel 1863 dal chimico tedesco Julius Wilbrand, perfezionato dal chimico tedesco Hermann Frantz Moritz Kopp nel 1888 e prodotto industrialmente in Germania un anno dopo col nome di Tritolo o Tnt, contenente un incavo di forma conica era in grado di lacerare una lastra di metallo che in condizioni normali sarebbe stata solo intaccata dalla stessa quantità di esplosivo. In pratica, una carica di esplosivo sagomata, anziché disperdere la propria potenza esplosiva in maniera omnidirezionale, a seconda della sua forma la concentra nella cavità praticata in precedenza sulla carica stessa. Praticando quindi una cavità conica o iperbolica in un cilindro di esplosivo fatto detonare all'opportuna distanza dal bersaglio, si concentra la forza dell'esplosione contro un punto di esso e causa quindi una temperatura e una sovrappressione tale da disintegrare tutto nella direzione scelta. Secondo questo principio, l’effetto del barchino esplosivo studiato dalla Aden-Abyan Islamic Army sulla nave da guerra sarebbe stato devastante: innalzamento della temperatura, investimento degli occupanti da parte di frammenti di metallo fuso ed esplosione di eventuali munizioni e carburanti. L’attivazione, manuale con funzionamento a rilascio di un pulsante di sicurezza integrato nel pannello di controllo del posto di guida in modo che se il martire fosse stato colpito da un proiettile sparato dalla nave americana l’allentamento della presa avrebbe fatto scattare gli inneschi, è collegato e alimentato dalla batteria della barca, sufficiente questa a generare corrente oltre che al veicolo, tramite un cablaggio nascosto sotto il piano di calpestio anche ad una coppia di detonatori elettrici collegati in serie. Sono le versioni moderne di quelli inventati nel 1876 da Julius Smith, due involucri cilindrici in alluminio contenenti ciascuno una piccola quantità di esplosivo secondario, la Pentrite, uno degli esplosivi più sensibili potenti, un “super-esplosivo” preparato per la prima volta nel 1891 dal chimico tedesco Bernhard Tollens, innescato a sua volta da uno primario, il sensibilissimo Azoturo di Piombo preparato dalla Curtis's and Harvey Ltd Explosives Factory nel 1890. Per una maggiore distribuzione dell’onda detonante di innesco all’interno della carica sagomata i detonatori erano stati fissati con nastro adesivo ad una treccia della stessa lunghezza della carica e annegata all’interno costituita da tre spezzoni di miccia detonante, un cordone messo a punto negli stabilimenti David Bickford nel 1914 con anima in Pentrite ed esternamente rivestito con resina termoplastica. Ripiego del primo tentativo fallito al cacciatorpediniere con numero di scafo DDG-68 USS The Sullivans del 3 gennaio 2000 dove la barca era affondata prima di ingaggiarlo a causa dell’eccessivo peso e cattiva distribuzione del carico, l’attacco alla Cole non è un elemento isolato bensì parte di un piano ben più ampio: Chiamato “2000 millennium attack plots” era nato come attacco terroristico multiplo pianificato nel contesto delle celebrazioni del millennio in cui quattro siti turistici in Giordania, l’Aeroporto Internazionale di Los Angels, il dirottamente del Volo 814 della Indian Airlines con tratta dal Nepal all’India erano stati scelti come obiettivi per ricordare al mondo quanto non fosse al sicuro. Fallito il tentativo di affondare il Sullivans la pianificazione di questo secondo tentativo era stata discussa, prima di essere approvata personalmente da bin Lāden durante un incontro con al-Nashiri in Afghanistan, il 5 gennaio durante un vertice di al Al-Qaida a Kuala Lumpur. In Malesia, nella camera d'albergo di Yazid Sufaat, ex capitano e uomo d’affari dell’esercito malese, diversi membri di alto livello avevano parlato per tre giorni pianificando finanziamenti, arruolamenti e futuri attacchi, compreso quello che il prossimo anno diventerà famoso come l’11 settembre. La partecipazione a questo meeting era composta da veterani arabi della guerra sovietico-afghana tra cui: Riduan Isamuddin, 36 anni, indonesiano, capo militare della Jemaah Islamiyah, un gruppo terroristico estremista militante del sud-est asiatico con sedi in Indonesia, Singapore, Malesia e Filippine; Ramzi bin al-Shibh, 28 anni, yemenita, fondatore della famigerata Hamburger Terrorzelle, un gruppo di islamisti radicali con sede ad Amburgo, in Germania; Walid Muhammad Salih bin Mubarak bin Attash, 22enne, yemenita, guardia del corpo di Osāma bin Lāden, selettore e addestratore dei dirottatori dei futuri attacchi dell’11 settembre 2001 agli Stati Uniti; Khalid Muhammad Abdallah al-Mihdhar, 25 anni, saudita e Nawaf Muhammed Salim al-Hazmi, 28 anni, saudita, entrambi combattenti coi mujaheddin bosniaci durante la guerra in Bosnia degli anni ’90, soldati scelti di bin Lāden nonché i dirottatori che uccideranno tutte le 64 persone a bordo insieme a 125 a terra prendendo nell’attacco coordinato dell’11 settembre 2001 il volo 77 dell’American Airlines lanciandolo sul Pentagono, l'edificio sede del quartier generale del Dipartimento della difesa degli Stati Uniti d'America. Una volta deciso che per la successiva operazione al-Mihdhar sarebbe stato fisicamente sul posto per documentare gli eventi relazionandosi con Al-Qaida per tutte le fasi del piano, avevano previsto il suo trasferimento per il 10 giugno da San Diego, in California, nello Yemen fornendogli un alloggio che avrebbe condiviso con la moglie per tutta la durata dell’incarico da utilizzare come hub di comunicazione coi vertici dell’organizzazione. A fare da tramite per il denaro sarebbe stato invece bin Attash, il “direttore operativo”, che lo avrebbe dirottato in base alle esigenze, oltre che all’acquisto dei mezzi e la gestione degli affitti, anche ad altri due membri, Fahd Muhammad Al-Qasaa e Maamoun Ahmad Onswa, entrambi yemeniti ed entrambi ventenni, incaricati della movimentazione dell’esplosivo nel territorio nonché della corruzione di due agenti di polizia, Ali Muhammad Al-Muraqib e Murad Salih Al-Sorwri, per la fornitura di documenti falsi. Sono le ore 11:12 e tutto pare tranquillo sul ponte della Cole. All'interno, giù nella mensa molti dei membri dell'equipaggio stanno facendo la fila per il pranzo. Nessuno ha la minima idea di quello che sta per accadere, qualcuno chiacchiera col vicino, qualcun’altro è seduto al tavolo a consumare il pasto. Fuori, in movimento sull’acqua, a poche centinaia di metri di distanza la piccola imbarcazione a motore riparata e riconfigurata dopo il fallimento precedente si sta avvicinando lentamente. A bordo ci sono Ibrahim Al-Thour e Hassan Al-Khamri, yemeniti, giovanissimi che si guardano intorno sincerandosi di non essere seguiti e che l’imbarcazione non presenti gli stessi problemi avuti contro il Sullivans. Mescolandosi al gruppo di navi portuali che stanno aiutando la Cole per il rifornimento sono riusciti a passare inosservati. Aden è un porto trafficato e col numero di imbarcazioni da pesca e chiatte mercantili in movimento il barchino in fibra di vetro, non tanto diverso dagli altri, senza attirare l’attenzione di nessuno, né dei pescatori, né dei soldati sul ponte della Cole, procede in una virata a sinistra in direzione della nave da guerra puntando la fiancata sinistra. Non rallenta, anzi, il pilota non stacca la mano dalla manetta dell’acceleratore mentre il secondo è accanto a lui con la mano sull’interruttore. Entrambi sono in piedi, si guardano un attimo prima di volgere il loro sguardo verso la Cole. Le regole d’ingaggio del cacciatorpediniere, impedendo alle vedette di sparare sulla piccola imbarcazione durante l’avvicinamento senza prima il permesso di un ufficiale e comunque se non preventivamente attaccati, permette al barchino di arrivare a tutta velocità sotto gli occhi di tutti fin sotto la nave. Alle ore 11:15, quando per i marinai è troppo tardi per reagire, appena prima che il lato di dritta della barca colpisca il fianco della nave l’uomo con la mano sull’interruttore rilascia il pulsante. Il circuito elettrico viene chiuso, la corrente irrorata dalla batteria percorre in una frazione di secondo il cavo fino ai detonatori dove i ponticelli all’interno incendiano la miscela infiammabile. L’Azoturo di Piombo si innesca facendo partire la Pentrite che fa esplodere il trefolo di miccia detonante e quindi il C-4. La carica composta dal cuneo di metallo su cui sono spalmati i 250 chilogrammi di esplosivo detona con una velocità di 8.000 metri al secondo. La sua energia, venendo rilasciata direttamente dalla sua superficie così sagomata, anziché disperdere la propria potenza esplosiva in maniera omnidirezionale la concentra nella cavità. La maggiore efficienza energetica, causando un maggiore scarico di energia sul metallo con una pressione di oltre 1.000 tonnellate per centimetro quadrato trasforma il metallo del cuneo in un getto di plasma ad alta velocità che genera una temperatura e una sovrappressione tale da praticare una penetrazione nella piastra d'acciaio della fiancata della nave pari a 250 volte il diametro dell'ordigno. La Cole viene scossa da un’onda d’urto violentissima, l’esplosione è così potente che infilandosi sotto la cucina spinge il ponte verso l’alto aprendo uno squarcio nella corazzatura alto 12 metri, largo 18 e con una superficie di 150 metri quadrati. La nave sbanda di 4 gradi, la sala macchine e la sala officina dove tre tecnici stanno riposizionando l’attrezzatura dopo un lavoro di manutenzione, e la mensa gremita per il pranzo, sono attraversate da un’onda di sovrappressione devastante che scardina le porte, piega le paratie e trasforma gli oggetti e gli arredi in proiettili che martoriano e infilzano l’equipaggio scaraventato contro le pareti dall'onda d'urto che rimbalzando all’interno dei locali accentua l'effetto distruttivo colpendolo da più direzioni. Le ossa si frantumano, gli organi interni si spappolano. In 17 non sopravvivono, in 39 rimangono feriti, 11 in modo grave, 2 donne e 9 uomini. Dopo qualche secondo di silenzio dove un fumo nero e denso impedisce di vedere e di respirare, ecco che l’acqua inizia ad entrare inclinando la nave, fortunatamente non in modo fatale. La carica, esplodendo poco sotto il livello del mare, ha dissipato molta della sua energia posseduta non andando a compromettere oltremodo la chiglia, cosa che non sarebbe successa se si fosse trattato di una nave di tipo più vecchio poiché sarebbe stata condannata irrimediabilmente. Ci vorranno 96 ore perché l’equipaggio fermi l’allagamento scongiurando l’affondamento, mentre i feriti verranno smistati nei vari ospedali di Aden per poi essere trasportati prima presso il Landstuhl Regional Meridal Center dell'esercito degli Stati Uniti a Ramstein, in Germania, per poi essere trasferiti negli Stati Uniti. Da questo attacco, il più mortale contro una nave della marina statunitense dopo quello alla USS Stark del 17 maggio 1987 durante la guerra Iran-Iraq in cui un caccia Dassault Mirage F1 iracheno l’aveva colpita con due missili anti-nave uccidendo 37 membri di equipaggio, il presidente americano Bill Clinton ordinerà alle navi nel Golfo Persico di lasciare il porto e dirigersi verso il mare aperto. La Cole, ormai compromessa, verrà caricata sulla nave pontone norvegese Blue Marlin per essere riportata negli Stati Uniti.

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01 giugno, 2021

West, West Fertilizer Co. Plant, 17 aprile 2013


TIPOLOGIA: attentato
CAUSE: carica occultata
DATA:
17 aprile 2013
STATO: Texas
LUOGO: West, West Fertilizer Co. Plant
MORTI:
15
FERITI:
267

Analisi e ricostruzione a cura di Luigi Sistu

È il 17 aprile 2013, sta calando il buio sulla West Fertilizer, tra i vari sili dello stabilimento e i capannoni una figura si muove in silenzio, nell’ombra, si allontana in direzione delle campagne oltre la ferrovia. La West Fertilizer Company è una fabbrica di Nitrato d’Ammonio, un fertilizzante, preparato per la prima volta nel 1659 da Johann Rudolph Glauber, un chimico e farmacista tedesco considerato uno dei fondatori della chimica industriale moderna e precursore dell’ingegneria chimica. Descritto da Glauber come “nitrum flammans” per via del colore giallo della sua fiamma, il chimico e ingegnere svedese Alfred Nobel nel 1870 ne aveva scoperto l’esplosività trasformandolo in un prodotto non più di uso esclusivo per l’agricoltura bensì una delle basi per miscele esplosive più richieste al mondo. Situato nei pressi di West, una piccola comunità rurale di circa 2.800 residenti nella contea di McLennan, lo stabilimento di produzione della West Fertilizer Co. Plant si trova a 32 chilometri a nord di Waco, capoluogo della contea di McLennan Country nel Texas centrale, lungo il corridoio dell'Interstate 35. La fabbrica è costruita in periferia, al confine nord-orientale della città e in prossimità di una casa di cura, due scuole, un condominio, campi agricoli, ranch e case sporadiche, la fabbrica. Iniziata a costruire nel 1958, con i suoi nove dipendenti e di proprietà della Adair Grain Inc. di Donald Adair e sua moglie Wanda, fornisce i suoi prodotti agli agricoltori dal 1962. L’impianto di stoccaggio, costituito da un silo centrale e una stecca più bassa, contiene il Nitrato d’Ammonio che viene giornalmente stoccato sfuso negli scompartimenti interni della porzione centrale e in barili stagni provvisoriamente chiusi in vagoni ferroviari in stallo all’esterno. Inoltre, magnesio di potassio, cloruro di potassio, fosfato biammonico e solfato d’ammonio, sono depositati in scompartimenti a pettine accanto a quello principale di Nitrato d’Ammonio e delle cisterne di ammoniaca anidra, installate nel 1963, sorgono sul piazzale esterno accanto alla struttura principale. Lo stabilimento, paradossalmente sprovvisto sin dalla sua apertura di un sistema di antifurto e di un perimetro recintato, ha invece attivo un impianto di videosorveglianza installato solo nel 2009 solo dopo le continue raccomandazioni delle forze dell’ordine a causa di una lunga serie di furti per la crescente domanda alla quale i produttori di metanfetamine dovevano sopperire incrementando la materia prima e puntando quindi ai facili, costantemente forniti e scarsamente protetti depositi di ammoniaca. Ma le telecamere, deterrente forse sufficiente a scoraggiare i ladri, questa sera non lo sono state abbastanza a che non venisse lasciato un piccolo pacco occultato dietro alcuni barili proprio dietro la stecca dello stoccaggio. La figura che si allontana sempre di più è Bryce Reed, 31 anni, un paramedico della squadra di pronto intervento di West. Sposato, con una vita complicata, triste e insoddisfatta che cerca di mascherare agli amici e ai vicini, si è creato una vita immaginaria fatta di viaggi, di spole tra Dubai e l’Europa, di incarichi al Pentagono, la sede del quartier generale del Dipartimento della difesa degli Stati Uniti d’America, di ruoli nella SWAT di West, la squadra speciale d’assalto della Polizia, di studi mai conseguiti con una laurea specialistica in scienze infermieristiche all’Excelsior College di Albay, e oltre ad essere, tra le altre cose, Presidente e Amministratore Delegato della Silentium Group e Direttore delle Operazioni alla Bare Fruit Ministries, due organizzazioni di fantasia composte solo da lui e sua moglie. Nel pacco, nascosto in tutta fretta prima che qualcuno si potesse accorgere della sua presenza, è confezionato un ordigno di fabbricazione artigianale costituito da una carica esplosiva principale che funge da accenditore per una seconda incendiaria. L’elemento incendiario, una piccola tanica di benzina, si trova a contatto con quella esplosiva, una pipe-bomb, una sezione di tubo idraulico in acciaio zincato di 20 centimetri di lunghezza e 25 millimetri di diametro, sigillato alle estremità con due tappi a vite e contenente Polvere Nera industriale, un esplosivo costituito da 74,65% di nitrato di potassio, 13,50% di carbone e 11,85% di zolfo, ricetta arrivata fino ai giorni nostri grazie al monaco e scienziato Ruggero Bacone nel 1249 modificando quella comparsa per la prima volta in un'opera di Wu Ching Toung Yao nel 1044. Una miccia lunga un metro e mezzo del tipo Visco, un cordino per uso pirotecnico con un nucleo di Polvere Nera avvolto in diversi strati di tessuto ricoperto da cera per impermeabilizzazione e variante della versione in cotone impermeabile discendente da quello in canapa catramata brevettata il 6 settembre 1836 da William Bickford, sta bruciando con una velocità di 100 secondi per metro lineare. Sono le ore 19:31, la fiamma della miccia raggiunge l’estremità superiore del tubo metallico scomparendo all’interno del foro creato esattamente al centro del tappo filettato. Al centro dell’involucro i gas si riscaldano, si espandono rapidamente verso l'esterno generando altissima pressione e temperatura. In una frazione di secondo la pressione creata è sufficiente a superare la resistenza del rivestimento metallico che imprime la stessa velocità di reazione all'involucro, la bomba esplode con una velocità di 1.400 metri al secondo con una fiammata di 2.700 gradi centigradi che squarcia la tanica di carburante. La benzina si incendia generando una palla di fuoco del diametro di 15 metri che investe la porzione nord del capannone principale fino alla copertura e appiccando un incendio che si allarga in pochi secondi fino alla zona di stoccaggio delle materie prime. L’intero capannone, diviso in scompartimenti aperti frontalmente per facilitare le operazioni di carico, posati su una robusta lastra di calcestruzzo armato e divisi solo da alte paratie in legno, prende fuoco in una manciata di minuti. Nello stabilimento suona l’allarme, dalla caserma dei Vigili del Fuoco si mobilitano le prime squadre che si precipitano a sirene spiegate verso la colonna di fumo sempre più grande. Ci vogliono 7 minuti perché le autopompe arrivino sul posto, le fiamme sono alte ma nessuno ha la reale percezione di quello sta per succedere. Mentre tutti sono concentrati sul fuoco che sta divampando all’esterno, l’interno degli scompartimenti e soprattutto di quello principale largo 2,45 metri, lungo 6,10 e alto 9,20 contenente 30 tonnellate di materiale si sta scaldando con una velocità impressionante. Le fiamme che non si fermano, il legno della struttura e le botole di aerazione sulla copertura che stanno facendo affluire ossigeno all’interno della stecca stanno trasformando il Nitrato d’Ammonio in una bomba ad orologeria. Mentre i pompieri cercano di abbassare la temperatura scaricando sulle fiamme centinaia di litri d’acqua al secondo, la pressione all’interno dello scompartimento principale è cresciuta in maniera esponenziale. Sono le ore 19:50, la temperatura raggiunge i 2.000 gradi centigradi superando la soglia critica, una parte del Nitrato d’Ammonio esplode con una velocità di 2.500 metri al secondo attivando una reazione a catena che innesca l’intero scompartimento. Mentre vicino alle cisterne 10 vigili del fuoco sono alle prese con fiamme alte 8 metri e 3 volontari del soccorso cercano di mettere in salvo gli ultimi due residenti da una delle unità abitative di un complesso di 50 appartamenti poco lontano, l’impianto salta in aria inghiottito da una sfera di 27 milioni di litri di gas ad alta pressione. Con una potenza di 12 tonnellate di Trinitrotoluene, l’esplosivo preparato la prima volta nel 1863 dal chimico tedesco Julius Wilbrand, l’esplosione cancella la West Fertilizer Co.. Un’onda d’urto mostruosa appiattisce la fabbrica, i sili, le strutture di servizio, schiaccia le cisterne e prosegue con una forza tale da impattare sul terrapieno della ferrovia e deformare sia i binari della linea commerciale che quelli dello scambio industriale, sollevando per 2 metri, rovesciando su un lato e aprendo come un barattolo un vagone merci contenente 100 tonnellate di Nitrato d’Ammonio che si riversano sul terreno e per puro caso non si innescano. La United States Geological Survey registra l'esplosione come una scossa di magnitudo 2,1 della scala Richter. Ad Hillsboro, Waxahachie, DeSoto, Arlington, la terra trema. Ad Abbot, 11 chilometri a nord-ovest, saltano i vetri. Dopo aver disintegrato l’impianto e trasformato la lastra di calcestruzzo in proiettili delle dimensioni di 50 centimetri e del peso di 400 chilogrammi sparati alla velocità di 600 chilometri orari, l’onda di sovrappressione accelera vaporizzando i parchi giochi e investendo lo stabile di 50 appartamenti a 46 metri in direzione ovest. Il caseggiato viene completamente spogliato delle facciate, la forza dell’esplosione lo sbriciola lasciando in piedi solo lo scheletro. Soccorritori e residenti vengono sorpresi durante la fuga, i loro corpi sono fatti a pezzi e catapultati a decine di metri. Dopo aver raso al suolo la stecca di appartamenti l’onda d’urto raggiunge il distretto scolastico, la struttura in calcestruzzo armato ed elementi prefabbricati della West Intermediate School viene squassata, i solai si deformano e i muri si aprono, le aule sono attraversate da una tempesta che fa volare gli arredi, saltare le finestre e piegare gli elementi in acciaio facendo collassare la copertura della palestra e della caffetteria. Alla West Middle School le facciate in mattoni, le finestre, le porte e i controsoffitti non reggono l’urto ed escono dal proprio asse. Ma è la West High School con la sua struttura in calcestruzzo armato e acciaio ad incassare pesantemente l’onda di sovrappressione. La prima ad essere colpita è l'ala nord, l'area delle attività. Le due palestre, le due sale pesi e lo spogliatoio di atletica leggera sono devastate. Nell’ala sud, le aule e la grande sala conferenze subiscono i danni maggiori assieme all’atrio, agli uffici amministrativi, alla zona comune, alla biblioteca, alla cucina e all’auditorium, col crollo dei soffitti, l’apertura delle murature e l’esplosione degli elementi strutturali. È un disastro. Dopo una corsa di 450 metri l’esplosione si abbatte prima sulla casa di cura West Rest Haven con all’interno 135 ospiti, dove la facciata in mattoni e le capriate in legno di copertura non resistono all’impatto crollando assieme a parte del tetto, poi sulla Emergency Medical Service, in cui i bulloni dei pannelli in laminato e della travatura in acciaio si spezzano incurvando la struttura verso l’interno, e infine sulla West Administration Building, dove termina la sua furia impattando sul muro perimetrale e sui vetri antisfondamento incrinandoli pesantemente. Attorno, le unità residenziali vengono martoriate una ad una, l’onda pressoria le passa da parte a parte distruggendole, di alcune non resta in piedi niente, perfino le fondazioni sono strappate dal terreno come radici al passaggio di un ciclone. Per 17 isolati, di 700 abitazioni l’onda di sovrappressione ne trapassa 348, 142 vengono completamente distrutte, 78 perdono le finestre, le porte, parte del tetto e delle pareti che si rovesciano nei giardini, 128 sono crivellate da migliaia di schegge di ferro e calcestruzzo. Un gigantesco fungo grigio si alza sopra il centro abitato lasciando sotto di esso un cratere di 28,3 metri di diametro e 3,6 metri di profondità, 15 morti e 267 feriti. Contusioni, lacerazioni, traumi penetranti, traumi cerebrali, lesioni agli occhi e ai timpani, non c’è un angolo della città in cui non si senta urlare e piangere, l’esplosione ha colto tutti di sorpresa. In pochi secondi West brucia, una tempesta di fuoco inghiotte le case con dentro decine di persone ancora intrappolate sotto le macerie. Arrivano le squadre di soccorso, lo scenario che si apre agli occhi degli operatori è quello di un bombardamento, in un raggio di 500 metri qualsiasi cosa porta i segni del disastro e non c’è tempo da perdere, bisogna fare in fretta perché ogni minuto è prezioso. Mentre i Vigili del Fuoco si organizzano per passare al setaccio casa per casa viene dato l’ordine di interrompere l’erogazione del gas per evitare esplosioni isolate. L’operazione di evacuazione per i 2.800 residenti è iniziata, ci vorrà tutta la notte, gli sfollati e i feriti meno gravi saranno condotti nell’ospedale da campo appena allestito nel vicino impianto di football. Tra i paramedici c’è anche Bryce Reed, è stato tra i primi ad arrivare e ora è fuori dalla tenda, sul piazzale, tra le barelle che osserva in cielo la nube tossica che continua a salire.

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