01 dicembre, 2018

Johannesburg, Stazione ferroviaria, 19 febbraio 1896


TIPOLOGIA: incidente
CAUSE: errore umano
DATA:
19 febbraio 1896
STATO:
Sudafrica
LUOGO:
Johannesburg, stazione ferroviaria
MORTI: 78
FERITI:
236

Analisi e ricostruzione a cura di Luigi Sistu

Nel 1896 Johannesburg è una giovane città mineraria. Mentre gli uomini sono chiusi tutto il giorno all’interno di cave e miniere, le donne restano a casa a badare ai figli e occuparsi delle faccende domestiche. È il 19 febbraio 1896 e un treno merci con un 8 container carichi di Dinamite e detonatori chiusi in 2.300 casse di legno del peso di 28 chilogrammi ciascuna per un complessivo di 64.400 chilogrammi, si trova in stallo da 4 giorni su un binario morto nella stazione ferroviaria del sobborgo di Braamfontein. Nel primo vagone sono stipati i detonatori, i tubetti di stagno destinati ad essere utilizzati con la miccia a lenta combustione, un cordone di canapa catramata con un’anima di polvere nera brevettata il 6 settembre 1836 da William Bickford. Inventati dal chimico e ingegnere svedese Alfred Nobel nel 1867, i detonatori hanno al loro interno il fulminato di mercurio, un esplosivo primario sensibilissimo agli urti e al calore, sintetizzato già nel XVII secolo e perfezionato nel 1799 dal chimico inglese Edward Howard. Negli altri 7 container è invece stipata la Dinamite, esplosivo a base inerte confezionato in cartucce potentissimo e rivoluzionario, sono infatti gli anni in cui il brevetto di Nobel è ancora giovane e in via di perfezionamento. Si tratta del primo trattamento della Nitroglicerina sintetizzata dal chimico e medico italiano Ascanio Sobrero nel 1847 dalla Nitrocellulosa, scoperta a sua volta da Christian Friedrich Schönbein nel 1846, poi miscelata con sostanze assorbenti e infiammabili a base di farina di roccia silicea sedimentaria di origine organica e una leggera quantità di carbonato di sodio al fine di ottenere un composto granulare stabile. Le casse di esplosivo contenute nei container sono destinate alle miniere della zona ma i depositi, quelli che in gergo vengono chiamati “riservette”, sono ancora al limite massimo di carico. È per questo motivo che il treno è ancora lì, e la scelta di lasciare provvisoriamente il convoglio fermo sul raccordo per alcuni giorni sotto il sole di febbraio, il sole più caldo a Johannesburg, fino a quando non verrà creato nelle riservette lo spazio sufficiente per l’immagazzinamento del carico, verrà pagata a caro prezzo. Sono le ore 15:00, mentre attorno alla stazione la vita nei distretti densamente popolati di Brickfields, Forsdburg e nella "Malay location" sta proseguendo senza sosta nel suo disordinato corso, nei pressi del binario morto gli operari sono alle prese con le iniziali e delicate fasi dello scarico. Ignorando completamente i protocolli di sicurezza in tema di merci pericolose, nessuno si è preoccupato dell’eccessivo calore diretto, della ventilazione dei vagoni, del controllo degli imballaggi e dell’integrità del materiale che sottoposto per 96 ore a temperature ben al di sopra del limite consentito, si sta deteriorando con una velocità impressionante. Il Fulminato di Mercurio all’interno dei detonatori è diventato instabile, così la Nitroglicerina all’interno dei candelotti di Dinamite che separandosi dalla farina fossile è trasudata dagli involucri diventando pericolosamente sensibile. Il treno è diventato il contenitore di una bomba ad orologeria da 65 tonnellate. Poco lontano dalla stazione, nel Fordsburg, la signora Van Der Merwe è in piedi sulla soglia di casa intenta ad allattare il figlio più piccolo mentre l’altro è dietro di lei, con una mano le tira la gonna e con l’altra le stringe il polso, piange, vuole uscire a giocare. Alla porta accanto la vicina sta cucendo a macchina all'ombra del porticato sulla via dove l’incessante chiacchierare delle massaie fa da cornice alla vita cittadina. Nella Government Square, in una delle aule del tribunale il Giudice si è appena seduto, i presenti sono in silenzio, l’imputato ha la bibbia in mano sorrettagli da un funzionario. Alla Marist Brothers School una classe sta facendo lezione nella nuova palestra, alcuni studenti stanno utilizzano gli attrezzi per la ginnastica mentre altri giocano con la palla. Due chilometri più lontano, un operaio sta scavando delle buche per i nuovi alberi da piantare nel viale, il piccolo Jacky Hammond lo imita, anche lui affonda la pala del prato nel giardino di casa nel sobborgo di Doornfontein. Da grande vuole fare il minatore, diventare grande e forte come suo padre e poter badare alla famiglia. Nel frattempo, sulle rotaie della stazione ferroviaria un deviatore portato sul posto per agganciare i vagoni merci e rimorchiarli in una zona sicura, si sta muovendo lungo la linea, ma è troppo veloce e il contenuto delle carrozze non può sopportare sobbalzi improvvisi. Sono le ore 15:16, il macchinista affronta con troppa leggerezza l’ingresso al binario, un momento di distrazione e la motrice di smistamento non rallenta in tempo. Il carrello esce dalla rotaia e il primo vagone viene urtato violentemente, lo scossone che l’intero convoglio subisce tanto basta ad innescare l’interno del container di ferro che detona con una velocità di 7.400 metri al secondo. Tutti i vagoni saltano in aria, una sfera di 462 milioni di litri di gas ad una temperatura di 4.200 gradi centigradi inghiotte il sobborgo industriale. L'esplosione è così forte che viene sentita a Klerksdorp, a 242 chilometri di distanza. Sotto quello che lo scrittore Hedley Chilvers descrive come "una grande nuvola nera e oro che si alza come un gigantesco fungo nel blu", risucchiando verso l’alto terra, roccia e milioni di pezzi di legno e metallo, Braamfontein viene raso al suolo. La stazione viene cancellata, i binari di ferro sono spinti in aria e rigirati, i depositi sono appiattiti assieme alle strutture del personale. Le locomotive sono sbalzate a 30 metri da terra, alcune rovesciate, altre fatte a pezzi, le caldaie volano per centinaia di metri mentre le ruote sono sparate ad altezza uomo alla velocità di 600 chilometri orari. Dopo aver distrutto il nodo ferroviario, l’onda di sovrappressione si abbatte sul centro abitato. 1.500 case spariscono, ogni finestra, ogni vetrina del centro di Johannesburg finisce in pezzi. Il calore è immenso, tutto brucia e ridotto in macerie. Gli animali vengono fusi con le persone, donne, bambini, anziani, sono sfigurati dal fuoco, accartocciati, rivoltati, inceneriti e disintegrati con decine di cavalli e asini dal passaggio dell’onda distruttiva che continua a propagarsi per 10 chilometri. Nel tribunale il pavimento trema, uno degli enormi lampadari di vetro si stacca dal soffitto schiantandosi sulla panca dell’imputato mentre il ruggito dell'esplosione irrompe nell’aula frantumando le finestre e scuotendo l'edificio. Alla Marist Brothers School la palestra semplicemente sparisce. Poco distante, l’operaio intento a scavare la trincea per la nuova via alberata mette fuori la testa per capire cosa stia succedendo, l’asse di uno dei vagoni arriva sulla via a 500 chilometri orari portandogli via la testa. Nel sobborgo di Doornfontein, anche il piccolo Jacky Hammond è nella sua buca, vuole trovare l’oro prima di suo padre, mentre infila la vanga in profondità la terra trema. Guardando con stupore il buco allargarsi sotto i piedi, terrorizzato per essere arrivato all’Inferno si arrampica sulla parete per correre da sua madre. L’onda d’urto raggiunge la casa. Il terreno si apre, gli alberi si piegano, la proprietà viene schiacciata. Nel Fordsburg la signora Van Der Merwe viene sorpresa sull’uscio di casa, il suo corpo è scaraventato contro la scala mentre la casa viene scoperchiata. Dopo il tuono cala il silenzio, ancora sveglia e frastornata guarda le sua gambe spezzate in avanti. Il braccio sinistro non c’è più, il destro completamente aperto ancora sorregge quello che resta di un bambino attaccato al seno. Il suo ultimo momento di lucidità prima di morire è uno sguardo disperato in ricerca del secondo figlio, sparito, trascinato in quel vortice rovente che ha le portato via tutto. Accanto, la ruota ammaccata della macchina da cucire che si muove ancora è tutto ciò che rimane dell’appartamento della vicina. Fuori qualcuno cammina tra per la strade con aria confusa, spaesata, pensa al bombardamento dei gasdotti da parte dei boeri, la devastazione è massima, il sobborgo di Braamfontein è quasi del tutto cancellato. Il passaggio dell’onda di sovrappressione è segnato da una coltre di polvere alta 10 metri. Dove pochi minuti prima c’erano case, negozi, magazzini, ora ci sono fogli sparsi di lamiera ondulata, vetri frantumati, pile di legname e cumuli di macerie, intere coperture sollevate e lasciate cadere disordinatamente a centinaia di metri dalle case che prima coprivano. 236 figure coperte di polvere vagano tra le macerie, solo i morti giacciono immobili e silenziosi. La Braamfontein Station non c’è più, un cratere di 60 metri di lunghezza, 39 metri di larghezza e 8 metri di profondità ha preso il suo posto, grande abbastanza per inghiottire una grossa nave. I binari sono contorti verso l'alto, di treni, camion, carri, muli, operai, non c'è traccia. A perdita d’occhio ci sono solo resti sparsi di case in rovina, di mezzi di trasporto, di arnesi da carico, di parti di corpi che prima erano qualcosa o qualcuno. A 4 chilometri di distanza invece la gente è morta senza un graffio, uccisa dallo spappolamento degli organi interni dovuto all’onda d’urto che viaggiava a 1.000 metri al secondo. Un gruppo di bambini giace a terra in un cerchio, investiti mentre facevano un gioco da tavolo, poco distante una donna è seduta su un gradino, il suo corpo è appoggiato al muro, ha la bocca aperta, le mancano gli occhi. Timidamente, qualcuno comincia ad avvicinarsi alla base del fungo nero e rosso che continua a salire per centinaia di metri sopra la stazione, o quello che ne resta. Pochi minuti e uno dopo l’altro si trovano a sprofondare nella terra fino alle caviglie, come se tutto il terreno entro 150 metri da quel buco fumante sia stato rivoltato da un aratro rapido e invisibile. Poi, in piedi sul bordo della fossa, rimangono impietriti davanti all’orrore: frammenti spezzati di legno e ferro, roccia e macchinari sono impastati in modo inestricabile con pezzi di carne mutilati, piegati e carbonizzati in uno stato in cui è quasi impossibile riconoscere il bianco dal nero, l'umano dall’animale. C’è una cosa che molti non dimenticheranno, ed è la testa di un uomo in bilico su una cassa di metallo, si può vedere la luce del giorno attraverso le narici, il cranio e il cervello sono scomparsi. Due ragazzi la prendono e con delicatezza la posano per terra per coprirla con una maglietta. Attorno non esiste quasi più niente che abbia un tetto, solo il Wanderers Club è sopravvissuto e verrà trasformato in infermeria, la pista di pattinaggio invece in camera mortuaria. 78 corpi verranno raccolti ma quattro pianali di arti lasceranno il dubbio sul numero esatto dei morti, vittime della più grande esplosione accidentale della storia del Sud Africa.

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