TIPOLOGIA: incidente
CAUSE: errore umano
DATA: 19 febbraio 1896
STATO: Sudafrica
LUOGO: Johannesburg, stazione ferroviaria
MORTI: 78
FERITI: 236
Analisi e ricostruzione a cura di Luigi Sistu
Nel 1896 Johannesburg è una giovane città mineraria. Mentre gli uomini sono
chiusi tutto il giorno all’interno di cave e miniere, le donne restano a casa a
badare ai figli e occuparsi delle faccende domestiche. È il 19 febbraio 1896 e un
treno merci con un 8 container carichi di Dinamite e detonatori chiusi in 2.300
casse di legno del peso di 28 chilogrammi ciascuna per un complessivo di 64.400
chilogrammi, si trova in stallo da 4 giorni su un binario morto nella stazione
ferroviaria del sobborgo di Braamfontein. Nel primo vagone sono stipati i
detonatori, i tubetti di stagno destinati ad essere utilizzati con la miccia a
lenta combustione, un cordone di canapa catramata con un’anima di polvere nera
brevettata il 6 settembre 1836 da William Bickford. Inventati dal chimico e
ingegnere svedese Alfred Nobel nel 1867, i detonatori hanno al loro interno il
fulminato di mercurio, un esplosivo primario sensibilissimo agli urti e al
calore, sintetizzato già nel XVII secolo e perfezionato nel 1799 dal
chimico inglese Edward Howard. Negli altri 7 container è invece stipata la
Dinamite, esplosivo a base inerte confezionato in cartucce potentissimo e
rivoluzionario, sono infatti gli anni in cui il brevetto di Nobel è ancora
giovane e in via di perfezionamento. Si tratta del primo trattamento della Nitroglicerina
sintetizzata dal chimico e medico italiano Ascanio Sobrero nel 1847 dalla
Nitrocellulosa, scoperta a sua volta da Christian Friedrich Schönbein nel 1846,
poi miscelata con sostanze assorbenti e infiammabili a base di farina di roccia
silicea sedimentaria di origine organica e una leggera quantità di carbonato di
sodio al fine di ottenere un composto granulare stabile. Le casse di esplosivo
contenute nei container sono destinate alle miniere della zona ma i depositi,
quelli che in gergo vengono chiamati “riservette”, sono ancora al limite
massimo di carico. È per questo motivo che il treno è ancora lì, e la scelta di
lasciare provvisoriamente il convoglio fermo sul raccordo per alcuni giorni sotto
il sole di febbraio, il sole più caldo a Johannesburg, fino a quando non verrà
creato nelle riservette lo spazio sufficiente per l’immagazzinamento del
carico, verrà pagata a caro prezzo. Sono le ore 15:00, mentre attorno alla
stazione la vita nei distretti densamente popolati di Brickfields, Forsdburg e
nella "Malay location" sta proseguendo senza sosta nel suo
disordinato corso, nei pressi del binario morto gli operari sono alle prese con
le iniziali e delicate fasi dello scarico. Ignorando completamente i protocolli
di sicurezza in tema di merci pericolose, nessuno si è preoccupato dell’eccessivo
calore diretto, della ventilazione dei vagoni, del controllo degli imballaggi e
dell’integrità del materiale che sottoposto per 96 ore a temperature ben al di
sopra del limite consentito, si sta deteriorando con una velocità impressionante.
Il Fulminato di Mercurio all’interno dei detonatori è diventato instabile, così
la Nitroglicerina all’interno dei candelotti di Dinamite che separandosi dalla
farina fossile è trasudata dagli involucri diventando pericolosamente
sensibile. Il treno è diventato il contenitore di una bomba ad orologeria da 65
tonnellate. Poco lontano dalla stazione, nel Fordsburg, la signora Van Der
Merwe è in piedi sulla soglia di casa intenta ad allattare il figlio più
piccolo mentre l’altro è dietro di lei, con una mano le tira la gonna e con
l’altra le stringe il polso, piange, vuole uscire a giocare. Alla porta accanto
la vicina sta cucendo a macchina all'ombra del porticato sulla via dove
l’incessante chiacchierare delle massaie fa da cornice alla vita cittadina.
Nella Government Square, in una delle aule del tribunale il Giudice si è appena
seduto, i presenti sono in silenzio, l’imputato ha la bibbia in mano
sorrettagli da un funzionario. Alla Marist Brothers School una classe sta
facendo lezione nella nuova palestra, alcuni studenti stanno utilizzano gli
attrezzi per la ginnastica mentre altri giocano con la palla. Due chilometri
più lontano, un operaio sta scavando delle buche per i nuovi alberi da piantare
nel viale, il piccolo Jacky Hammond lo imita, anche lui affonda la pala del
prato nel giardino di casa nel sobborgo di Doornfontein. Da grande vuole fare
il minatore, diventare grande e forte come suo padre e poter badare alla
famiglia. Nel frattempo, sulle rotaie della stazione ferroviaria un deviatore
portato sul posto per agganciare i vagoni merci e rimorchiarli in una zona
sicura, si sta muovendo lungo la linea, ma è troppo veloce e il contenuto delle
carrozze non può sopportare sobbalzi improvvisi. Sono le ore 15:16, il
macchinista affronta con troppa leggerezza l’ingresso al binario, un momento di
distrazione e la motrice di smistamento non rallenta in tempo. Il carrello esce
dalla rotaia e il primo vagone viene urtato violentemente, lo scossone che
l’intero convoglio subisce tanto basta ad innescare l’interno del container di
ferro che detona con una velocità di 7.400 metri al secondo. Tutti i vagoni
saltano in aria, una sfera di 462 milioni di litri di gas ad una temperatura di
4.200 gradi centigradi inghiotte il sobborgo industriale. L'esplosione è così
forte che viene sentita a Klerksdorp, a 242 chilometri di distanza. Sotto
quello che lo scrittore Hedley Chilvers descrive come "una grande nuvola
nera e oro che si alza come un gigantesco fungo nel blu", risucchiando
verso l’alto terra, roccia e milioni di pezzi di legno e metallo, Braamfontein
viene raso al suolo. La stazione viene cancellata, i binari di ferro sono
spinti in aria e rigirati, i depositi sono appiattiti assieme alle strutture
del personale. Le locomotive sono sbalzate a 30 metri da terra, alcune rovesciate,
altre fatte a pezzi, le caldaie volano per centinaia di metri mentre le ruote
sono sparate ad altezza uomo alla velocità di 600 chilometri orari. Dopo aver
distrutto il nodo ferroviario, l’onda di sovrappressione si abbatte sul centro
abitato. 1.500 case spariscono, ogni finestra, ogni vetrina del centro di
Johannesburg finisce in pezzi. Il calore è immenso, tutto brucia e ridotto in
macerie. Gli animali vengono fusi con le persone, donne, bambini, anziani, sono
sfigurati dal fuoco, accartocciati, rivoltati, inceneriti e disintegrati con
decine di cavalli e asini dal passaggio dell’onda distruttiva che continua a
propagarsi per 10 chilometri. Nel tribunale il pavimento trema, uno degli
enormi lampadari di vetro si stacca dal soffitto schiantandosi sulla panca
dell’imputato mentre il ruggito dell'esplosione irrompe nell’aula frantumando
le finestre e scuotendo l'edificio. Alla Marist Brothers School la palestra
semplicemente sparisce. Poco distante, l’operaio intento a scavare la trincea
per la nuova via alberata mette fuori la testa per capire cosa stia succedendo,
l’asse di uno dei vagoni arriva sulla via a 500 chilometri orari portandogli
via la testa. Nel sobborgo di Doornfontein, anche il piccolo Jacky Hammond è
nella sua buca, vuole trovare l’oro prima di suo padre, mentre infila la vanga
in profondità la terra trema. Guardando con stupore il buco allargarsi sotto i
piedi, terrorizzato per essere arrivato all’Inferno si arrampica sulla parete
per correre da sua madre. L’onda d’urto raggiunge la casa. Il terreno si apre,
gli alberi si piegano, la proprietà viene schiacciata. Nel Fordsburg la signora
Van Der Merwe viene sorpresa sull’uscio di casa, il suo corpo è scaraventato contro
la scala mentre la casa viene scoperchiata. Dopo il tuono cala il silenzio,
ancora sveglia e frastornata guarda le sua gambe spezzate in avanti. Il braccio
sinistro non c’è più, il destro completamente aperto ancora sorregge quello che
resta di un bambino attaccato al seno. Il suo ultimo momento di lucidità prima
di morire è uno sguardo disperato in ricerca del secondo figlio, sparito, trascinato
in quel vortice rovente che ha le portato via tutto. Accanto, la ruota
ammaccata della macchina da cucire che si muove ancora è tutto ciò che rimane
dell’appartamento della vicina. Fuori qualcuno cammina tra per la strade con
aria confusa, spaesata, pensa al bombardamento dei gasdotti da parte dei boeri,
la devastazione è massima, il sobborgo di Braamfontein è quasi del tutto
cancellato. Il passaggio dell’onda di sovrappressione è segnato da una coltre
di polvere alta 10 metri. Dove pochi minuti prima c’erano case, negozi,
magazzini, ora ci sono fogli sparsi di lamiera ondulata, vetri frantumati, pile
di legname e cumuli di macerie, intere coperture sollevate e lasciate cadere
disordinatamente a centinaia di metri dalle case che prima coprivano. 236
figure coperte di polvere vagano tra le macerie, solo i morti giacciono immobili
e silenziosi. La Braamfontein Station non c’è più, un cratere di 60 metri di
lunghezza, 39 metri di larghezza e 8 metri di profondità ha preso il suo posto,
grande abbastanza per inghiottire una grossa nave. I binari sono contorti verso
l'alto, di treni, camion, carri, muli, operai, non c'è traccia. A perdita
d’occhio ci sono solo resti sparsi di case in rovina, di mezzi di trasporto, di
arnesi da carico, di parti di corpi che prima erano qualcosa o qualcuno. A 4
chilometri di distanza invece la gente è morta senza un graffio, uccisa dallo
spappolamento degli organi interni dovuto all’onda d’urto che viaggiava a 1.000
metri al secondo. Un gruppo di bambini giace a terra in un cerchio, investiti
mentre facevano un gioco da tavolo, poco distante una donna è seduta su un
gradino, il suo corpo è appoggiato al muro, ha la bocca aperta, le mancano gli
occhi. Timidamente, qualcuno comincia ad avvicinarsi alla base del fungo nero e
rosso che continua a salire per centinaia di metri sopra la stazione, o quello
che ne resta. Pochi minuti e uno dopo l’altro si trovano a sprofondare nella
terra fino alle caviglie, come se tutto il terreno entro 150 metri da quel buco
fumante sia stato rivoltato da un aratro rapido e invisibile. Poi, in piedi sul
bordo della fossa, rimangono impietriti davanti all’orrore: frammenti spezzati
di legno e ferro, roccia e macchinari sono impastati in modo inestricabile con
pezzi di carne mutilati, piegati e carbonizzati in uno stato in cui è quasi
impossibile riconoscere il bianco dal nero, l'umano dall’animale. C’è una cosa
che molti non dimenticheranno, ed è la testa di un uomo in bilico su una cassa
di metallo, si può vedere la luce del giorno attraverso le narici, il cranio e
il cervello sono scomparsi. Due ragazzi la prendono e con delicatezza la posano
per terra per coprirla con una maglietta. Attorno non esiste quasi più niente
che abbia un tetto, solo il Wanderers Club è sopravvissuto e verrà trasformato
in infermeria, la pista di pattinaggio invece in camera mortuaria. 78 corpi verranno
raccolti ma quattro pianali di arti lasceranno il dubbio sul numero esatto dei
morti, vittime della più grande esplosione accidentale della storia del Sud
Africa.
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