30 aprile, 2019

Brindisi, Istituto Professionale "Morvillo-Falcone", 19 maggio 2012


TIPOLOGIA: attentato
CAUSE: carica occultata
DATA:
19 maggio 2012
STATO: Italia
LUOGO: Brindisi, Istituto Professionale “Francesca Laura Morvillo Falcone”
MORTI:
1
FERITI:
7

Analisi e ricostruzione a cura di Luigi Sistu

Il 19 maggio 2012 a Brindisi è una giornata come tante, davanti all’Istituto Professionale per i servizi Sociali, la moda e il turismo “Francesca Laura Morvillo Falcone” cominciano ad arrivare gli studenti che aspettano di iniziare le lezioni. Sono i più mattinieri, quelli che non abitando a brindisi devono alzarsi molto presto per poter prendere l'autobus. Un gruppo è appena sceso da quello proveniente da Mesagne, un piccolo paese della provincia, culla del barocco leccese e della Sacra Corona Unita, organizzazione criminale di connotazione mafiosa ora mimetizzata nel tessuto imprenditoriale, dove pochi giorni fa il Presidente della Commissione Antiracket Fabio Marini è rimasto coinvolto in un attentato dinamitardo. Ed è proprio il brindisino, che in questi giorni sta assistendo ad una recrudescenza di fatti criminali, ha portato ad un incontro tra le autorità regionali e il Ministro dell'Interno Anna Maria Cancellieri. L’istituto professionale porta un nome importante, la moglie del Giudice Giovanni Falcone, morta con lui nella strage di Capaci, tra quattro giorni è il ventesimo anniversario dell’attentato e sono in programma diverse manifestazioni spontanee contro la mafia e di solidarietà nei confronti della popolazione brindisina anche in molte città della penisola. Ma questa mattina davanti alla scuola c’è qualcosa di diverso, c’è un bidone per la raccolta differenziata che non ci dovrebbe essere, è stato messo poche ore prima, intorno alla 01:30. In piena notte, dopo alcuni giri di controllo e proveniente dalle parti del tribunale, da una Fiat Punto bianca parcheggiata a bordo strada in via Palmiro Togliatti è sceso un uomo, ha scaricato dal vano portabagagli il bidone della spazzatura rubato nel paese di San Pietro in Lama, lo ha aperto, ha inserito al suo interno tre grossi contenitori e lo ha trascinato sul marciapiede per tutta la via fino a svoltare verso la scuola, una posizione scelta con cura. Andato via dopo averlo lasciato sul marciapiede, è tornato sul posto quando la città iniziava a svegliarsi e a bordo questa volta a di una Hyundai Sonica, ha ripercorso lo stesso tragitto fermandosi nei pressi dell’Istituto Professionale. L’uomo si chiama Giovanni Vantaggiato, ha 68 anni, è sposato, è padre di due figlie, lavora come commerciante di carburanti agricoli ed è proprietario di un deposito di carburanti a Copertino, in provincia di Lecce. Indossa una giacca scura, pantaloni chiari e scarpe da ginnastica, ha parcheggiato in via Oberdan e camminato a piedi fino ad un chiosco di giornali a qualche decina di metri dall’istituto. Ora si muove nervosamente avanti indietro frugandosi le tasche e affacciandosi con regolarità per controllare che la visuale sia libera. Torna alla macchina, ma non prima di un ultimo giro di perlustrazione, ha tutto sotto controllo: le persone che camminano, le auto in sosta, quelle in movimento, e il bidone per la raccolta differenziata che ha trascinato nella notte dietro il sostegno di un grande tabellone pubblicitario adiacente un muretto poco fuori dell’istituto. Al suo interno, tre bombole di GPL occultate nella spazzatura. Nessuno si è accorto di quel bidone troppo vicino al cancello, nessuno si è accorto delle bombole, e nessuno si è accorto che quelle non sono bombole normali. Quelle che fino a qualche giorno prima erano delle bombole per il trasporto del gas, ora sono tre gusci per Polvere Nera, ognuno contenente 10 chilogrammi di materiale esplodente costituito da 74,65% di nitrato di potassio, 13,50% di carbone e 11,85% di zolfo, ricetta arrivata fino ai giorni nostri grazie al monaco e scienziato Ruggero Bacone nel 1249 modificando quella comparsa per la prima volta in un'opera di Wu Ching Toung Yao nel 1044. Ogni guscio è innescato elettricamente e azionato a distanza, e ora sono lì, a pochi metri dai primi studenti che chiacchierano e aspettano l’apertura dei cancelli. Le bombole contenenti l’esplosivo deflagrante sono chiuse ermeticamente e armate tramite un circuito d’innesco molto semplice: ad una centralina ricevente è collegata una batteria dalla quale si diramano tre coppie di fili elettrici avvolti intorno alla resistenza di tre lampadine da 12 volt a cui è stato tolto il vetro di copertura per poi essere annegate nella polvere. È un sistema tanto semplice quanto efficace. Il materiale è stato comprato in momenti separati per non attirare l’attenzione: la Polvere Nera in armerie diverse, i cavi elettrici in ferramenta, il telecomando e la centralina da un impiantista scelto sulle Pagine Gialle in un paese tra Copertino e Maglie, la batteria invece dalla ditta Greco sulla via per Nardò. Con perizia maniacale nell’assemblaggio, Vantaggiato ha preferito non utilizzare esplosivi ad alto potenziale in quanto hanno bisogno di detonatori e altri componenti più complessi che avrebbero richiesto una maggiore professionalità e il ricorso a fornitori di materiale professionale soggetti a controllo delle autorità. È arrabbiato, lucido, vuole giustizia, la sua giustizia, quella che il Tribunale di Brindisi gli ha negato. La rabbia accumulata negli anni nei confronti di una giustizia inefficiente che non l’ha tutelato abbastanza nel caso del processo contro Cosimo Parato, suo ex socio, lo ha logorato tanto da cercare di ucciderlo con un primo tentativo il 5 febbraio del 2008 con scarsi risultati a causa di un malfunzionamento del telecomando, e 21 giorni dopo con una pipe-bomb comandata a distanza. Il piccolo dispositivo esplosivo portatile ben sigillato in grado di moltiplicare esponenzialmente i gas in rapida espansione al suo interno e celato nel telaio di una bicicletta collocata nel piazzale del condominio dove viveva, nel secondo tentativo ha funzionato perfettamente ferendolo gravemente. Ed è proprio per questo motivo che Vantaggiato ha scelto come obiettivo per la sua vendetta la scuola Morvillo-Falcone, sia per il valore storico-politico del nome dell’istituto, sia per la vicinanza al tribunale, a poco più di 100 metri, designato come target primario ma subito sostituito per la massiccia presenza di telecamere. Arrabbiato per una partita non pagata da 342 mila euro di carburante di cui era stata anni addietro vittima l'azienda della moglie, già sotto accusa per tentato omicidio nei confronti del presunto truffatore, Vantaggiato ha escogitato un evento eclatante al fine di rendere pubblica la sua storia. Maturato un profondo rancore verso lo Stato incapace di assicurargli giustizia nei processi dove era parte lesa, e aggravato dall'idea, risultata poi infondata, del coinvolgimento di un maresciallo dei Carabinieri, ha deciso di vendicarsi colpendo una scuola. E proprio questa mattina, alle ore 07:42, ritornato al chiosco di giornali e nascostosi dietro l’angolo, estrae il telecomando dalla tasca. È freddo ma prudente. Si guarda intorno un’ultima volta e preme il pulsante di quella che non è altro che la versione più grande e perfezionata della pipe-bomb utilizzata il 24 febbraio del 2008. Il congegno è innescato, Vantaggiato si allontana, sale in macchina per dirigersi verso casa dove nel tragitto getterà il telecomando fuori dal finestrino. Davanti all’Istituto Professionale intanto la centralina ha ricevuto il segnale chiudendo il circuito, la batteria fornisce la corrente necessaria per arroventare le resistenze che incendiano la Polvere Nera sensibilissima al calore. All’interno di ogni bombola i gas si riscaldano, si espandono rapidamente verso l'esterno generando altissima temperatura e pressione sufficiente da superare la resistenza del rivestimento metallico e imprimendo la stessa velocità di reazione all'involucro. Il congegno artigianale, a causa di una discrepanza temporale nelle reazioni d’innesco, esplode in due distinte e violentissime deflagrazioni che si espandono con una velocità di 1.400 metri al secondo. Le due onde d’urto ravvicinate, quasi fuse in una unica sfera di fuoco di 2.700 gradi centigradi, squarciano l’aria seminando terrore e morte. In una frazione di secondo un gruppo di studentesse vengono raggiunte e scaraventate a terra. Una nuvola bianca riempie l’aria mentre schegge roventi e impazzite investono e attraversano corpi e oggetti. La nuvola calda si dirada in pochi attimi verso l’alto lasciando a terra detriti, libri bruciati, vetri rotti. Melissa Bassi 16 anni, studentessa al terzo anno, studiava moda, il suo sogno era quello di poter diventare un giorno, una grande stilista. Tutte le mattine si alzava all'alba per poter prendere l'autobus che l'avrebbe portata a scuola. I sogni di melissa sono stati spazzati via in meno di un secondo. Il suo corpo, bruciato e martoriato, è riverso a terra. Il suo braccio, strappato via dalla violenza dell’esplosione, è a poche decine di metri dal corpo, vicino ad altre sette compagne di scuola che cercano di rialzarsi, frastornate, doloranti e ustionate perché raggiunte dal calore, dai frammenti metallici degli involucri dell’ordigno e dagli oggetti investiti e trasformati a loro volta in proiettili sparati a velocità subsonica. Pochi secondi e lo shock lascia spazio alle grida, lo sgomento lascia spazia alle lacrime. Davanti alla scuola, dove prima c’era il bidone per la raccolta differenziata, ora non resta che un’ombra nera.

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01 aprile, 2019

New York, World Trade Center, 26 febbraio 1993


TIPOLOGIA: attentato
CAUSE: camion bomba
DATA:
26 febbraio 1993
STATO: New York
LUOGO:
New York, World Trade Center
MORTI:
6
FERITI: 1.042

Analisi e ricostruzione a cura di Luigi Sistu

“Se essere terrorista significa riscattare la mia terra e combattere contro chi ha attaccato me e i miei cari, non ho niente in contrario ad essere chiamato terrorista”. È il 1993, il 26 febbraio, Ramzī Aḥmad Yūsuf osserva impassibile dal sedile passeggero di un furgone la vita caotica dell’isola di Manhattan. Il traffico, il via vai di persone, i serpentoni di taxi che si incrociano lungo le vie intasate di una frenetica New York. Ha 25 anni, è molto lontano da casa. Nato in Kuwait e noto come Abdul Basit Mahmoud Abdul Karim, ha almeno un’altra quarantina di pseudonimi, è considerato dalla CIA, la Central Intelligence Agency americana, uno dei massimi esperti nella costruzione di ordigni esplosivi. Ha studiato ingegneria elettrotecnica ad Oxford, preparazione che gli è servita da punto di partenza per la sua carriera di esplosivista nei campi di addestramento mujaheddin nel 1988 in un Afghanistan invaso dai sovietici durante l’occupazione della guerra russo-afghana, anno in cui era nata al-Qaida, movimento fondamentalista islamista sunnita paramilitare terroristico guidato dal miliardario saudita Osāma bin Lāden, 17esimo dei 57 figli dell’immobiliarista yemenita Mohammed bin Awad bin Lāden, avvalso della guida ideologica di Ayman al-Zawāhirī, scrittore, poeta e medico de Il Cairo appartenente ad una famiglia di dotti religiosi e di magistrati, bin Lāden aveva deciso di utilizzare soldi e macchinari della propria impresa di costruzioni per aiutare la resistenza dei mujaheddin durante l’invasione. Ed è proprio seguendo la sua dottrina che Ramzī Aḥmad Yūsuf aveva pianificato qui, dopo solo un mese, un attacco contro gli Stati Uniti d’America che scatenasse un eco mediatico talmente grande da non essere più dimenticato. Ambizioso e piuttosto complicato, per la sua realizzazione era stato necessario l’intervento dello zio, Khalid Shaykh Muhammad, 29 anni, un terrorista pakistano conosciuto con almeno 50 pseudonimi e che in futuro sarà ricordato come uno dei principali architetti degli attacchi dell’11 settembre 2001 agli Stati Uniti d’America, che si era mobilitato per fornire i finanziamenti necessari tramite il conto bancario di Mohammed Salameh, un 26enne cisgiordano amico di Yūsuf. Rientrato negli Stati Uniti il 1 settembre del 1992 Yūsuf era partito dal Pakistan assieme ad un altro cisgiordano, Ahmed Ajaj, di 25 anni, compagno di addestramento nei campi dell’Afghanistan, atterrando all’Aeroporto Internazionale John F. Kennedy con un falso passaporto iracheno dove aveva chiesto asilo politico ai funzionari, piano che non era riuscito ad Ahmed Ajaj, messo in stato di fermo perché in possesso di un passaporto svedese, uno saudita, uno giordano, uno britannico, un biglietto aereo a nome di un certo Mohammed Azan, dei manuali per la fabbricazione di bombe, video e materiale sull'assemblaggio di armi ed esplosivi, lettere di riferimento alla sua presenza nei campi di addestramento terroristici, materiale anti-americano e anti-israeliano, istruzioni sulla falsificazione di documenti e due matrici in gomma per l’alterazione del sigillo per i passaporti Sauditi. Trasferitosi a Jersey City, nel New Jersey, Yūsuf aveva iniziato a raccogliere gli elementi per assemblare un dispositivo destinato al futuro obiettivo, il World Trade Center di Manhattan, il complesso di sette edifici simbolo dell’economia occidentale sito nella parte Sud dell'isola di Manhattan, il Lower Manhattan, cuore del distretto finanziario di New York, comprendente uno spazio totale di 1,24 milioni di metri quadrati di uffici e noto in tutto il mondo per la sua gigantesca icona: le Torri Gemelle. La Torre Nord, il WTC1, è un grattacielo di 110 piani alto 417 metri costruito tra il 1966 e il 1970, gemello della Torre Sud, il WTC2, di 110 piani e con un’altezza di 415 metri, costruito tra il 1968 e il 1973 e distinguibile da questo per l’assenza dell’antenna alta 110 metri che lo sormonta. La Chevy Nova del 1978 di proprietà di Mohammed Salameh aveva fatto molti viaggi per trasportare le materie prime nel deposito dove è stata costruita la bomba, ordigno che porta la firma di un costruttore tristemente famoso, Abdul Rahman Yasin, nato nell’Indiana da padre iracheno. Con la collaborazione di Mahmud Abouhalima, 35 anni egiziano, da Nidal Ayyad, 26enne originario del Kuwait laureato in ingegneria chimica e microbiologia alla Rutgers University, e da Khalid Shaykh Muhammad, lo zio di Yūsuf, laureato in ingegneria meccanica alla North Carolina Agricultural and Technical State University, Yasin aveva studiato una carica principale costituita da un nucleo di Nitrato di Urea, un esplosivo ad alto potenziale a base di fertilizzanti ma chimicamente instabile sintetizzato per la prima volta dal chimico tedesco Friedrich Karl Johannes Thiele nel 1899, incamiciandolo in particelle di alluminio, magnesio e ossido di ferro in modo da produrre altissime temperature. Questa, se pure ad alta capacità distruttiva, aveva però bisogno di una carica di spinta, un primer sufficientemente potente e veloce che consentisse alla reazione a catena di attivarsi in modo completo. Per questo motivo i tecnici avevano progettato un secondo congegno formato dall’unione di ulteriori tre cariche più piccole costituite da esplosivi veloci e diversi che sommati tra loro erano andati a creare un booster di enorme potenza. La prima carica, una Gelatina per uso estrattivo, è una Dinamite a base attiva fortemente esplosiva, brevettata dal chimico e ingegnere svedese Alfred Nobel nel 1867 e composta dalla Nitroglicerina sintetizzata dal chimico e medico italiano Ascanio Sobrero nel 1847 dalla Nitrocellulosa, il prodotto scoperto dal chimico tedesco Christian Friedrich Schönbein nel 1846, e miscelata con Nitrocellulosa ad alto contenuto di azoto. La seconda carica, una Polvere Infume, è l’invenzione del chimico francese Paul Marie Eugène Vieille che attraverso la gelatinizzazione della Nitrocellulosa con una miscela di etere ed alcool aveva ottenuto un nuovo tipo di polvere da sparo di tipo propellente completamente diverso dalle altre e in grado di sviluppare un’energia tre volte superiore ma producendo fumi di combustione molto ridotti. La terza carica è invece costituita da Nitrato d’Ammonio ad alta densità, un fertilizzante. Johann Rudolph Glauber, chimico e farmacista tedesco considerato uno dei fondatori della chimica industriale moderna e precursore dell’ingegneria chimica, lo aveva preparato e descritto nel 1659 chiamandolo “nitrum flammans” per via del colore giallo della sua fiamma. A scoprire la sua esplosività era stato il chimico e ingegnere svedese Alfred Nobel nel 1870 e da allora il Nitrato d’Ammonio non è più stato un prodotto esclusivo per l’agricoltura bensì una delle basi per miscele esplosive più richieste al mondo. Assemblate assieme a quest’ultima le prime due cariche erano state poi collegate tra loro con 3 metri di miccia detonante. Questo tipo di miccia esplosiva, erede di quella messa a punto negli stabilimenti David Bickford nel 1914 inserendo un’anima in Pentrite, uno degli esplosivi più potenti preparato per la prima volta nel 1891 dal chimico tedesco Bernhard Tollens, costituisce il sistema d’innesco avviato da un circuito ridondante di 4 detonatori a fuoco. Gli artifizi esplosivi primari diretti discendenti di quello inventato dal chimico e ingegnere svedese Alfred Nobel nel 1867, contengono una piccola quantità di esplosivo secondario, la Pentrite, innescato a sua volta da pochissimo esplosivo primario, l’Azoturo di Piombo, un preparato brevettato dalla Curtis's and Harvey Ltd Explosives Factory nel 1890. Dopo aver unito la carica di spinta a quella principale, al fine di aumentare la potenza della bomba erano stati aggiunti tre serbatoi di idrogeno ciascuno da 40 litri disponendoli con una configurazione radiale. In questo modo la relazione tra loro delle varie sezioni creerà un effetto di tipo “fuel-air” simile come concetto alla “vacuum bomb” comunemente detta “bomba termobarica”. Una volta esploso, durante la fase iniziale l'ordigno disperderà tutto intorno la quantità di idrocarburi che, miscelandosi con l'aria, nella seconda fase prenderà fuoco, una frazione di secondo dopo, innescata dalla carica principale consumando l'ossigeno e con l'effetto finale di creare una depressione molto forte e una violenta corrente d'aria diretta verso il centro della depressione stessa. L’effetto aggiunto alla già demolitrice carica principale sarà una reazione chimica che scatenerà una combustione rapida e violenta tra il combustibile, gli idrocarburi vaporizzati, e il comburente, l'ossigeno atmosferico. Una volta assemblato l’ordigno, all’estremità di ogni detonatore era stata fissata una miccia del tipo a lenta combustione della lunghezza di 6 metri, misura non casuale ma calcolata tendo conto di un tempo minimo di 12 minuti per la fuga. Questo tipo di miccia, studiata per la percorrenza della fiamma di un metro ogni 120 secondi, è la diretta discendente della corda di canapa catramata brevettata il 6 settembre 1836 da William Bickford. È costituita da un cordone di cotone impermeabile con un’anima di Polvere Nera, un esplosivo costituito da 74,65% di nitrato di potassio, 13,50% di carbone e 11,85% di zolfo, ricetta arrivata ai giorni nostri grazie al monaco e scienziato Ruggero Bacone nel 1249 modificando quella comparsa per la prima volta in un'opera di Wu Ching Toung Yao nel 1044. L’ordigno progettato da Mohammed A. Salameh ora si trova nel vano di carico del furgone giallo, un Ford Econoline della Compagnia Ryder noleggiato da Mohammed A. Salameh presso la ditta DIB Leasing di Jersey City, con una capienza del vano di carico di 8,4 metri cubi. Alla guida c’è il 23enne giordano Eyad Ismoil, studente di ingegneria alla  Wichita State University del Kansas contattato un anno fa da Yūsuf e con cui si è trasferito a New York per pianificare l’attacco. Yūsuf dal sedile passeggero gli dice dove andare, Lower Manhattan è a pochi isolati. Dietro di loro, la bomba ha un peso complessivo di 590 chilogrammi e una potenza distruttiva enorme, in grado di decretare l’instabilità statica della Torre Nord provocandone il rovesciamento sulla Torre Sud uccidendo gli occupanti di entrambi gli edifici, di quelli vicini e dei passanti in strada. Tutto questo dopo che il fumo, incanalatosi nella Torre Nord attraverso i condotti dell’aerazione, soffocherà i presenti trattenendoli ai piani costringendoli a cercare ossigeno dalle finestre anziché precipitarsi giù per le scale in un tentativo disperato di fuga. Le perdite in vite umane sono stimate in circa 250.000 unità, un numero altissimo come monito al forte e continuo sostegno americano ad Israele nella Palestina. Questo attentato, seppure studiato per avere esiti disastrosi, è solo l’incipit di un piano ben più ampio, il Progetto Bojinka, una articolata scacchiera di eventi pianificati assieme allo zio Khalid Shaykh Muhammad e all’organizzazione terroristica Abu Sayyaf, un gruppo paramilitare separatista islamico con base alle isole a sud delle Filippine. Il progetto prevede di fare esplodere contemporaneamente sull'Oceano Pacifico 11 aerei di linea della United Airlines, della Delta Airlines e della Northwest Airlines, tre delle maggiori compagnie aeree americane, con una stima di decessi intorno alle 4.000 unità, di eliminare con delle autobomba il Presidente degli Stati Uniti d’America Bill Clinton e il Papa Giovanni Paolo II durante la visita nelle Filippine, e colpire il quartier generale della CIA a Langley, in Virginia, con un piccolo aeroplano imbottito di esplosivo. Sono le ore 12:00 e con la bomba armata nel vano di carico il furgone entra nel garage pubblico sotto il World Trade Center. Yūsuf e Ismoil si fermano al sottolivello B-2 accanto a una macchina il cui proprietario, un uomo d’affari in partenza per un viaggio di lavoro, ha appena chiuso il portabagagli e sta per salire a bordo. All’interno del Ford Econoline le micce sono già accese, l’ordigno è attivo, mancano 8 minuti. Nell’auto accanto, l’uomo è distratto da due figure che si allontanano a passo svelto chiudendosi dietro il portellone posteriore del furgone. C’è qualcosa che non va, dallo specchietto retrovisore nota una leggera nuvola di fumo biancastro fuoriuscire proprio da quel portellone. Incuriosito, spegne il motore, apre lo sportello ma un odore acre di bruciato invade l’abitacolo. Mentre nota con la coda dell’occhio il fumo diventato di colore più intenso, ha appena il tempo di mettere un piede a terra per scendere che pochi metri più indietro, nel cassone dell’Econoline la fiamma della prima miccia arriva al detonatore. L’Azoturo di Piombo innesca la Pentrite che trasferisce l’onda esplosiva alla miccia detonante, la carica primaria di Gelatina-Polvere Infume-Nitrato d’Ammonio permette alla principale di Nitrato di Urea e idrogeno di scatenare la sua furia. Alle ore 12:17 la gigantesca bomba dà il via all’apocalisse. Con una velocità di detonazione di 4.800 metri al secondo nel garage sotterraneo viene generata una pressione di 69 mila chilogrammi per centimetro quadrato. L’aria si incendia, il vetri si liquefanno, le torri tremano. La detonazione produce un’onda d’urto di 16 mila chilometri orari a 6 mila gradi che spazza via il livello B-2 vaporizzando l’uomo all’interno della sua auto, sciogliendo altre 5 persone, accartocciando ogni veicolo e struttura e aprendo un cratere largo 30 metri andando a concentrare la sua forza sull’asse verticale sventrando i quattro solai di calcestruzzo armato dei quattro sottopiani trasformandoli in 4 mila tonnellate di macerie. L’impianto idrico viene distrutto, quello elettrico non esiste più, l’intera Manhattan viene riportata all’età della pietra. Nelle torri una colonna di fumo raggiunge il 93simo piano incanalandosi attraverso il blocco non pressurizzato di scale e ascensori, centinaia sono le persone intrappolate qui dentro. Le strutture stanno ancora oscillando, non crollano, hanno vibrato violentemente ma hanno retto l’impatto dell’esplosione. Per un errore di valutazione il furgone è stato parcheggiato troppo distante dai pilastri in calcestruzzo. Del Ford Econoline non resta praticamente niente, l’unico pezzo sopravvissuto è una porzione del motore conficcato in un muro a 60 metri. All’esterno è il caos, gli allarmi suonano, le ambulanze corrono da una parte all’altra e il piano di evacuazione del complesso è reso difficile dal fumo nero e denso e dalle fiamme che minuto dopo minuto invadono gli ambienti. Mentre gli uomini del New York Fire Department e del New York Police Department sono impegnati a far uscire nel più breve tempo possibile 50 mila persone e 1.042 feriti, c’è chi pensa a un incidente, forse un trasformatore. Ma un trasformatore non provoca questi danni, un trasformatore non avrebbe mai danneggiato anche il Marriott Hotel e gli edifici adiacenti. Tutti guardano il simbolo del potere finanziario ferito, fumante, ma nessuno osa immaginare che qualcun altro a 11 mila chilometri gli ha appena dichiarato guerra, una guerra silenziosa fatta di progetti elaborati, di inganni e di martiri, e questo è solo il preludio di quello che succederà tra qualche anno, l’11 settembre 2001 dove l’America sarà nuovamente attaccata al cuore, ai suoi simboli, ma stavolta raggiungendo lo scopo.

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