01 maggio, 2021

Monaco di Baviera, Bürgerbräukeller, 8 novembre 1939


TIPOLOGIA: attentato
CAUSE: carica occultata
DATA:
8 novembre 1939
STATO: Germania
LUOGO: Monaco di Baviera, Bürgerbräukeller
MORTI:
8
FERITI:
63

Analisi e ricostruzione a cura di Luigi Sistu

È la sera dell’8 novembre 1939 e nella gigantesca sala della birreria Bürgerbräukeller di Monaco di Baviera gli invitati stanno prendendo posto ai tavoli. Il rumore delle sedie, delle posate, il movimento compulsivo dei camerieri ne coprono un altro, ovattato, appena percettibile, quello di un ticchettio all’interno di una nicchia ricavata in uno dei pilastri che sorreggono il ballatoio, esattamente dietro il podio dove tra poco, davanti ad un pubblico di migliaia di persone, parlerà Adolf Hitler. Il suono, che scandisce i secondi uno dopo l’altro, è un ingranaggio in movimento di un marchingegno artigianale, complicato, perfetto, progettato e costruito col solo scopo di porre fine ad una sicura, vicinissima nuova guerra che metterà a ferro e fuoco l’Europa, ancora una volta. Questa si trova sull'orlo di una nuova guerra già dall’autunno dell’anno scorso dove, con un incontro durato due giorni tenutosi il 29 settembre fra i capi di governo di Regno Unito, Francia, Germania e Italia, dove le potenze europee, discutendo in merito alle rivendicazioni tedesche sulla porzione di territorio cecoslovacco abitato dalla popolazione di etnia tedesca dei Sudeti, avevano concluso con un accordo l'annessione alla Germania dei vasti territori della Cecoslovacchia. Dopo il trauma patito con la Grande Guerra, il popolo tedesco è fortemente preoccupato per l'eventualità di un nuovo conflitto e Johann Georg Elser, un attivista, condivide tale comune stato d'ansia dopo che Hitler, diventato Cancelliere del Reich nel 1933, si era trasformato in dittatore col titolo di Führer l’anno dopo. Leader del Partito Nazionalsocialista Tedesco dei Lavoratori, nonché principale ideatore del Nazionalsocialismo, si era conquistato il potere cavalcando l’orgoglio ferito del popolo dopo la sconfitta nella Prima Guerra Mondiale e la grande crisi economica che affliggeva la allora Repubblica di Weimar. Sfruttando la sua abilità oratoria e l’insoddisfazione delle classi medie, aveva presentato un manifesto politico intriso di nazionalismo, anticomunismo e antisemitismo. Alla morte del Presidente Paul von Hindenburg si era attribuito per legge il titolo massimo accentrando nelle sue mani i poteri dello Stato e instaurando un regime dittatoriale, grazie anche a un possente ed efficace programma di ristrutturazione economica e riarmo militare perseguendo una politica estera estremamente aggressiva volta principalmente a espandere il dominio tedesco a spese delle popolazioni dell’Europa Orientale. Riflettendo su come mettere in pratica il proprio piano, Elser si era recato a Monaco l'8 novembre del 1938 per assistere al discorso che il regime proponeva annualmente nell'anniversario del fallito colpo di stato del 1923. Due considerazioni erano state decisive nella scelta del tempo e del luogo per terminare la vita del Führer: sul piano operativo, l'evento era apparso accompagnato da misure di sicurezza piuttosto blande; sul piano emotivo, la concomitanza della Notte dei Cristalli, le interminabili ore di pestaggi, stupri, assassini, saccheggi e devastazioni dove 1.406 sinagoghe e case di preghiera ebraiche erano state date alle fiamme assieme a cimiteri, luoghi di aggregazione della comunità ebraica, negozi e migliaia di case private distrutti. In quella notte, seguendo le direttive di Joseph Goebbels, il Capo della Gestato Heinrish Müller e il Capo della Polizia di Sicurezza Reinhard Heydrich, la polizia non era intervenuta e i Vigili del Fuoco si erano limitati a proteggere le proprietà dei non ebrei. Le inaudite atrocità del Führer platealmente perpetrate su individui inermi avevano convinto Elser che una leadership capace di suscitare tale violenza avrebbe precipitato la Germania in un'altra apocalittica guerra e solo la sua morte avrebbe potuto fermare questa tragica concatenazione di mosse distruttive. Anche se la guerra non sarebbe stata svelata che all'ultimo momento, Elser non aveva dato credito alle dichiarate intenzioni di mantenere la pace; al contrario, nella sua mente si era delineato, mese dopo mese, il proposito di decapitare il nazionalsocialismo assassinandone il leader carismatico in modo plateale. Essendo convinto che una bomba fosse potuta essere l’elemento risolutivo, della costruzione se ne sarebbe occupato lui stesso. Per la costruzione e il funzionamento meccanico aveva attinto dall’esperienza accumulata nel corso degli anni in varie professioni: i due anni di apprendistato come operatore di tornio in fonderia di Königsbronn che aveva abbandonato per motivi di salute, un noviziato come carpentiere fino al 1922 poi perfezionato in Svizzera, falegname per interni nella ditta di Robert Sapper a Königsbronn, poi trasferito in quella di Paul Rieder ad Aalen, in quella Wachter nella piccola comunità di Bernied, vicino a Tettnang e successivamente in una falegnameria di Bottighofen. Dopo essersi occupato anche della modellatura di eliche in legno per la neonata casa costruttrice di aerei Dornier a Friedrichshafen, aveva avuto delle mansioni nelle fabbriche di orologi Schuckmann a Costanza e Rothmund a Meersburg, dove realizza custodie per orologi da parete e da tavolo. Si era sempre sentito un artista nel praticare il suo mestiere, professione mai per denaro ma più per esigenza del creare piccoli pezzi d’arte. Dedicandosi anima e corpo al suo elaborato piano, aveva interrotto ogni relazione con amici e parenti ad eccezione di Johann Lumen, un uomo che aveva conosciuto nel 1938 proprio alla birreria Bürgerbräukeller, il luogo scelto per porre fine alla vita del Führer. L’uso degli esplosivi invece era iniziato con alcuni esperimenti durante un periodo lavorativo nella fabbrica di armamenti Waldenmaier a Heidenheim dove lavorando nel reparto spedizioni aveva avuto accesso a molte parti dell’impianto, compreso il “reparto speciale”, ala degli stabilimenti dedicati alla produzione di micce e detonatori. Qui aveva sistematicamente rubato esplosivo e inneschi nascondendoli in sacchetti nella sua camera da letto. Grazie ai vari esperimenti effettuati nel bosco, in mezzo agli alberi lontano dai centri abitati, aveva preso confidenza coi rudimenti della materia tanto da prendere coscienza della fattibilità del suo progetto e la realizzabilità della macchina a orologeria. Comprendendo di avere necessità di sapere dimensioni del locale dove avrebbe dovuto piazzare la sua macchina, era tornato a Monaco di Baviera soggiornandovi dal 4 al 12 aprile 1939. Lì aveva fatto una serie di sopralluoghi a locale mezzo vuoto dove aveva realizzato l’ubicazione urbanistica e le effettive dimensioni della birreria. Situata nel quartiere Haidhausen, sul lato est del fiume Isar, con ingresso al civico 5 di Rosenheimer Straße e l'accesso da Keller Straße, ovvero sul lato posteriore, Elser aveva messo nero su bianco ciò che aveva visto: la sala, un ampio spazio rettangolare in grado di ospitare fino a 3 mila persone, era veramente enorme, con pilastri indipendenti su entrambi i lati della sala che sostenevano le gallerie ed il tetto. Le pareti portanti ed i pilastri interni, con capitelli classici, erano in muratura intonacata mentre il soffitto decorativo, anch’esso intonacato, era diviso in baie con tre file di lampadari e travi in acciaio che sostenevano la struttura del tetto in legno. Elser aveva bisogno di un potente esplosivo ad alta velocità e ad alto potere dirompente, era riuscito a recuperarlo lavorando temporaneamente nella cava di Vollmer a Königsbronn, dove tra l’aprile e il maggio del 1939 aveva messo da parte una riserva di 105 cartucce di Donarit e 125 detonatori a fuoco e con innesco a percussione. Il Donarit era una Gelatina per uso estrattivo, una Dinamite a base attiva, fortemente esplosiva, brevettata dal chimico e ingegnere svedese Alfred Nobel nel 1867 e composta dalla Nitroglicerina sintetizzata dal chimico e medico italiano Ascanio Sobrero nel 1847 dalla Nitrocellulosa, prodotto scoperto dal chimico tedesco Christian Friedrich Schönbein nel 1846, e miscelata con Nitrocellulosa ad alto contenuto di azoto. I detonatori a fuoco invece si trattavano di artifizi esplosivi primari eredi di quello inventato da Alfred Nobel nel 1867, contenenti una piccola quantità di esplosivo secondario, la Pentrite, uno degli esplosivi più potenti, preparata per la prima volta nel 1891 dal chimico tedesco Bernhard Tollens, e innescato a sua volta da dell’esplosivo primario, il Fulminato di Mercurio, sensibilissimo agli urti e al calore, sintetizzato già nel XVII secolo e perfezionato nel 1799 dal chimico inglese Edward Howard. L’avvio di questi detonatori quindi dell’esplosivo primario, era reso possibile non da una miccia ma da un sistema a percussione costituito da una capsula montata alla base del cilindro metallico che avrebbe scoccato una scintilla grazie all’urto di un percussore rilasciato dallo sgancio di una molla del meccanismo ad orologeria studiato ad hoc. Una volta recuperato il materiale e abbandonato il lavoro alla cava inscenando un incidente, aveva iniziato a progettare il suo capolavoro. Erano stati mesi di incessante studio e progettazione, i tre anni di lavoro nella fabbrica di orologi a Costanza gli erano valsi le preziose conoscenze per la predisposizione di un articolato timer che aveva testato coi vari prototipi della sua invenzione in un frutteto appartato di proprietà dei suoi genitori. Topo l’ultimo test effettuato a luglio, aveva impacchettato l’attrezzatura, la macchina smontata e l’esplosivo, ed era partito per Monaco all’inizio di agosto. Una batteria, i candelotti di Donarit e i detonatori riempivano un finto fondo della sua valigia di legno, il resto dello spazio conteneva i vestiti, gli ingranaggi del congegno e alcuni attrezzi da lavoro. Era arrivato in città il 5 agosto usando il suo vero nome, prendendo una stanza in affitto e diventando un cliente abituale per la cena al ristorante della Bürgerbräukeller per approfondire gli studi poi diventati lavori notturni riuscendo a restare di nascosto all’interno del locale oltre l’orario di chiusura. Per 35 volte aveva lavorato in ginocchio, notte dopo notte, scavando la nicchia nella colonna dietro il podio dove Hitler avrebbe tenuto il discorso nel giorno dell’anniversario, un lavoro difficile, faticoso, snervante, nel buio quasi totale illuminato solo da una piccola torcia offuscata da un fazzoletto blu, sempre attento a non fare troppo rumore. Grazie alla perizia nell’arte della carpenteria, aveva ingegnato, con un pannello di legno, un sistema di chiusura e occultamento della nicchia durante il giorno mentre durante la notte copriva il rumore attendendo l’istante in cui gli scarichi dei bagni vicino all’ingresso si svuotavano automaticamente ogni 10 minuti. Completando il suo lavoro intorno alle tre del mattino, si appisolava ogni giorno nel magazzino fuori dalla sala fino a quando le porte non venivano riaperte alle ore 06:30, poi usciva dalla porta posteriore con una valigia coi cui portava via il materiale di risulta dello scavo. Alla costruzione del dispositivo invece ci aveva lavorato durante il giorno, e acquistando parti extra da alcuni negozi di ferramenta locali, come l’isolamento acustico, era diventato amico del falegname del posto, Brög, che gli aveva permesso di utilizzare il suo laboratorio. La carica era stata posizionata la notte tra l’1 e il 2 novembre: 50 chilogrammi di cartucce di esplosivo per uso estrattivo inseriti in una cassa di legno imbottita di sughero per smorzare il “tic tac” del congegno meccanico a tempo. Questo era stato poi installato la notte tra il 4 e il 5 e l’immediato avvio dell’ingranaggio rotativo a doppio orologio che avrebbe armato i detonatori con innesco a percussione aveva concluso l’assemblaggio. Il 7, dopo una breve visita dalla sorella Maria a Stuttgart e gli ultimi controlli di verifica del corretto funzionamento del congegno più volte testato nei boschi, Elser si era diretto verso Costanza per passare la frontiera con la Svizzera. Sono le ore 20:00 e Adolf Hitler è arrivato nella sala gremita, accompagnato dai suoi fedelissimi: Paul Joseph Goebbels, politico, Ministro della Propaganda del Terzo Reich e Generale della Wehrmacht, le forze armate tedesche; Reinhard Tristan Eugen Heydrich, l’uomo più pericoloso del Reich, Generale, Governatore del Protettorato di Boemia e Moravia, pianificatore dello sterminio degli ebrei e Capo del Reichssicherheitshauptamt, l’RHSA, l’Ufficio Principale di Sicurezza; Rudolf Walter Richard Hess, politico e militare, uno degli uomini più influenti del Reich e del Partito; Robert Ley, politico, uno dei più importanti leader del Partito e Capo del DAF, il Deutsche Arbeitsfront, il Fronte Tedesco del Lavoro; Alfred Rosenberg, politico, saggista e ideologo del Partito; Julius Streicher, uno dei principali istigatori dell'odio razziale nei confronti della popolazione ebraica che condurrà all’Olocausto, politico, alto dirigente del Partito, Capo della sezione della Franconia ed editore del settimanale violentemente antisemita Der Stürmer; August Frank, funzionario dell’ufficio economico e amministrativo principale dello Schutzstaffel, le SS, le Squadre di Protezione, e responsabile dell'amministrazione dei campi di concentramento; Hermann Esser, politico, giornalista, Ministro dell'Economia della Baviera, Capo della Commissione Turistica del Ministero della Propaganda e Vice-Presidente del Parlamento; Alfred Ernst Rosenberg, teorico e ideologo, Capo dell’Ufficio degli Affari Esteri, Capo del Ministero del Reich per I Territori Orientali Occupati, responsabile de “l'ufficio di Rosenberg", l’ente ufficiale per la politica culturale e la sorveglianza; Heinrich Himmler, politico, militare, il numero due della Germania Nazista, Ministro dell’Interno, Comandante dello Schutzstaffel, Comandante della Polizia e Comandante delle Forze di Sicurezza, le Reichssicherheitshauptamt, nonché uno dei maggiori responsabili della instaurazione del cosiddetto “Nuovo Ordine Nazionalsocialista” e diretto organizzatore della Soluzione Finale della Questione Ebraica all’origine dell’Olocausto assieme ad Heydrich. Il Führer, accolto sul podio da Christian Weber Christian Weber, funzionario del Partito ed Ufficiale dello Schutzstaffel, inizia il suo discorso davanti a una folla impaziente. La sala è in silenzio, ognuno dei presenti ascolta con attenzione ed emozione, ammaliato dalla qualità oratoria del leader del Partito Nazionalsocialista Tedesco dei Lavoratori, ignaro di ciò che sta succedendo all’interno del pilastro ad una manciata di centimetri da lui. Ma all’insaputa di Elser, col peggiorare delle condizioni atmosferiche che gli impediscono per motivi di sicurezza il rientro a Berlino in aereo per mattino seguente, Hitler col suo entourage decide di lasciare la Bürgerbräukeller alle ore 21:07, abbondantemente in anticipo sul programma, e viaggiare col suo treno personale senza aspettare il mattino. Con la partenza dalla stazione fissata per le ore 21:30, accorcia della metà il suo discorso di due ore e abbandona il podio. Alle ore 21:20, quando il Fuhrer ha lasciato la sala da 13 minuti, all’interno del pilastro il meccanismo si ferma. Gli ingranaggi, dopo aver ruotato per 148 volte, sganciano il fermo che rilascia le molle azionando con uno scatto i percussori. Le capsule vengono colpite rilasciando una scintilla che mette in moto la reazione a catena all’interno dei detonatori: il Fulminato di Mercurio si accende innescando la carica secondaria di Pentrite che attiva a sua volta i candelotti. Con una velocità di 7 mila al secondo, i 50 chilogrammi di Donarit esplodono producendo 300 mila litri di gas a 4.200 gradi centigradi di temperatura che sbriciola il pilastro, devasta il locale e spazza via il podio e le prime file. L’onda d’urto raggiunge i primi spettatori eviscerandoli e decapitandoli, trapassandoli prima di investire i successivi a cui fa esplodere gli occhi, i timpani, collassare gli organi interni e martoriando i loro corpi con una pioggia di schegge sparate ad una velocità di 700 chilometri orari. In un raggio di 12 metri tutto viene cancellato, il pavimento, gli arredi, le persone, con le loro membra che vengono proiettate a 25 metri di distanza mentre il muro esterno collassa su sé stesso ribaltando a terra le logge che trascinano gli altri presenti 4 metri più in basso infilzandoli sugli arredi appuntiti. In mancanza degli appoggi verticali la struttura si compromette, il tetto non regge il proprio peso e crolla rovinosamente sulla pedana travolgendo le logge frantumate e schiacciando le persone sul pavimento. La gigantesca sala è buia, l’impianto elettrico salta, le tubazioni dell’acqua esplodono, i pezzi di legno in fiamme e 8 corpi martoriati parzialmente coperti dal cemento sono motivo di inciampo per chi cerca disperatamente una via di fuga. Bersagliati da un’incessante pioggia di detriti provenienti dal tetto che si sgretola, la calca degli spettatori raggiunge le uscite calpestandosi a vicenda. Il panico prende il sopravvento, 63 rimangono a terra supplicando aiuto, 16 sono gravissimi, tengono in alto le braccia per rendersi visibili. Sangue, tonnellate di macerie e una polvere finissima che rende quasi impossibile respirare invadono la sala. A 200 chilometri da Monaco, Elser si trova a Costanza in stato di fermo al posto di controllo di frontiera, non è riuscito a fuggire, due agenti della dogana lo hanno arrestato bloccandolo a 25 metri dalla recinzione del confine svizzero. Quando gli è stato chiesto di svuotare le tasche, gli sono stati trovati addosso delle tronchesi, numerosi appunti e schizzi relativi a dispositivi esplosivi, percussori e una cartolina dell'interno del Bürgerbräukeller. Tra poco, mentre verrà interrogato dalla Gestapo che immediatamente noterà le escoriazioni sulle mani e sulle ginocchia, alla telescrivente arriverà la notizia dell’attentato. Intanto Adolf Hitler, fermo a Norimberga per una sosta, apprende la notizia della scampata morte. Guardando fuori dal finestrino e con un sorriso beffardo si rivolge a Joseph Goebbels seduto accanto a lui: “Ora sono completamente in pace, la mia partenza dalla Bürgerbräukeller prima del solito è la prova che la Provvidenza vuole che io raggiunga il mio obiettivo".

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