TIPOLOGIA: attentato
CAUSE: carica occultata
DATA: 8 novembre 1939
STATO: Germania
LUOGO: Monaco di Baviera,
Bürgerbräukeller
MORTI: 8
FERITI: 63
Analisi e ricostruzione a cura di Luigi Sistu
È la sera dell’8 novembre 1939 e nella gigantesca sala della birreria Bürgerbräukeller
di Monaco di Baviera gli invitati stanno prendendo posto ai tavoli. Il rumore
delle sedie, delle posate, il movimento compulsivo dei camerieri ne coprono un
altro, ovattato, appena percettibile, quello di un ticchettio all’interno di
una nicchia ricavata in uno dei pilastri che sorreggono il ballatoio,
esattamente dietro il podio dove tra poco, davanti ad un pubblico di migliaia
di persone, parlerà Adolf Hitler. Il suono, che scandisce i secondi uno dopo
l’altro, è un ingranaggio in movimento di un marchingegno artigianale,
complicato, perfetto, progettato e costruito col solo scopo di porre fine ad
una sicura, vicinissima nuova guerra che metterà a ferro e fuoco l’Europa,
ancora una volta. Questa si trova sull'orlo di una nuova guerra già
dall’autunno dell’anno scorso dove, con un incontro durato due giorni tenutosi
il 29 settembre fra i capi di governo di Regno Unito, Francia, Germania e
Italia, dove le potenze europee, discutendo in merito alle rivendicazioni
tedesche sulla porzione di territorio cecoslovacco abitato dalla popolazione di
etnia tedesca dei Sudeti, avevano concluso con un accordo l'annessione alla
Germania dei vasti territori della Cecoslovacchia. Dopo il trauma patito con la
Grande Guerra, il popolo tedesco è fortemente preoccupato per l'eventualità di
un nuovo conflitto e Johann Georg Elser, un attivista, condivide tale comune
stato d'ansia dopo che Hitler, diventato Cancelliere del Reich nel 1933, si era
trasformato in dittatore col titolo di Führer l’anno dopo. Leader del Partito
Nazionalsocialista Tedesco dei Lavoratori, nonché principale ideatore del
Nazionalsocialismo, si era conquistato il potere cavalcando l’orgoglio ferito
del popolo dopo la sconfitta nella Prima Guerra Mondiale e la grande crisi
economica che affliggeva la allora Repubblica di Weimar. Sfruttando la sua abilità
oratoria e l’insoddisfazione delle classi medie, aveva presentato un manifesto
politico intriso di nazionalismo, anticomunismo e antisemitismo. Alla morte del
Presidente Paul von Hindenburg si era attribuito per legge il titolo massimo
accentrando nelle sue mani i poteri dello Stato e instaurando un regime
dittatoriale, grazie anche a un possente ed efficace programma di
ristrutturazione economica e riarmo militare perseguendo una politica estera
estremamente aggressiva volta principalmente a espandere il dominio tedesco a
spese delle popolazioni dell’Europa Orientale. Riflettendo su come mettere in
pratica il proprio piano, Elser si era recato a Monaco l'8 novembre del 1938
per assistere al discorso che il regime proponeva annualmente nell'anniversario
del fallito colpo di stato del 1923. Due considerazioni erano state
decisive nella scelta del tempo e del luogo per terminare la vita del Führer:
sul piano operativo, l'evento era apparso accompagnato da misure di sicurezza
piuttosto blande; sul piano emotivo, la concomitanza della Notte dei
Cristalli, le interminabili ore di pestaggi, stupri, assassini, saccheggi e
devastazioni dove 1.406 sinagoghe e case di preghiera ebraiche erano state date
alle fiamme assieme a cimiteri, luoghi di aggregazione della comunità ebraica, negozi
e migliaia di case private distrutti. In quella notte, seguendo le direttive
di Joseph Goebbels, il Capo della Gestato Heinrish Müller e il Capo della
Polizia di Sicurezza Reinhard Heydrich, la polizia non era intervenuta e i
Vigili del Fuoco si erano limitati a proteggere le proprietà dei non ebrei. Le
inaudite atrocità del Führer platealmente perpetrate su individui inermi
avevano convinto Elser che una leadership capace di suscitare tale
violenza avrebbe precipitato la Germania in un'altra apocalittica guerra e solo
la sua morte avrebbe potuto fermare questa tragica concatenazione di mosse
distruttive. Anche se la guerra non sarebbe stata svelata che all'ultimo
momento, Elser non aveva dato credito alle dichiarate intenzioni di mantenere
la pace; al contrario, nella sua mente si era delineato, mese dopo mese, il
proposito di decapitare il nazionalsocialismo assassinandone il leader
carismatico in modo plateale. Essendo convinto che una bomba fosse potuta
essere l’elemento risolutivo, della costruzione se ne sarebbe occupato lui
stesso. Per la costruzione e il funzionamento meccanico aveva attinto dall’esperienza
accumulata nel corso degli anni in varie professioni: i due anni di apprendistato
come operatore di tornio in fonderia di Königsbronn che aveva abbandonato per
motivi di salute, un noviziato come carpentiere fino al 1922 poi perfezionato
in Svizzera, falegname per interni nella ditta di Robert Sapper a Königsbronn, poi
trasferito in quella di Paul Rieder ad Aalen, in quella Wachter nella piccola
comunità di Bernied, vicino a Tettnang e successivamente in una falegnameria
di Bottighofen. Dopo essersi occupato anche della modellatura di eliche in
legno per la neonata casa costruttrice di aerei Dornier a Friedrichshafen,
aveva avuto delle mansioni nelle fabbriche di orologi Schuckmann a Costanza e
Rothmund a Meersburg, dove realizza custodie per orologi da parete e da
tavolo. Si era sempre sentito un artista nel praticare il suo mestiere,
professione mai per denaro ma più per esigenza del creare piccoli pezzi d’arte.
Dedicandosi anima e corpo al suo elaborato piano, aveva interrotto ogni
relazione con amici e parenti ad eccezione di Johann Lumen, un uomo che aveva conosciuto
nel 1938 proprio alla birreria Bürgerbräukeller, il luogo scelto per porre fine
alla vita del Führer. L’uso degli esplosivi invece era iniziato con alcuni
esperimenti durante un periodo lavorativo nella fabbrica di armamenti
Waldenmaier a Heidenheim dove lavorando nel reparto spedizioni aveva avuto accesso
a molte parti dell’impianto, compreso il “reparto speciale”, ala degli
stabilimenti dedicati alla produzione di micce e detonatori. Qui aveva sistematicamente
rubato esplosivo e inneschi nascondendoli in sacchetti nella sua camera da
letto. Grazie ai vari esperimenti effettuati nel bosco, in mezzo agli alberi
lontano dai centri abitati, aveva preso confidenza coi rudimenti della materia
tanto da prendere coscienza della fattibilità del suo progetto e la
realizzabilità della macchina a orologeria. Comprendendo di avere necessità di
sapere dimensioni del locale dove avrebbe dovuto piazzare la sua macchina, era
tornato a Monaco di Baviera soggiornandovi dal 4 al 12 aprile 1939. Lì aveva
fatto una serie di sopralluoghi a locale mezzo vuoto dove aveva realizzato
l’ubicazione urbanistica e le effettive dimensioni della birreria. Situata nel
quartiere Haidhausen, sul lato est del fiume Isar, con ingresso al civico 5 di
Rosenheimer Straße e l'accesso da Keller Straße, ovvero sul lato posteriore,
Elser aveva messo nero su bianco ciò che aveva visto: la sala, un ampio spazio
rettangolare in grado di ospitare fino a 3 mila persone, era veramente enorme, con
pilastri indipendenti su entrambi i lati della sala che sostenevano le gallerie
ed il tetto. Le pareti portanti ed i pilastri interni, con capitelli classici,
erano in muratura intonacata mentre il soffitto decorativo, anch’esso intonacato,
era diviso in baie con tre file di lampadari e travi in acciaio che sostenevano
la struttura del tetto in legno. Elser aveva bisogno di un potente esplosivo ad
alta velocità e ad alto potere dirompente, era riuscito a recuperarlo lavorando
temporaneamente nella cava di Vollmer a Königsbronn, dove tra l’aprile e il maggio
del 1939 aveva messo da parte una riserva di 105 cartucce di Donarit e 125
detonatori a fuoco e con innesco a percussione. Il Donarit era una Gelatina per
uso estrattivo, una Dinamite a base attiva, fortemente esplosiva, brevettata
dal chimico e ingegnere svedese Alfred Nobel nel 1867 e composta dalla
Nitroglicerina sintetizzata dal chimico e medico italiano Ascanio Sobrero nel
1847 dalla Nitrocellulosa, prodotto scoperto dal chimico tedesco Christian
Friedrich Schönbein nel 1846, e miscelata con Nitrocellulosa ad alto contenuto
di azoto. I detonatori a fuoco invece si trattavano di artifizi esplosivi
primari eredi di quello inventato da Alfred Nobel nel 1867, contenenti una
piccola quantità di esplosivo secondario, la Pentrite, uno degli esplosivi più
potenti, preparata per la prima volta nel 1891 dal chimico tedesco Bernhard
Tollens, e innescato a sua volta da dell’esplosivo primario, il Fulminato di Mercurio, sensibilissimo agli urti
e al calore, sintetizzato già nel XVII secolo e perfezionato nel 1799 dal
chimico inglese Edward Howard. L’avvio di questi detonatori quindi
dell’esplosivo primario, era reso possibile non da una miccia ma da un sistema
a percussione costituito da una capsula montata alla base del cilindro
metallico che avrebbe scoccato una scintilla grazie all’urto di un percussore
rilasciato dallo sgancio di una molla del meccanismo ad orologeria studiato ad
hoc. Una volta recuperato il materiale e abbandonato il lavoro alla cava
inscenando un incidente, aveva iniziato a progettare il suo capolavoro. Erano
stati mesi di incessante studio e progettazione, i tre anni di lavoro nella
fabbrica di orologi a Costanza gli erano valsi le preziose conoscenze per la predisposizione
di un articolato timer che aveva testato coi vari prototipi
della sua invenzione in un frutteto appartato di proprietà dei suoi genitori.
Topo l’ultimo test effettuato a luglio, aveva impacchettato l’attrezzatura, la
macchina smontata e l’esplosivo, ed era partito per Monaco all’inizio di
agosto. Una batteria, i candelotti di Donarit e i detonatori riempivano un finto
fondo della sua valigia di legno, il resto dello spazio conteneva i vestiti,
gli ingranaggi del congegno e alcuni attrezzi da lavoro. Era arrivato in città
il 5 agosto usando il suo vero nome, prendendo una stanza in affitto e diventando
un cliente abituale per la cena al ristorante della Bürgerbräukeller per approfondire
gli studi poi diventati lavori notturni riuscendo a restare di nascosto all’interno
del locale oltre l’orario di chiusura. Per 35 volte aveva lavorato in
ginocchio, notte dopo notte, scavando la nicchia nella colonna dietro il podio
dove Hitler avrebbe tenuto il discorso nel giorno dell’anniversario, un lavoro
difficile, faticoso, snervante, nel buio quasi totale illuminato solo da una
piccola torcia offuscata da un fazzoletto blu, sempre attento a non fare troppo
rumore. Grazie alla perizia nell’arte della carpenteria, aveva ingegnato, con
un pannello di legno, un sistema di chiusura e occultamento della nicchia
durante il giorno mentre durante la notte copriva il rumore attendendo l’istante
in cui gli scarichi dei bagni vicino all’ingresso si svuotavano automaticamente
ogni 10 minuti. Completando il suo lavoro intorno alle tre del mattino, si
appisolava ogni giorno nel magazzino fuori dalla sala fino a quando le porte
non venivano riaperte alle ore 06:30, poi usciva dalla porta posteriore con una
valigia coi cui portava via il materiale di risulta dello scavo. Alla
costruzione del dispositivo invece ci aveva lavorato durante il giorno, e acquistando
parti extra da alcuni negozi di ferramenta locali, come l’isolamento acustico,
era diventato amico del falegname del posto, Brög, che gli aveva permesso di
utilizzare il suo laboratorio. La carica era stata posizionata la notte tra l’1
e il 2 novembre: 50 chilogrammi di cartucce di esplosivo per uso estrattivo inseriti
in una cassa di legno imbottita di sughero per smorzare il “tic tac” del
congegno meccanico a tempo. Questo era stato poi installato la notte tra il 4 e
il 5 e l’immediato avvio dell’ingranaggio rotativo a doppio orologio che avrebbe
armato i detonatori con innesco a percussione aveva concluso l’assemblaggio. Il
7, dopo una breve visita dalla sorella Maria a Stuttgart e gli ultimi controlli
di verifica del corretto funzionamento del congegno più volte testato nei
boschi, Elser si era diretto verso Costanza per passare la frontiera con la
Svizzera. Sono le ore 20:00 e Adolf Hitler è arrivato nella sala gremita,
accompagnato dai suoi fedelissimi: Paul Joseph Goebbels, politico, Ministro
della Propaganda del Terzo Reich e Generale della Wehrmacht, le forze armate
tedesche; Reinhard Tristan Eugen Heydrich, l’uomo più pericoloso del Reich,
Generale, Governatore del Protettorato di Boemia e Moravia, pianificatore dello sterminio
degli ebrei e Capo del Reichssicherheitshauptamt, l’RHSA, l’Ufficio
Principale di Sicurezza; Rudolf Walter Richard Hess, politico e militare, uno
degli uomini più influenti del Reich e del Partito; Robert Ley, politico, uno
dei più importanti leader del Partito e Capo del DAF, il Deutsche Arbeitsfront,
il Fronte Tedesco del Lavoro; Alfred Rosenberg, politico, saggista e ideologo
del Partito; Julius Streicher, uno dei principali istigatori dell'odio
razziale nei confronti della popolazione ebraica che condurrà all’Olocausto, politico,
alto dirigente del Partito, Capo della sezione della Franconia ed editore del
settimanale violentemente antisemita Der Stürmer; August Frank,
funzionario dell’ufficio economico e amministrativo principale dello
Schutzstaffel, le SS, le Squadre di Protezione, e responsabile
dell'amministrazione dei campi di concentramento; Hermann Esser, politico,
giornalista, Ministro dell'Economia della Baviera, Capo della Commissione
Turistica del Ministero della Propaganda e Vice-Presidente del Parlamento; Alfred
Ernst Rosenberg, teorico e ideologo, Capo dell’Ufficio degli Affari
Esteri, Capo del Ministero del Reich per I Territori Orientali Occupati,
responsabile de “l'ufficio di Rosenberg", l’ente ufficiale per la
politica culturale e la sorveglianza; Heinrich Himmler, politico, militare, il
numero due della Germania Nazista, Ministro dell’Interno, Comandante dello Schutzstaffel,
Comandante della Polizia e Comandante delle Forze di Sicurezza, le Reichssicherheitshauptamt,
nonché uno dei maggiori responsabili della instaurazione del cosiddetto “Nuovo
Ordine Nazionalsocialista” e diretto organizzatore della Soluzione
Finale della Questione Ebraica all’origine dell’Olocausto assieme ad Heydrich. Il
Führer, accolto sul podio da Christian Weber Christian Weber, funzionario del
Partito ed Ufficiale dello Schutzstaffel, inizia il suo discorso davanti a una
folla impaziente. La sala è in silenzio, ognuno dei presenti ascolta con
attenzione ed emozione, ammaliato dalla qualità oratoria del leader del Partito
Nazionalsocialista Tedesco dei Lavoratori, ignaro di ciò che sta succedendo
all’interno del pilastro ad una manciata di centimetri da lui. Ma all’insaputa
di Elser, col peggiorare delle condizioni atmosferiche che gli impediscono per
motivi di sicurezza il rientro a Berlino in aereo per mattino seguente, Hitler
col suo entourage decide di lasciare la Bürgerbräukeller alle ore 21:07, abbondantemente
in anticipo sul programma, e viaggiare col suo treno personale senza aspettare
il mattino. Con la partenza dalla stazione fissata per le ore 21:30, accorcia della
metà il suo discorso di due ore e abbandona il podio. Alle ore 21:20, quando il
Fuhrer ha lasciato la sala da 13 minuti, all’interno del pilastro il meccanismo
si ferma. Gli ingranaggi, dopo aver ruotato per 148 volte, sganciano il fermo
che rilascia le molle azionando con uno scatto i percussori. Le capsule vengono
colpite rilasciando una scintilla che mette in moto la reazione a catena
all’interno dei detonatori: il Fulminato di Mercurio si accende innescando la
carica secondaria di Pentrite che attiva a sua volta i candelotti. Con una
velocità di 7 mila al secondo, i 50 chilogrammi di Donarit esplodono producendo
300 mila litri di gas a 4.200 gradi centigradi di temperatura che sbriciola il
pilastro, devasta il locale e spazza via il podio e le prime file. L’onda
d’urto raggiunge i primi spettatori eviscerandoli e decapitandoli, trapassandoli
prima di investire i successivi a cui fa esplodere gli occhi, i timpani,
collassare gli organi interni e martoriando i loro corpi con una pioggia di
schegge sparate ad una velocità di 700 chilometri orari. In un raggio di 12
metri tutto viene cancellato, il pavimento, gli arredi, le persone, con le loro
membra che vengono proiettate a 25 metri di distanza mentre il muro esterno
collassa su sé stesso ribaltando a terra le logge che trascinano gli altri
presenti 4 metri più in basso infilzandoli sugli arredi appuntiti. In mancanza
degli appoggi verticali la struttura si compromette, il tetto non regge il
proprio peso e crolla rovinosamente sulla pedana travolgendo le logge
frantumate e schiacciando le persone sul pavimento. La gigantesca sala è buia,
l’impianto elettrico salta, le tubazioni dell’acqua esplodono, i pezzi di legno
in fiamme e 8 corpi martoriati parzialmente coperti dal cemento sono motivo di
inciampo per chi cerca disperatamente una via di fuga. Bersagliati da un’incessante
pioggia di detriti provenienti dal tetto che si sgretola, la calca degli
spettatori raggiunge le uscite calpestandosi a vicenda. Il panico prende il
sopravvento, 63 rimangono a terra supplicando aiuto, 16 sono gravissimi, tengono
in alto le braccia per rendersi visibili. Sangue, tonnellate di macerie e una
polvere finissima che rende quasi impossibile respirare invadono la sala. A 200
chilometri da Monaco, Elser si trova a Costanza in stato di fermo al posto di
controllo di frontiera, non è riuscito a fuggire, due agenti della dogana lo
hanno arrestato bloccandolo a 25 metri dalla recinzione del confine svizzero.
Quando gli è stato chiesto di svuotare le tasche, gli sono stati trovati
addosso delle tronchesi, numerosi appunti e schizzi relativi a dispositivi
esplosivi, percussori e una cartolina dell'interno del Bürgerbräukeller. Tra
poco, mentre verrà interrogato dalla Gestapo che immediatamente noterà le
escoriazioni sulle mani e sulle ginocchia, alla telescrivente arriverà la
notizia dell’attentato. Intanto Adolf Hitler, fermo a Norimberga per una sosta,
apprende la notizia della scampata morte. Guardando fuori dal finestrino e con
un sorriso beffardo si rivolge a Joseph Goebbels seduto accanto a lui: “Ora
sono completamente in pace, la mia partenza dalla Bürgerbräukeller prima del
solito è la prova che la Provvidenza vuole che io raggiunga il mio
obiettivo".
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