TIPOLOGIA: incidente
CAUSE: errore umano
DATA: 27 novembre 1944
STATO: Inghilterra
LUOGO: Fauld, Royal Air Force Base
MORTI: 71
FERITI: 22
Analisi e ricostruzione a cura di Luigi Sistu
È il 1944, ci troviamo nella base militare costruita dalla Royal Air
Force a sud del villaggio di Fauld, a est di Hanbury, nello Staffordshire, in
Inghilterra. Il lotto, acquistato nel 1937 per 635 mila sterline, con la guerra
ormai alle porte aveva convertito i 450.000 metri quadrati della cava di gesso
in disuso in un mega-magazzino per lo stoccaggio degli armamenti. Le gallerie
erano state rinforzate e pareti divisorie in calcestruzzo armato spesse tre
metri erano state alzate e riempite con la pietra di scarto delle lavorazioni in
sotterraneo del periodo in cui l’attività estrattiva della cava era attiva.
Inoltre, era stata progettata una complessa rete ferroviaria per consentire
l’approvvigionamento dei depositi e delle strutture rinforzate costruite ex
novo, ciò affinché la base fosse a tutti gli effetti autosufficiente. La guerra
in Europa si avvia verso la sua conclusione, la Germania è ormai stretta nella
morsa degli Alleati, i bombardamenti sono pesanti e frequenti e ora la RAF
utilizza il grosso deposito per stoccare le migliaia di tonnellate di bombe in
attesa di essere stivate sugli enormi bombardieri pesanti quadrimotori Avro 683
Lancaster. La struttura di approvvigionamento, scelta appositamente in
sotterraneo per una questione di sicurezza, immagazzina 3.670 tonnellate di
esplosivo netto contenuto nelle ogive di bombe aeronautiche a caduta libera con
carica esplosiva ad alta velocità, un tipo di bombe che segue una traiettoria
balistica dopo il lancio in funzione della velocità del mezzo aereo e della sua
quota in relazione alla quota del bersaglio a terra. Ci sono: quelle “per utilizzo
generico”, utilizzate per le operazioni di bombardamento sia strategico che tattico,
dove il primo prevede l’impiego di bombardieri a lungo raggio per sganciare
grandi quantità di ordigni su parti di territorio nemico dietro la linea del
fronte per minarne il morale, il sistema produttivo o le infrastrutture, mentre
il secondo è mirato a supportare le truppe attaccando mezzi e truppe sul campo;
quelle “per operazioni speciali”, le BlockBuster, le Rimbalzanti, le Tallboy e
le gigantesche Grand Slam, impilate in bunker che coprono 17.000 metri quadrati
di stanze e corridoi concretizzati. Inoltre, chiusi in casse di legno lungo i
passaggi alti 3,65 metri e larghi 6, misura ad hoc per il passaggio dei camion,
sono stipati anche 500 milioni di pezzi del calibro 7,7 millimetri, il munizionamento
delle 8 mitragliatrici Browning .303 Mark II che armano le tre torrette
difensive dei bombardieri, ciascun colpo caricato con Polvere Infume, una invenzione
del chimico francese Paul Marie Eugène Vieille che aveva ottenuto un nuovo tipo
di polvere da sparo di tipo propellente completamente diverso dalle
altre e che sviluppava un’energia tre volte superiore producendo nel contempo
fumi di combustione molto ridotti. Questo tipo di esplosivo era stato
realizzato unendo una miscela di etere ed alcool al prodotto della gelatinizzazione
della Nitrocellulosa, l’esplosivo scoperto nel 1838 dal chimico
francese Théophile-Jules Pelouze da carta, lino e cotone, ricetta perfezionata
e stabilizzata dal chimico tedesco Christian Friedrich Schönbein nel 1846
contemporaneamente al chimico tedesco Johann Friedrich Böttger. I sotterranei
sono una ramificata, immensa e pericolosa polveriera. Le bombe all’interno
delle gallerie sono controllate a vista e le spolette, il meccanismo più
delicato, costituite dal congegno che attiva un detonatore elettrico, erede del
cilindretto di alluminio inventato nel 1876 da Julius Smith e acceso da un
ponticello imbevuto in una soluzione infiammabile, o a percussione, erede ed
evoluzione con accensione a stantuffo dell’involucro di stagno inventato da
Alfred Nobel nel 1867, sono tenute in un’ala separata e ulteriormente
sorvegliata. Si tratta di cariche primarie, in alcuni casi la Pentrite, uno
degli esplosivi più potenti, preparata per la prima volta nel 1891 dal chimico
tedesco Bernhard Tollens, in altri il Fulminato di Mercurio, esplosivo primario
sensibilissimo agli urti e al calore, sintetizzato già nel XVII secolo e
perfezionato nel 1799 dal chimico inglese Edward Howard, che
consentono l’innesco dell’esplosivo contenuto nelle ogive. Da montare sul naso,
sulla coda, lateralmente al corpo delle bombe, sono di tipo meccanico,
elettrico, ad attivazione di prossimità, istantanea e ad orologeria. In
quest’ultimo caso un meccanismo temporizzato, dalla breve durata, di pochi secondi,
alla lunga durata, di qualche decina, consente una detonazione programmata per
scopi speciali. È il 27 novembre, è una mattina di un lunedì come tante, gli
operatori stanno lavorando agli armamenti e allo stoccaggio. Impegnati al lavoro
ci sono anche 189 prigionieri italiani. L’attività della base è frenetica, i
muletti sono in costante movimento, i treni arrivano e ripartono coi vagoni carichi
di bombe che vengono spinti lungo le rotaie dalle locomotive diesel mentre i
montacarichi si alternano lungo i pozzi. Le missioni di bombardamento tattico e
strategico sono continue, le città tedesche sono martellate giorno e notte,
senza tregua, con formazioni di aerei che sganciano centinaia di tonnellate di
esplosivo ad ogni passaggio falciando migliaia di civili che con la guerra non
c’entrano niente. Vittime collaterali le chiamano. Nei depositi i numeri dei
pezzi variano di giorno in giorno e anche questa mattina gli addetti
all’inventario stanno stilando l’elenco delle bombe sistemate nelle gallerie e
nelle camere, una ad una. Davanti a tutte ci sono quelle “per uso generico, a
media capacità” da 113, 227 e 454 chilogrammi. Le più piccole sono costituite
da corpi cilindrici in acciaio del peso di 113 chilogrammi lunghi 78,3 centimetri,
un diametro di 26,2 e contengono alcune 30,9 chilogrammi di Trinitrotoluene, esplosivo
preparato la prima volta nel 1863 dal
chimico tedesco Julius Wilbrand, perfezionato dal chimico tedesco Hermann
Frantz Moritz Kopp nel 1888 e prodotto industrialmente in Germania un anno dopo
col nome di Tritolo o Tnt, altre 28,6 chilogrammi di Amatolo 60/40. L’Amatolo
60/40 è una miscela esplosiva creata durante la Prima Guerra Mondiale dalle
forze armate britanniche costituita da 60% in peso di Nitrato d'Ammonio, il
fertilizzante preparato dal chimico e farmacista tedesco Rudolph Glauber nel
1659 che lo aveva chiamato “nitrum flammans” per via del colore giallo della
sua fiamma e scoperto come prodotto esplodente dal chimico e ingegnere svedese
Alfred Nobel nel 1870, e 40% in peso di Trinitrotoluene. Le bombe “generiche”
da 227 chilogrammi hanno la stessa conformazione dell’ogiva delle precedenti ma
sono di dimensioni maggiori, con un corpo di 104,2 centimetri di lunghezza e un
diametro di 32,8. Queste sono armate alcune con 95,3 chilogrammi di Amatolo
60/40, altre con 102,6 chilogrammi di Amatex, altre ancora con 100,7
chilogrammi di Tritolite, le ultime con 106 chilogrammi di Torpex, tutti esplosivi
ad altissimo potenziale. L’Amatex è una miscela esplosiva sviluppata
dall’ammiragliato britannico nei primi anni della guerra ed è costituita da 51%
in peso di Nitrato d’Ammonio, 40% in peso di Trinitrotoluene e 9% in peso di
RDX. Formalmente chiamato ciclotrimetilenetrinitramina, l’RDX ha
caratteristiche eccezionali. È stato scoperto e brevettato dal chimico e
farmacista tedesco Georg Friedrich Henning nel 1898 e codificato con questo
nome prima dall’esercito inglese come Royal Demolition eXplosive e poi prodotto
in larga scala dagli Stati Uniti nel 1920 come “RD” Research and Development,
ricerca e sviluppo, sigla comune a tutti i nuovi prodotti per la ricerca
militare, e "X", la classificazione, nata come lettera provvisoria ma
rimasta definitiva. La Tritolite, conosciuta anche col nome di Composizione B e
composta da un 59,5% di RDX, 39,5% di Tritolo e un 1% di cera sintetica di
paraffina, è una miscela di recente invenzione mentre il Torpex, potentissimo,
è stato sviluppato nel 1942 presso la Fabbrica Reale Gunpowder, nel
Waltham Abbey, nel Regno Unito. Il Torpex è 50% più potente del Trinitrotoluene
ed è composto da 40% in peso di questo, 42% in peso di RDX e 18% in peso
di polvere di alluminio. Il nome è l'abbreviazione di
TORPedo EXplosiv, essendo stato originariamente sviluppato per la testata
dei siluri. Ultime per sistemazione tra quelle “per uso generico, a media
capacità” ci sono quelle da 454 chilogrammi, sorelle maggiori delle precedenti,
lunghe 133,4 centimetri di lunghezza per 41 di diametro e armate alcune con
171,5 chilogrammi di Tritolite, altre con 162 chilogrammi di Amatolo 60/40.
Andando avanti con le stanze e i corridoi è stoccata la prima tranche di bombe
“per operazioni speciali, ad alta capacità”, le Blockbuster, utilizzate per
scopi di bombardamento in cui è richiesto il massimo danno da esplosione. Le
più piccole, da 782 chilogrammi, sono dei cilindri in acciaio lunghi 224
centimetri con un diametro di 76 contenenti alcune una carica di 556
chilogrammi di Amatolo 60/40, altre una di Tritolite e altre ancora una di
Torpex. Queste sono bombe che hanno una configurazione particolare, modulare,
poiché le versioni maggiori sono studiate per essere costituite da sezioni
affiancate della più piccola imbullonate e saldate tra loro. Le Blockbuster da
1.780 chilogrammi, formate da due sezioni della precedenti, sono lunghe 292
centimetri, hanno un diametro di 76 e contengono alcune 1.264 chilogrammi di
Amatolo 60/40, altre Tritolite, altre ancora il Torpex, e per ultimo il Minol, una
miscela esplosiva sviluppata anch’essa dall’ammiragliato britannico durante la
guerra e costituita da 40% in peso di Trinitrotoluene, 40% Nitrato d’Ammonio e
20% in peso di polvere d’alluminio. Le versioni da 3.570 e 5.443 chilogrammi
sistemate nella camera successiva, costituite rispettivamente da tre e quattro
sezioni affiancate, raggiungono una lunghezza di 517 centimetri la prima e 741
centimetri la seconda, per un diametro di 97 centimetri e una carica di 2.428 e
4.355 chilogrammi di Torpex alcune e di Amatex altre. Le camere successive, le
ultime per lo stoccaggio, sono dedicate anche’esse agli ordigni utilizzati per
le operazioni speciali: le bombe “Rimbalzanti anti-diga”, delle casse
cilindriche in acciaio pesanti 4.196 chilogrammi lunghe 152 centimetri, larghe
127 e che contengono una carica di 2.994 chilogrammi di RDX, progettate con lo
specifico scopo di poter rimbalzare sulla superficie dell'acqua fino a colpire
il bersaglio rendendo inefficaci le reti anti-siluro; le bombe “penetranti” Tallboy
da 5.443 chilogrammi e le Grand Slam da 9.979 chilogrammi, rispettivamente due
mostri in acciaio rinforzato da 640 centimetri di lunghezza per 97 centimetri
di diametro la prima e 808 centimetri di lunghezza per 117 di diametro la
seconda, che contengono invece, avvolte in una incamiciatura dello spessore di
2,54 centimetri di Trinitrotoluene, 2.358 e 4.309 chilogrammi di Torpex. Sono
le ore 11:11 e in una delle aree di armamento gli operai si stanno occupando di
una Tallboy che deve essere caricata su un bombardiere Lancaster appositamente
modificato per poterla trasportare. È un’arma molto particolare, molto potente,
prodotta dal conglomerato di ingegneria britannico Vickers-Armstrongs Limited. L’ingegnere
aeronautico britannico Sir Barnes Neville Wallis, il suo progettista, l’ha
disegnata volendo creare una bomba sismica, diversa nel concetto dalle bombe
tradizionali che di solito esplodono in superficie o nelle vicinanze
distruggendo il loro obiettivo direttamente con la forza
esplosiva. Questa, al contrario, grande, pesante, corazzata frontalmente
poiché fusa in un unico pezzo d’acciaio ad alta resistenza, viene rilasciata ad
un'altitudine di 5.500 metri, con una velocità dell'aria di 270 chilometri
orari, grazie alla sua linea pulita raggiunge una velocità di caduta di 335
metri al secondo con una velocità di rotazione di 300 giri al minuto generati
dalla torsione delle pinne del governale di coda che ne garantiscono l’aerodinamica
e la precisione fermando il beccheggio e l’imbardata grazie all’effetto
giroscopico. Al momento dell'impatto colpisce il terreno con una velocità di
1.210 chilometri orari penetrando nel terreno come un proiettile da dieci
tonnellate sparato verso il basso, in grado di attraversare una parete in
calcestruzzo armato spessa 4,9 metri ed esplodendo in profondità nel sottosuolo,
generando un cratere profondo 24 metri e largo 30, nonché un’intensa onde
d’urto equivalente a quella di un terremoto di magnitudo 3,6, disintegrando
anche il bersaglio più resistente, difficili per una bomba convenzionale,
poiché penetrando in profondità produce una caverna che rimuove il supporto
sotterraneo del bersaglio e ne provoca il crollo, processo graficamente descritto
come un "effetto botola". Gli operai sono alle prese con le spolette,
sono tre, tutte nella parte posteriore. Sono dei cilindri in ottone con
all’interno un meccanismo ad attivazione per impatto che trattiene un
percussore pre-caricato a molla che rilasciato impatta su una capsula montata
alla base del detonatore. La routine giornaliera è snervante, lo stress è
continuo e un momento di distrazione misto a imperizia di uno dei tecnici,
mentre inserisce la spoletta nel suo alloggiamento, il booster, un incavo
cilindrico contenente una carica di rinforzo di Tetrile, un esplosivo
sensibilissimo agli urti prodotto negli stabilimenti dell’Esercito degli Stati
Uniti agli inizi del 1900 e sviluppato durante la Prima Guerra Mondiale, attiva
la molla che rilascia il percussore che attiva il detonatore quindi il booster
innescando i 2.358 chilogrammi di esplosivo contenuti nei 3 metri della testata.
L’operaio viene vaporizzato all’istante e con lui quelli accanto. La
detonazione della carica di alto esplosivo sprigiona un'energia di 795 milioni
di chilogrammi per metro quadrato con una velocità di 5 millesimi di secondo e
una potenza istantanea è di 15.5 miliardi di kiloWatt, cioè circa una volta e
mezza superiore a quella del fulmine più potente al quale si attribuisce
un'intensità di corrente di 100.000 Ampere sotto una differenza di potenziale
di 100 milioni di Volt. La complessiva energia cinetica, nell'ipotesi che sia
trasformato in lavoro meccanico solo il 30% dell'energia termica, è tale da
lanciare in aria, a 25 metri di altezza, un incrociatore corazzato da 10.000
tonnellate di dislocamento. L’esplosione, potentissima, coinvolge in una
frazione di secondo le bombe vicine incanalandosi per i corridoi generando una
reazione a catena di proporzioni inimmaginabili. La sua forza, pari a 1.600 Tallboy,
è una delle più grandi non nucleari mai registrate, un quinto, in termini di
potenza, di quella che avverrà con lo sgancio sulla città di Hiroshima di
Little Boy, la bomba atomica Mk.1 all’Uranio. Con un fulmineo effetto domino due
terzi dello stoccaggio salta in aria con una velocità di detonazione di 8.000
metri al secondo. La terra si gonfia, nei sotterranei i cunicoli si sciolgono,
la forza dell’onda d’urto è così spaventosa che chi si trova sul suo passaggio
non si accorge di niente. In 26, tra personale militare e prigionieri al
lavoro, sono ridotti allo spessore di un foglio di carta. In superficie i 5.000
gradi di temperatura e la pressione esercitata proiettano in aria roccia, alberi,
cemento, uomini, bombe, che si riversano sulle campagne in una pioggia di fuoco.
Grazie alle barriere multistrato di calcestruzzo armato l’esplosione non
coinvolge anche le sezioni numero 3 e numero 4 che restano sepolte dalla massa
di roccia collassata su se stessa. Le pareti, i pilastri, i corridoi, i binari,
le strutture, le locomotive, vengono sbriciolate. In un raggio di 1.500 metri
tutto viene cancellato. Il villaggio di Hanbury viene raso al suolo, nella
vicina Tutbury i tetti vengono scoperchiati, le abitazioni sventrate e i
campanili delle chiese collassano in strada. Non esistono più le case, le
fattorie, i mulini, le persone vengono falciate senza accorgersi di niente, in
7 rimarranno immobili, senza vita, in mezzo a decine di feriti. Il boato si
sente fino a Birmingham, a 50 chilometri di distanza. In Svizzera i sismografi
rilevarono l’onda di pressione sotterranea scambiandola per un terremoto.
Mentre 10 mila tonnellate di detriti piovono su tutta l’area in una grandinata
di roccia, acciaio e cemento sotto un fungo di polvere e fumo largo 60 metri e
alto 400, l’onda di pressione in superficie e quella sotterranea raggiungono la
vicina diga frantumando lo sbarramento. 450 mila metri cubi d’acqua si
riversano nella valle. I villaggi, gli allevamenti, le campagne, vengono
sommersi da un’onda di fango e detriti che terminano ciò che l’onda d’aria ha
iniziato, 12 persone rimarranno ferite in maniera più o meno seria. 4 secondi
dopo un muro d’acqua si abbatte sulla miniera di gesso di Peter Ford & Sons.
37 operai muoiono affogati, trascinati nelle gole fin sotto terra. Poi il
silenzio. Su una superficie di 400 ettari di terreno agricolo e villaggi tutto
è rivoltato, la campagna è stata trasformata in una risaia. Solo le carcasse di
200 bovini affiorano a pelo d’acqua, il resto non c’è più. A 6 chilometri dal
cratere, una vacca è rimasta in piedi, è immobile, le sue dimensioni sono due
volte quelle normali, la pressione esercitata dalla detonazione l’ha fulminata
sul posto. Dove c’era la base le colline sono scompare. Al loro posto, tra la
roccia, il ferro e le urla di 10 operai miracolosamente vivi, c’è un cratere
lungo 270 metri, largo 213, profondo 30 e con una superficie di 5 ettari. Una
fattoria poco lontano è ancora parzialmente in piedi, parte del tetto è
crollata, le finestre sono divelte e le pareti crepate. Dentro, una coppia di
anziani è seduta a tavola, sono morti, hanno i timpani esplosi e gli organi
schiacciati, non si sono accorti di niente, l'onda di sovrappressione li ha sorpresi
mentre mangiavano. I corpi sono lì, nella stessa posizione, l’uno davanti
all’altra, tenendosi la mano, con ancora i piatti davanti in una inconsapevole
ultima cena insieme.
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