01 dicembre, 2022

Silvertown, Fabbrica Brunner Mond & Co, 19 gennaio 1917


TIPOLOGIA: incidente
CAUSE: errore umano
DATA:
19 gennaio 1917
STATO:
Inghilterra
LUOGO:
Silvertown, Fabbrica Brunner, Mond & Co
MORTI:
73
FERITI: 438

Analisi e ricostruzione a cura di Luigi Sistu

È il 19 gennaio 1917, siamo a Silvertown, in una Inghilterra degli anni ’10 in guerra ed in continua evoluzione. Qui, sviluppato in un’importante area industriale dagli inizi del XIX secolo, il sobborgo del West Ham è cresciuto grazie al Metropolitan Building Act del 1844, una legge che limitava gli scambi di merci ad alto rischio all'interno dei confini di Londra. Proprio per la posizione fuori Londra, appena fuori da questi confini, con la sua estensione di 4,8 chilometri da est a ovest era il luogo ideale per le imprese che volessero trattare questo tipo di materiali. L'area, originariamente palustre e che offriva un facile accesso sia alle spedizioni via mare che alla forza lavoro, era abitata nel 1800 solo da 6.500 persone, numero destinato a crescere fino al superamento delle 300 mila unità nel 1900. Silvertown, nome proveniente dalla fabbrica di gomma SW Silver & Co. India fondata nel 19mo secolo, col tempo è diventata un’isola industriale sulla riva nord del fiume Tamigi, e assieme alle vicine Canning Town e West Ham, la più grande area manifatturiera nel sud dell'Inghilterra con attività che variano, tra le tante, dai produttori di sapone, ai mulini, alle raffinerie di zucchero, ai depositi di olio, tintorie e depositi di legname. Le fabbriche e le raffinerie costruite in questo sobborgo sono provviste di moli e dal punto di vista dei trasporti sono completamente autonome. Una di queste si trova a Crescent Wharf, sulla sponda sud del Tamigi. Costruita nel 1893 dalla Imperial Chemical Industries dove nel 1894 la ditta chimica Brunner, Mond & Co. aveva avviato le proprie attività, la fabbrica si era avviata con la produzione di cristalli di sodio, e in uno stabilimento più piccolo e poco distante, con l’idrossido di sodio, commercialmente noto come soda caustica utilizzato nella sintesi di coloranti, detergenti, saponi, nella fabbricazione della carta e nel trattamento delle fibre del cotone nonché nella produzione dell'ipoclorito di sodio, noto nell'uso comune come sbiancante e disinfettante col nome di candeggina. Quanto lo stabilimento più piccolo era stato chiuso nel 1912 col termine della produzione della soda caustica, la crescente domanda di munizioni trainata da una guerra dolorosamente rivelata più lunga del previsto, soprattutto per un paese non preparato a sostenere un conflitto così lungo e con sempre più necessità di riempitivi esplosivi affidabili, il governo inglese lo aveva rimesso operativo due anni dopo riadattandolo nel settembre del 1915 alla produzione del Trinitrotoluene. Esplosivo molto potente preparato la prima volta nel 1863 dal chimico tedesco Julius Wilbrand, perfezionato dal chimico tedesco Hermann Frantz Moritz Kopp nel 1888 e prodotto industrialmente in Germania l’anno dopo col nome di Tritolo o Tnt, grazie al vantaggio di essere un prodotto particolarmente stabile che gli permette di essere fuso a temperature relativamente basse, colato facilmente in forme diverse come testate di siluro o proiettili dirompenti ottenendo una forma perfettamente compatta, è adottato dalle forze armate come riempitivo dei proiettili d’artiglieria come sostitutivo della Lyddite, esplosivo altamente sensibile, troppo. Utilizzata fino al 1907, anno della sua sostituzione, la Lyddite era una variazione ottenuta aggiungendo dinitrobenzolo e vaselina nel 1888 in Gran Bretagna, nella città di Lydd, nella regione del Kent, dell’Acido Picrico, un composto organico scoperto dal chimico tedesco Johann Rudolph Glauber nel 1742, finito di sintetizzare correttamente nel 1841 e scoperto come esplosivo nel 1873 dal chimico anglo-tedesco Hermann Sprengel. Il vantaggio dei nuovi proiettili al Tritolo, essendo questo un prodotto ad alta stabilità poiché sotto l'urto di una massa battente del peso di 2 chilogrammi non detona se non da un’altezza di caduta di 80 centimetri, e ad alta velocità di detonazione, 7.800 metri al secondo, è che questi esplodono dopo aver sfondato la corazza del bersaglio, solitamente navale, e non al primo contatto con essa, cosa che non succedeva coi proietti precedenti. La facilità al maneggio, l’assoluta stabilità e la buona potenza, fanno sì che questo esplosivo si sia imposto fino ad ora come il migliore tra quelli conosciuti per usi bellici. La sua unica limitazione però è la scarsa possibilità di rifornimento della materia prima, il toluolo, i cui approvvigionamenti sono in questo momento insufficienti per l’eccessiva domanda, motivo per cui una buona parte del prodotto finito della Brunner, Mond & Co. andrà poi a fondersi con altri elementi per creare nuovi esplosivi utili al caricamento delle munizioni. La direzione della Brunner, Mond & Co. non è mai stata felice di avere nei propri impianti questo tipo di raffineria, sia perché circondata da altre attività contenenti materiali altamente combustibili come petrolio, creosoto, farina e legno, sia per la presenza a soli 200 metri delle fitte file di case dei lavoratori. Ma la sua abbondanza di manodopera e il facile accesso ai porti la rendevano una posizione troppo buona per essere trascurata tanto che la pressione continua della politica al Dipartimento per il Rifornimento degli Esplosivi ha costretto lo stabilimento fin dalla sua riconversione ad una produzione di 9 tonnellate giornaliere, un’enormità. Il lavoro prosegue senza particolari intoppi da 14 mesi, con occupati 63 lavoratori su tre turni al fine di garantire le tre fasi della nitrazione del toluolo in una produzione continua 24 ore su 24 senza mai fermare i giganteschi e robusti recipienti di ghisa riscaldati contenenti gli agitatori ad elica. In ogni recipiente, il cui riscaldamento è garantito da un’incamiciatura esterna e un circuito acqua-vapore, al toluolo puro di partenza nel peso di 500 chilogrammi vengono aggiunte 3 tonnellate di un miscuglio composto da un 60% di acido solforico e 20% di acido nitrico. Nella nitrazione, effettuata ad una temperatura iniziale non superiore a 40 gradi centigradi e terminale di 60, si ottiene il mononitrotoluene, un prodotto intermedio, impiegato in un secondo apparecchio nitratore per estrarre dall'acido riguadagnato quei quantitativi di Tritolo che rimangono sciolti nell'acido stesso, operazione questa che serve ad aumentarne il rendimento. In ultima fase, il prodotto ottenuto viene portato, mediante tubazioni riscaldate con mantello esterno di vapore in modo da conservarsi perfettamente fluido, in altri recipienti simili ai precedenti dove per due ore viene ulteriormente e definitivamente nitrato attraverso anche il graduale aumento della temperatura portata a 125 gradi centigradi prima del lavaggio finale. Col lavaggio del prodotto fuso proveniente dall'ultima fase si inizia raccogliendolo in un tino di piombo pieno d'acqua fredda tenuta violentemente in agitazione con aria compressa. Si ha in questo modo una prima granulazione dove, una volta che l’acido viene eliminato dall’acqua di lavaggio cambiata ripetutamente, i granuli sono passati in apparecchi di purificazione costituiti da altri tini di piombo con braccia agitatrici di legno e metallo in lento e continuo movimento. Il raffreddamento crea una cristallizzazione molto minuta, migliore condizione questa per avere una purificazione cristallo per cristallo e questa avviene in una soluzione concentrata di solfito di soda lavata prima con una soluzione cloridrica e poi con acqua pura. Nell’ultima parte della linea di produzione, con l’essicamento il Tritolo viene prima fuso nuovamente in tini vaporizzati e lasciato a riposare per alcune ore, poi è fatto passare in un labirinto riscaldato esternamente a vapore dove gli vengono fatte perdere le ultime sostanze estranee prima di essere filtrato e granulato tramite agitamento in un cilindro raffreddato ad acqua. Al termine del processo di raffinazione, controllato meticolosamente dall’inizio alla fine dal dottor Andreas Angel, un professore di Oxford che svolge qui attività volontaria come capo chimico, il prodotto finito ridotto a scaglie, pronto a servire alle successive operazioni di fusione o compressione, viene raccolto in sacchi di cotone e caricato a mano su vagoni ferroviari per essere spedito alle fabbriche di munizioni o ad altri stabilimenti, dove verrà incamerato singolarmente nelle ogive di bombe e proiettili o sarà unito, con un altro processo, in proporzioni variabili al Nitrato d'Ammonio. Questo, un fertilizzante preparato e descritto nel 1659 da Johann Rudolph Glauber, chimico e farmacista tedesco considerato uno dei fondatori della chimica industriale moderna e precursore dell’ingegneria chimica che lo aveva chiamato “nitrum flammans” per via del colore giallo della sua fiamma, era stato scoperto come prodotto esplodente dal chimico e ingegnere svedese Alfred Nobel nel 1870. Assieme al Tritolo nelle percentuali del 60/40, 50/50, 80/20 è ottenuto l’Amatolo, una neonata miscela esplosiva creata dalle forze armate britanniche, meno costosa, potente quasi quanto il Tnt ma con lo svantaggio di essere igroscopica, cioè con la capacità di assorbire umidità nell’aria e quindi diventare pressoché inutilizzabile dopo lunghi periodi. Oggi 19 gennaio è un gelido venerdì sera, sono le ore 18:46 e le fabbriche sono in chiusura, ma non tutte. Lo stabilimento della Brunner, Mond & Co. è operativo, dieci uomini e dieci donne sono al lavoro all’interno dei locali accanto alla linea di produzione. All’esterno due bottai stanno chiudendo un vagone ferroviario, l’ultimo di una lunga fila in attesa di essere spedita nelle prime ore della mattina. A 200 metri, dove nelle case a schiera le persone sono nella zona giorno al piano terra, c’è chi prepara la cena, chi legge, chi invece gioca con figli. Qualcuno sente delle urla in lontananza, vengono dallo stabilimento, c’è del fumo è scoppiato un incendio. Si è sviluppato per un corto circuito nella stanza di uno dei crogioli della linea di produzione e si sta propagando velocemente, troppo velocemente. Sono i due bottai ad averlo visto per primi, poi le fiamme sempre più alte che locale dopo locale dilaniano ogni cosa. Non essendo di stanza sul posto una squadra antincendio, i due operai danno l’allarme con grida e fischi agli altri che in pochi secondi lasciano il posto precipitandosi fuori. Qui, un agente di polizia corso nel piazzale dall’esterno gli indica la direzione. È George Greenoff, un ufficiale della Royal Marine in servizio fuori dalla fabbrica, sa cosa vuol dire affrontare un incendio in presenza di esplosivi, sa che non tornerà nella sua casa di Rhea Street, a North Woolwich, sa che non rivedrà suo figlio Edward, di otto anni. Nello stabilimento il capo chimico è ancora dentro, mentre sta cercando con l’operaio George Wenbourne di contenere le fiamme che si sono allargate al piano superiore, in basso prive di controllo sono arrivate ai vagoni. In lontananza i residenti si sono riversati in strada, alcuni, ignari del pericolo assistono alla scena, altri si allontanano il più possibile in tutta fretta. Nelle abitazioni più distanti invece nessuno si è accorto di nulla: c’è chi legge, chi prepara la cena, chi gioca coi figli, ignari completamente di quello che sta per succedere nello stabilimento a qualche centinaio di metri dove nel piazzale appena fuori dalla recinzione, allertata da un ragazzo in strada è arrivata la squadra di pompieri di West Ham. Frederick Sell, 45 anni e il sottoufficiale Henry Vickers, 49 anni, entrambi di Fort Street, smontano dal camion nonostante gli venga urlato di non farlo. Mentre i due corrono con le manichette oltre gli enormi cancelli e altri accanto al camion si occupano di srotolare il tubo e allacciarlo alla cisterna dell’autopompa, una vampata avvolge le prime sale di stoccaggio al primo piano sfogando fuori dalle finestre. I volti dei presenti sbiancano, sono le ore 18:52. In una fulminea reazione a catena l’impianto esplode innescando i depositi al piano terra e i vagoni in stallo sui binari. Con un gigantesco boato 50 tonnellate di Trinitrotoluene saltano in aria. Londra trema, le luci della città si spengono, i vetri vanno in pezzi mentre il cielo si illumina a giorno. Una bolla di 39 milioni di litri di gas ad alta pressione avvolge la fabbrica disintegrando la linea di produzione, i depositi e la stazione, attraversa i piazzali chiudendo dietro di sé i pesanti cancelli fino a scardinarli lanciandoli in aria per due chilometri assieme all’autopompa. L’esplosione, così potente da sentirsi fino a Norwich, a 190 chilometri di distanza, schiaccia la zona industriale, 7 ettari tra moli e strade sono attraversate da un muro d’aria che strappa via le strutture dalle fondazioni. Dopo aver spazzato via la stazione dei pompieri, la fabbrica di compensato Vanesta e i locali commerciali dei Royal Victoria Docks di Canning Town, aver dilaniato le navi ormeggiate, la banchina e i due serbatoi d’olio combustibile della Silvertown Lubricants Oil, l’onda di sovrappressione oltrepassa il fiume raggiungendo il gasometro sulla penisola di Greenwich. 200.000 metri cubi di gas esplodono con una gigantesca palla di fuoco che illumina la notte inondando il cielo di lingue di fuoco e metallo mentre la sfera d’aria prosegue la sua corsa verso la zona residenziale. Mentre i piani alti vengono dilaniati i residenti, sorpresi nel pieno delle faccende domestiche, cercano di mettersi in salvo come possono nascondendosi sotto i tavoli. Ad alcuni va peggio, scaraventati fuori dalle finestre da un’onda d’urto che semina distruzione per chilometri. Dopo la tempesta arriva il silenzio, un silenzio quasi irreale ma che dura poco perché le strutture strappate da terra ricadono in pezzi su tutta l’area. Le coperture dei capannoni e delle case sono colpite da una pesante grandinata di metallo, legno e cemento. Lo scenario che gli si presenta davanti ai soccorsi che stanno arrivando da ogni parte di Londra è spettrale. Non è rimasto in piedi praticamente niente e quello che miracolosamente ha resistito sta bruciando. La stazione dei vigili del fuoco di Silvertown costruita solo tre anni fa non c’è più, così come la vicina scuola e la St. Barnabas Church su Eastwood Road. 974 abitazioni sono sparite, 69.837 sono pesantemente danneggiate, sul Tamigi le navi sono avvolte dalle fiamme così come i magazzini, i capannoni, i negozi, anche le 32 scuole non sono state risparmiate. I cereali dei due mulini, sollevati in aria dopo lo squarciamento della struttura, trasformati in fuoco e trasportati dal vento stanno appiccando incendi per chilometri. Dalla città di Kent, a 62 chilometri di distanza, i passanti stanno assistendo alla notte di Silvertown trasformata in giorno. Le strade sono disseminate di detriti, macchinari volati per aria, alcuni del peso di svariate tonnellate, sono precipitati sulle fabbriche e le case degli operai. Anche la caldaia dello stabilimento è volata via, ora si trova al centro della strada in una massa informe di metallo del peso di 15 tonnellate. 73 persone sono state fatte a pezzi, 438 sono rimaste ferite, molte sono gravissime. I danni sono incalcolabili. La fabbrica della Brunner, Mond & Co. non c’è più, al suo posto c’è un grosso cratere con dentro morti e macerie e tra questi c’è anche il dottor Angel, o quello che ne resta. Per strada i corpi giacciono contorti, smembrati, uomini, donne, anche bambini, qualcuno è sotto tonnellate di mattoni, qualcun altro sopra un muretto. Ci sono madri che cercano i figli, e poi gruppi di persone, stordite dall'accaduto e molte sanguinanti con addosso le giacche di chi le ha soccorse, che scavano assieme all’esercito e ai volontari tra le macerie di case e negozi alla ricerca di qualcuno che forse non rivedrà più. George Greenoff, colpito alla testa da una scheggia è a terra privo di sensi, morirà tra nove giorni in ospedale. Chi riesce a camminare viene medicato per strada in stazioni di pronto soccorso allestite all’aperto, la chiesa di San Barnaba, trasformata in ospedale, viene destinata ai casi più gravi mentre il Queen Mary's Hospital, diventato una gigantesca camera mortuaria, è in attesa dei primi corpi senza vita. La risposta locale è enorme ed immediata. L'esercito, i servizi di emergenza, le organizzazioni di beneficenza, i funzionari del governo locale e le persone comuni si precipitano per dare una mano come possono. Anche l’organizzazione dell’Esercito della Salvezza si è mobilitata aprendo nove rifugi presso scuole, chiese e ampi locali per fornire immediatamente alloggio, cibo e bevande calde. Qualcuno apre addirittura le porte di casa per dare riparo a chi una casa probabilmente non l’ha più, sono migliaia. Ci vorranno quattro giorni per spegnere i roghi e due mesi per rendere la zona nuovamente accessibile. Gli aiuti e i risarcimenti saranno ingenti e arriveranno da tutto il Regno Unito, anche dal Primo Ministro David Lloyd George e da Re Giorgio V, un piccolo gesto consolatorio per confortare, anche se in piccola parte, le famiglie delle vittime di quella che rimarrà per anni a venire la più grande esplosione nella storia di Londra. 

Tutti i diritti sono riservati. È vietata qualsiasi utilizzazione, totale o parziale, dei contenuti inseriti nel presente blog, ivi inclusa la memorizzazione, riproduzione, rielaborazione, diffusione o distribuzione dei contenuti stessi mediante qualunque piattaforma tecnologica, supporto o rete telematica, senza previa autorizzazione.

Gli articoli pubblicati su questo blog sono il prodotto intellettuale dell'autore, frutto dello studio di perizie, testimonianze e rilievi video-fotografici reperiti dallo stesso in sede privata. L'intento di chi scrive è la divulgazione di eventi di interesse pubblico accompagnati da un'analisi tecnica degli stessi rinnegando qualsiasi giudizio personale, politico, religioso.




















01 novembre, 2022

New York, Wall Street, 16 settembre 1920


TIPOLOGIA: attentato
CAUSE: carro-bomba
DATA:
16 settembre 1920
STATO:
New York
LUOGO:
New York, Wall Street
MORTI:
38
FERITI:
143

Analisi e ricostruzione a cura di Luigi Sistu

È una calda mattina di settembre del 1920, sono passati quattro mesi dall'arresto di Nicola Sacco e Bartolomeo Venzetti, calzolaio e pescivendolo, compagni, in attesa della sedia elettrica perché accusati di essere gli autori di una rapina ad un calzaturificio della Slater and Morrill di South Braintree in cui sono rimaste vittime un cassiere e una guardia armata. Un immigrato italiano, Mario Augusto Buda, romagnolo, anarchico, vendicativo, ha appena parcheggiato un carro trainato da un cavallo e condotto a mano tra Wall Street e Broad Street, accanto al nuovo Federal Assay Office e davanti alla J.P. Morgan & Company. È una giornata frenetica, soprattutto qui, nel distretto finanziario, un luogo talmente centrale e rinomato da essere ribattezzato “l’angolo”. Il palazzo che sorge sull’intersezione, al numero civico 23 e costruito nel 1913 in forma neoclassica e pomposa, non presenta alcuna insegna esterna ma è conosciuto da tutti come “la Casa dei Morgan”. I soci, tra cui spiccano personaggi del calibro di Thomas Landmont e Dwight Morrow, sono impegnati a discutere importanti questioni finanziarie in una delle sale conferenza dei piani più bassi. Prima di dileguarsi tra la folla dell'ora di pranzo, momento in cui la strada è particolarmente congestionata, Buda solleva il cappello per un saluto a quel manipolo di "robber barons" del tutto ignari di ciò che sta per accadere, e controllando di non essere osservato, porge un ultimo sguardo al carro allontanandosi con passo svelto verso la gente proprio mentre qualche isolato più avanti, un postino sbigottito sta osservando degli strani volantini stampati in modo rudimentale: "Liberate i prigionieri politici o sarà morte sicura per tutti voi!", firmato "Anarchici americani combattenti". Ora 37enne, Buda è negli Stati Uniti d’America dal 1907. Nato a Savignano sul Rubicone nel 1884, secondogenito di quattro figli, impegnato da bambino nei campi col padre e come garzone in una bottega di un calzolaio, partito per l’America nel 1907 aveva lavorato in diverse località nell’area di Boston come giardiniere, come operaio addetto alla posa dei tubi per una compagnia telefonica, alla costruzione di una centrale elettrica e nella costruzione di vagoni ferroviari per la New Haven & Hartford Railroad Company. Trasferitosi prima in Colorado, poi nell’Illinois ed infine nel Wisconsin per la costruzione di un ponte, era rientrato provvisoriamente in Italia nel 1911 a causa del poco lavoro, della grave miseria e della nostalgia di casa, lavorando come giardiniere assieme al padre prima di rimettere piede nel nuovo continente, appena prima che lo scoppio della Grande Guerra bloccasse i flussi migratori, per tornare nel Massachussets, a Roxbury, nella periferia di Boston, dove attualmente vive una consistente comunità di romagnoli prevalentemente anarchici, e abbracciando progressivamente le idee di Luigi Galleani, il fondatore, negli Stati Uniti, del periodico anarchico in lingua italiana bollato nel 1918 dal dipartimento di Giustizia come il giornale più pericoloso di tutto il paese, Cronaca Sovversiva, e unendosi al gruppo in cui militavano gli stessi Sacco e Vanzetti, vicino anche ad Errico Malatesta, l’anarchico più ricercato del pianeta. I galleanisti, zoccolo duro che conta sì e no una cinquantina di attivisti, sono sospettati di aver progettato attentati dinamitardi, tra cui quello a San Francisco del 1916 durante la parata del Preparedness Day per cui erano stati incastrati i sindacalisti Tom Mooney e Warren Billings, e di aver inviato, nel giugno del 1919, numerosi pacchi bomba a figure eminenti dell'amministrazione Wilson oltre che a J.P. Morgan e John D. Rockefeller. I circoli dei lettori di "Cronaca Sovversiva", che allora si riunivano nelle ombre dei setifici Paterson e degli stabilimenti per la laminazione dell'acciaio di Youngstown, sono delle vere e proprie calamite per lo scontento degli immigrati, la cui alienazione si è tramutata in rabbia furiosa di fronte all'isteria xenofoba dilagante durante la guerra e culminata nei Palmer Raids del 1919 in cui il Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti sotto l’amministrazione del Presidente Woodrow Wilson si era mobilitato per catturare e arrestare sospetti esponenti di sinistra, una lista di 3.000 persone, principalmente immigrati italiani e immigrati dell’Europa orientale, anarchici e comunisti, col fine di deportarli dagli Stati Uniti. Perciò, quando nel febbraio dello stesso anno il procuratore generale e ministro della Giustizia Alexander Mitchell Palmer aveva firmato l'ordine di espulsione per Galleani, in numerose fabbriche del New England erano comparsi volantini anonimi che promettevano di "annientare col fuoco e col sangue" i responsabili i tale decisione. Bisogna sottolineare che il movimento anarchico italiano, diffuso soprattutto sulla Costa Orientale dove sorgono industrie caratterizzate da manovalanza italiana, incarna un massimalismo anarco-comunista radicale nemico del socialismo e del riformismo; lo stesso Galleani, sulle pagine della propria rivista, proponeva il rovesciamento del sistema capitalistico e dell’ordine costituito attraverso qualsiasi mezzo, attentati e assassinii compresi, soprattutto contro istituzioni e magistrati. Ed è proprio per questo che alla notizia dell’incriminazione di Sacco e Vanzetti, il primo conosciuto ad Hopendale durante lo sciopero del 1913, il secondo a Plymouth nello sciopero alla Cordage Company nel 1916, periodo in cui ha frequentato riunioni, si è mosso in ambienti anarchici e ha militato direttamente nelle fila del movimento prendendo parte anche a manifestazioni violente. Buda è tornato precipitosamente a New York City, preparando un piano di “punizione”, affittando nel cuore di Little Italy, a Mulberry Street, un carro e un cavallo e trasformandolo in soli quattro giorni in un’arma dall’alta potenza distruttiva. Non è nuovo a questo genere di ritorsioni, premettendo che la sua lunga e controversa relazione con la giustizia va avanti fin da bambino, è qui in America che ha avuto il “salto di qualità”. È iniziato tutto a Milwakee il 9 settembre 1917, a causa di uno scontro interno alla comunità italoamericana tra i seguaci del pastore evangelico Augusto Giuliani e gli anarchici aderenti al Circolo Francisco Ferrer conclusosi in maniera tragica con l’intervento della polizia e due anarchici uccisi, uno gravemente ferito, undici arrestati e due poliziotti feriti. Buda, assieme all’amico, immigrato e commilitone Carlo Valdinoci, aveva lasciato il 24 novembre un pacco davanti alla chiesa del reverendo Giuliani, pacco che la polizia di Milwakee, forse per ingenuità o forse per un errore, aveva portato in commissariato dove era esploso uccidendo dieci agenti e un civile. In una escalation di violenza durata tutta la prima metà del 1919, aveva fatto parte dei progettisti di una prima serie di 30 attentati dinamitardi, dei pacchi bomba recapitati per posta ai maggiori rappresentanti del mondo politico ed economico, e di una seconda serie, tutti in una notte, tra il 2 e il 3 giugno, con dei pacchi depositati a mano nelle città di Boston, New York, Paterson, Philadelphia, Pittsburg, Cleveland e Washington dove in quest’ultima, destinata ad Alexander Mitchell Palmer, Ministro della Giustizia e dichiarato nemico degli anarchici, aveva perso la vita Valdinoci. A Wall Street, mentre le campane della vicina Trinity Church stanno suonando mezzogiorno, Buda, angelo vendicatore degli amici incarcerati, “i suoi migliori amici in America”, da cui è scampato per puro caso all’arresto, si allontana dal civico 23. Nessuno si immagina cosa sta per accadere, nessuno si immagina che in quel carro, sotto una catasta di frutta è nascosta una grossa carica di 45 chilogrammi di Gelatina per uso estrattivo e 230 chilogrammi di pezzi di ghisa. La Gelatina da cava, una Dinamite a base attiva, esplosiva, brevettata dal chimico e ingegnere svedese Alfred Nobel nel 1867 e composta dalla Nitroglicerina sintetizzata dal chimico e medico italiano Ascanio Sobrero nel 1847 dalla Nitrocellulosa, prodotto scoperto dal chimico tedesco Christian Friedrich Schönbein nel 1846, e miscelata con Nitrocellulosa ad alto contenuto di azoto, era stata rubata da un cantiere per la costruzione di un tunnel. Ad innescarla c’è un detonatore elettrico, uno di quelli inventati nel 1876 da Julius Smith, un cilindro di alluminio riempito con una miscela incendiaria e Fulminato di Mercurio, l’esplosivo primario sensibilissimo agli urti e al calore sintetizzato già nel XVII secolo e perfezionato nel 1799 dal chimico inglese Edward Howard. Collegato a questo, una sveglia sta ticchettando accanto a una batteria. Prima della fine dei dodici rintocchi delle campane la lancetta della sveglia che segna i minuti si incrocia con quella delle ore facendo sfiorare due filamenti di rame saldati alle estremità. Un circuito elettrico si chiude, la corrente della batteria scorre lungo un filo che arrivando fino al detonatore arroventa dei ponticelli interni che diventano incandescenti. La miscela incendiaria brucia, il Fulminato di Mercurio si accende innescando la Gelatina che trasforma con una velocità di detonazione 7.000 metri al secondo il carro in un’enorme massa di fuoco, vento e proiettili. La terra trema, i vetri ondeggiano e le pareti dei palazzi vibrano. Un boato assordante scuote il centro mentre una gigantesca sfera di tre milioni di litri di gas a 4.000 gradi centigradi sventra Wall Street. L’onda di sovrappressione attraversa il quartiere, lo devasta, le finestre degli edifici esplodono in faccia agli impiegati e i passanti vengono falciati dalle schegge. I tendoni dei negozi e le automobili parcheggiate nelle vicinanze prendono fuoco e l'intero quartiere viene avvolto da una nube di fumo e polvere. I grattacieli si svuotano alla velocità della luce. In preda al panico, la folla si riversa in strada scavalcando i corpi agonizzanti ammassati a terra. Fattorini, stenografi, impiegati, broker, sono sfigurati e irriconoscibili, martoriati dal passaggio della massa di metallo. La strada del tutto priva di alberi viene improvvisamente inondata da foglie verdi coi volti dei presidenti. I Fattorini delle banche, terrorizzati, abbandonano per strada circa ottantamila dollari che iniziano a volteggiare sotto le raffiche soffocanti di vento e cenere. Per la prima volta nella storia, un minuto dopo l'esplosione, Willam H. Remick, presidente della Borsa Valori di New York, ordina che vengano sospese le operazioni finanziarie nel tentativo di prevenire il panico. All'esterno, i soccorsi lavorano febbrilmente per trasportare i feriti in ospedale. James Saul, un fattorino di soli diciassette anni, ruba un'auto parcheggiata per trasportare in più viaggi trenta feriti in un ospedale vicino. Gli agenti di polizia si affrettano a raggiungere la scena del crimine per fornire il primo soccorso. Tutte le auto vicine vengono requisite perché essere utilizzate come ambulanze. Trattandosi di un attentato a Wall Street, viene proclamato lo stato di emergenza. Da Governor's Island partono subito un centinaio di soldati da mettere di pattuglia in quello che restava dell'Assay Office e dell'adiacente Subtreasury. Il Detective Bureau del New York Police Department riassemblerà i resti grotteschi di una "macchina infernale": la testa di un cavallo, qualche zoccolo spezzato e il ferro ritorto dell'assale di un carro. Di colpo gli anarchici, gli Industrial Workers of the World e i nuovi bolscevichi diverranno tutti possibili indiziati. Il Coroner conterà 38 morti e 143 feriti, due dei quali il presidente dell'Equitable Trust Alvin Kreck e Junius Morgan, il figlio di J.P. Morgan junior. Joseph P. Kennedy, passato quasi per caso nell’istante dell’esplosione, nonostante lo shock è rimasto illeso. Ma Buda, rifugiato a Providence dove si farà rilasciare dal Consolato italiano un passaporto a nome Mike Boda grazie al quale riuscirà a rientrare in Italia su una nave battente bandiera francese diretta a Napoli, dove è intenzionato a tornare a casa per riprendere il mestiere del calzolaio, rimarrà sicuramente deluso quando scoprirà che "Jack Morgan”, già scampato nel 1919 per pura fortuna ad un pacco bomba, si trova a Londra e che i soci Lamont e Morrow, in quel momento in una zona posta sul retro dell’edificio, ne sono usciti indenni. William Hammond Remick, presidente della New York Stock Exchange, la Borsa di New York, proprio sull’altro lato della strada, decide di interrompere immediatamente le contrattazioni per evitare un panico incontrollato. Ma intanto, un povero immigrato con un po' di Dinamite rubata, un mucchietto di ferraglia e un vecchio ronzino, è riuscito a scatenare un terrore senza precedenti nel Sancta Sanctorum del capitalismo americano, facendo partire col suo “an act of war” una delle più grandi cacce all’uomo della storia degli Stati Uniti d’America.

Tutti i diritti sono riservati. È vietata qualsiasi utilizzazione, totale o parziale, dei contenuti inseriti nel presente blog, ivi inclusa la memorizzazione, riproduzione, rielaborazione, diffusione o distribuzione dei contenuti stessi mediante qualunque piattaforma tecnologica, supporto o rete telematica, senza previa autorizzazione.

Gli articoli pubblicati su questo blog sono il prodotto intellettuale dell'autore, frutto dello studio di perizie, testimonianze e rilievi video-fotografici reperiti dallo stesso in sede privata. L'intento di chi scrive è la divulgazione di eventi di interesse pubblico accompagnati da un'analisi tecnica degli stessi rinnegando qualsiasi giudizio personale, politico, religioso.