TIPOLOGIA: incidente
CAUSE: errore umano
DATA: 19 gennaio 1917
STATO: Inghilterra
LUOGO: Silvertown, Fabbrica Brunner, Mond & Co
MORTI: 73
FERITI: 438
Analisi e ricostruzione a cura di Luigi Sistu
È il 19 gennaio 1917, siamo a
Silvertown, in una Inghilterra degli anni ’10 in guerra ed in continua
evoluzione. Qui, sviluppato in un’importante area industriale dagli inizi del
XIX secolo, il sobborgo del West Ham è cresciuto grazie al Metropolitan
Building Act del 1844, una legge che limitava gli scambi di merci ad alto
rischio all'interno dei confini di Londra. Proprio per la posizione fuori
Londra, appena fuori da questi confini, con la sua estensione di 4,8 chilometri
da est a ovest era il luogo ideale per le imprese che volessero trattare questo
tipo di materiali. L'area, originariamente palustre e che offriva un facile
accesso sia alle spedizioni via mare che alla forza lavoro, era abitata nel
1800 solo da 6.500 persone, numero destinato a crescere fino al superamento
delle 300 mila unità nel 1900. Silvertown, nome proveniente dalla fabbrica di
gomma SW Silver & Co. India fondata nel 19mo secolo, col tempo è
diventata un’isola industriale sulla riva nord del fiume Tamigi, e assieme alle
vicine Canning Town e West Ham, la più grande area manifatturiera nel sud
dell'Inghilterra con attività che variano, tra le tante, dai produttori di
sapone, ai mulini, alle raffinerie di zucchero, ai depositi di olio, tintorie e
depositi di legname. Le fabbriche e le raffinerie costruite in questo sobborgo
sono provviste di moli e dal punto di vista dei trasporti sono completamente
autonome. Una di queste si trova a Crescent Wharf, sulla sponda sud del Tamigi.
Costruita nel 1893 dalla Imperial Chemical Industries dove nel 1894 la ditta
chimica Brunner, Mond & Co. aveva avviato le proprie attività, la fabbrica si
era avviata con la produzione di cristalli di sodio, e in uno stabilimento più
piccolo e poco distante, con l’idrossido di sodio, commercialmente noto come
soda caustica utilizzato nella sintesi di coloranti, detergenti, saponi, nella
fabbricazione della carta e nel trattamento delle fibre del cotone nonché nella
produzione dell'ipoclorito di sodio, noto nell'uso comune come sbiancante e
disinfettante col nome di candeggina. Quanto lo stabilimento più piccolo era
stato chiuso nel 1912 col termine della produzione della soda caustica, la
crescente domanda di munizioni trainata da una guerra dolorosamente rivelata
più lunga del previsto, soprattutto per un paese non preparato a sostenere un
conflitto così lungo e con sempre più necessità di riempitivi esplosivi
affidabili, il governo inglese lo aveva rimesso operativo due anni dopo riadattandolo
nel settembre del 1915 alla produzione del Trinitrotoluene. Esplosivo molto
potente preparato la prima volta nel 1863 dal chimico tedesco Julius Wilbrand,
perfezionato dal chimico tedesco Hermann Frantz Moritz Kopp nel 1888 e prodotto
industrialmente in Germania l’anno dopo col nome di Tritolo o Tnt, grazie al
vantaggio di essere un prodotto particolarmente stabile che gli permette di essere
fuso a temperature relativamente basse, colato facilmente in forme diverse come
testate di siluro o proiettili dirompenti ottenendo una forma perfettamente
compatta, è adottato dalle forze armate come riempitivo dei proiettili d’artiglieria
come sostitutivo della Lyddite, esplosivo altamente sensibile, troppo. Utilizzata
fino al 1907, anno della sua sostituzione, la Lyddite era una variazione ottenuta
aggiungendo dinitrobenzolo e vaselina nel 1888 in Gran Bretagna, nella città di
Lydd, nella regione del Kent, dell’Acido Picrico, un composto organico scoperto
dal chimico tedesco Johann Rudolph
Glauber nel 1742, finito di sintetizzare correttamente nel 1841
e scoperto come esplosivo nel 1873 dal chimico anglo-tedesco Hermann Sprengel. Il
vantaggio dei nuovi proiettili al Tritolo, essendo questo un prodotto ad alta
stabilità poiché sotto l'urto di una massa battente del peso di 2 chilogrammi
non detona se non da un’altezza di caduta di 80 centimetri, e ad alta velocità
di detonazione, 7.800 metri al secondo, è che questi esplodono dopo aver
sfondato la corazza del bersaglio, solitamente navale, e non al primo contatto
con essa, cosa che non succedeva coi proietti precedenti. La facilità al
maneggio, l’assoluta stabilità e la buona potenza, fanno sì che questo
esplosivo si sia imposto fino ad ora come il migliore tra quelli conosciuti per
usi bellici. La sua unica limitazione però è la scarsa possibilità di
rifornimento della materia prima, il toluolo, i cui approvvigionamenti sono in
questo momento insufficienti per l’eccessiva domanda, motivo per cui una buona
parte del prodotto finito della Brunner, Mond & Co. andrà poi a fondersi
con altri elementi per creare nuovi esplosivi utili al caricamento delle
munizioni. La direzione della Brunner, Mond & Co. non è mai stata felice di
avere nei propri impianti questo tipo di raffineria, sia perché circondata da altre
attività contenenti materiali altamente combustibili come petrolio, creosoto,
farina e legno, sia per la presenza a soli 200 metri delle fitte file di case
dei lavoratori. Ma la sua abbondanza di manodopera e il facile accesso ai
porti la rendevano una posizione troppo buona per essere trascurata tanto che
la pressione continua della politica al Dipartimento per il Rifornimento degli
Esplosivi ha costretto lo stabilimento fin dalla sua riconversione ad una
produzione di 9 tonnellate giornaliere, un’enormità. Il lavoro prosegue senza
particolari intoppi da 14 mesi, con occupati 63 lavoratori su tre turni al fine
di garantire le tre fasi della nitrazione del toluolo in una produzione
continua 24 ore su 24 senza mai fermare i giganteschi e robusti recipienti di
ghisa riscaldati contenenti gli agitatori ad elica. In ogni recipiente, il cui
riscaldamento è garantito da un’incamiciatura esterna e un circuito
acqua-vapore, al toluolo puro di partenza nel peso di 500 chilogrammi vengono
aggiunte 3 tonnellate di un miscuglio composto da un 60% di acido solforico e
20% di acido nitrico. Nella nitrazione, effettuata ad una temperatura iniziale
non superiore a 40 gradi centigradi e terminale di 60, si ottiene il mononitrotoluene,
un prodotto intermedio, impiegato in un secondo apparecchio nitratore per
estrarre dall'acido riguadagnato quei quantitativi di Tritolo che rimangono
sciolti nell'acido stesso, operazione questa che serve ad aumentarne il
rendimento. In ultima fase, il prodotto ottenuto viene portato, mediante tubazioni
riscaldate con mantello esterno di vapore in modo da conservarsi perfettamente
fluido, in altri recipienti simili ai precedenti dove per due ore viene
ulteriormente e definitivamente nitrato attraverso anche il graduale aumento della
temperatura portata a 125 gradi centigradi prima del lavaggio finale. Col
lavaggio del prodotto fuso proveniente dall'ultima fase si inizia raccogliendolo
in un tino di piombo pieno d'acqua fredda tenuta violentemente in agitazione
con aria compressa. Si ha in questo modo una prima granulazione dove, una volta
che l’acido viene eliminato dall’acqua di lavaggio cambiata ripetutamente, i
granuli sono passati in apparecchi di purificazione costituiti da altri tini di
piombo con braccia agitatrici di legno e metallo in lento e continuo movimento.
Il raffreddamento crea una cristallizzazione molto minuta, migliore condizione questa
per avere una purificazione cristallo per cristallo e questa avviene in una
soluzione concentrata di solfito di soda lavata prima con una soluzione
cloridrica e poi con acqua pura. Nell’ultima parte della linea di produzione,
con l’essicamento il Tritolo viene prima fuso nuovamente in tini vaporizzati e
lasciato a riposare per alcune ore, poi è fatto passare in un labirinto riscaldato
esternamente a vapore dove gli vengono fatte perdere le ultime sostanze
estranee prima di essere filtrato e granulato tramite agitamento in un cilindro
raffreddato ad acqua. Al termine del processo di raffinazione, controllato
meticolosamente dall’inizio alla fine dal dottor Andreas Angel, un professore
di Oxford che svolge qui attività volontaria come capo chimico, il prodotto
finito ridotto a scaglie, pronto a servire alle successive operazioni di
fusione o compressione, viene raccolto in sacchi di cotone e caricato a mano su
vagoni ferroviari per essere spedito alle fabbriche di munizioni o ad altri
stabilimenti, dove verrà incamerato singolarmente nelle ogive di bombe e
proiettili o sarà unito, con un altro processo, in proporzioni variabili al
Nitrato d'Ammonio. Questo, un fertilizzante preparato e descritto nel 1659 da
Johann Rudolph Glauber, chimico e farmacista tedesco considerato uno dei
fondatori della chimica industriale moderna e precursore dell’ingegneria
chimica che lo aveva chiamato “nitrum flammans” per via del colore giallo della
sua fiamma, era stato scoperto come prodotto esplodente dal chimico e ingegnere
svedese Alfred Nobel nel 1870. Assieme al Tritolo nelle percentuali del 60/40,
50/50, 80/20 è ottenuto l’Amatolo, una neonata miscela esplosiva creata dalle
forze armate britanniche, meno costosa, potente quasi quanto il Tnt ma con lo
svantaggio di essere igroscopica, cioè con la capacità di assorbire umidità
nell’aria e quindi diventare pressoché inutilizzabile dopo lunghi periodi. Oggi
19 gennaio è un gelido venerdì sera, sono le ore 18:46 e le fabbriche sono in
chiusura, ma non tutte. Lo stabilimento della Brunner, Mond & Co. è
operativo, dieci uomini e dieci donne sono al lavoro all’interno dei locali
accanto alla linea di produzione. All’esterno due bottai stanno chiudendo un
vagone ferroviario, l’ultimo di una lunga fila in attesa di essere spedita
nelle prime ore della mattina. A 200 metri, dove nelle case a schiera le
persone sono nella zona giorno al piano terra, c’è chi prepara la cena, chi
legge, chi invece gioca con figli. Qualcuno sente delle urla in lontananza,
vengono dallo stabilimento, c’è del fumo è scoppiato un incendio. Si è
sviluppato per un corto circuito nella stanza di uno dei crogioli della linea
di produzione e si sta propagando velocemente, troppo velocemente. Sono i due
bottai ad averlo visto per primi, poi le fiamme sempre più alte che locale dopo
locale dilaniano ogni cosa. Non essendo di stanza sul posto una squadra
antincendio, i due operai danno l’allarme con grida e fischi agli altri che in
pochi secondi lasciano il posto precipitandosi fuori. Qui, un agente di polizia
corso nel piazzale dall’esterno gli indica la direzione. È George Greenoff, un
ufficiale della Royal Marine in servizio fuori dalla fabbrica, sa cosa vuol
dire affrontare un incendio in presenza di esplosivi, sa che non tornerà nella
sua casa di Rhea Street, a North Woolwich, sa che non rivedrà suo figlio
Edward, di otto anni. Nello stabilimento il capo chimico è ancora dentro,
mentre sta cercando con l’operaio George Wenbourne di contenere le fiamme che
si sono allargate al piano superiore, in basso prive di controllo sono arrivate
ai vagoni. In lontananza i residenti si sono riversati in strada, alcuni, ignari
del pericolo assistono alla scena, altri si allontanano il più possibile in
tutta fretta. Nelle abitazioni più distanti invece nessuno si è accorto di
nulla: c’è chi legge, chi prepara la cena, chi gioca coi figli, ignari
completamente di quello che sta per succedere nello stabilimento a qualche
centinaio di metri dove nel piazzale appena fuori dalla recinzione, allertata
da un ragazzo in strada è arrivata la squadra di pompieri di West Ham. Frederick
Sell, 45 anni e il sottoufficiale Henry Vickers, 49 anni, entrambi di Fort
Street, smontano dal camion nonostante gli venga urlato di non farlo. Mentre i
due corrono con le manichette oltre gli enormi cancelli e altri accanto al
camion si occupano di srotolare il tubo e allacciarlo alla cisterna
dell’autopompa, una vampata avvolge le prime sale di stoccaggio al primo piano
sfogando fuori dalle finestre. I volti dei presenti sbiancano, sono le ore
18:52. In una fulminea reazione a catena l’impianto esplode innescando i
depositi al piano terra e i vagoni in stallo sui binari. Con un gigantesco
boato 50 tonnellate di Trinitrotoluene saltano in aria. Londra trema, le luci della
città si spengono, i vetri vanno in pezzi mentre il cielo si illumina a giorno.
Una bolla di 39 milioni di litri di gas ad alta pressione avvolge la fabbrica disintegrando
la linea di produzione, i depositi e la stazione, attraversa i piazzali
chiudendo dietro di sé i pesanti cancelli fino a scardinarli lanciandoli in
aria per due chilometri assieme all’autopompa. L’esplosione, così potente da
sentirsi fino a Norwich, a 190 chilometri di distanza, schiaccia la zona
industriale, 7 ettari tra moli e strade sono attraversate da un muro d’aria che
strappa via le strutture dalle fondazioni. Dopo aver spazzato via la stazione
dei pompieri, la fabbrica di compensato Vanesta e i locali commerciali dei Royal
Victoria Docks di Canning Town, aver dilaniato le navi ormeggiate, la banchina
e i due serbatoi d’olio combustibile della Silvertown Lubricants Oil, l’onda di
sovrappressione oltrepassa il fiume raggiungendo il gasometro sulla penisola di
Greenwich. 200.000 metri cubi di gas esplodono con una gigantesca palla di
fuoco che illumina la notte inondando il cielo di lingue di fuoco e metallo
mentre la sfera d’aria prosegue la sua corsa verso la zona residenziale. Mentre
i piani alti vengono dilaniati i residenti, sorpresi nel pieno delle faccende
domestiche, cercano di mettersi in salvo come possono nascondendosi sotto i
tavoli. Ad alcuni va peggio, scaraventati fuori dalle finestre da un’onda
d’urto che semina distruzione per chilometri. Dopo la tempesta arriva il
silenzio, un silenzio quasi irreale ma che dura poco perché le strutture strappate
da terra ricadono in pezzi su tutta l’area. Le coperture dei capannoni e delle
case sono colpite da una pesante grandinata di metallo, legno e cemento. Lo
scenario che gli si presenta davanti ai soccorsi che stanno arrivando da ogni
parte di Londra è spettrale. Non è rimasto in piedi praticamente niente e
quello che miracolosamente ha resistito sta bruciando. La stazione dei vigili
del fuoco di Silvertown costruita solo tre anni fa non c’è più, così come la
vicina scuola e la St. Barnabas Church su Eastwood Road. 974 abitazioni sono
sparite, 69.837 sono pesantemente danneggiate, sul Tamigi le navi sono avvolte
dalle fiamme così come i magazzini, i capannoni, i negozi, anche le 32 scuole
non sono state risparmiate. I cereali dei due mulini, sollevati in aria dopo lo
squarciamento della struttura, trasformati in fuoco e trasportati dal vento
stanno appiccando incendi per chilometri. Dalla città di Kent, a 62 chilometri
di distanza, i passanti stanno assistendo alla notte di Silvertown trasformata
in giorno. Le strade sono disseminate di detriti, macchinari volati per aria,
alcuni del peso di svariate tonnellate, sono precipitati sulle fabbriche e le
case degli operai. Anche la caldaia dello stabilimento è volata via, ora
si trova al centro della strada in una massa informe di metallo del peso di 15
tonnellate. 73 persone sono state fatte a pezzi, 438 sono rimaste ferite, molte
sono gravissime. I danni sono incalcolabili. La fabbrica della Brunner, Mond
& Co. non c’è più, al suo posto c’è un grosso cratere con dentro morti e
macerie e tra questi c’è anche il dottor Angel, o quello che ne resta. Per
strada i corpi giacciono contorti, smembrati, uomini, donne, anche bambini,
qualcuno è sotto tonnellate di mattoni, qualcun altro sopra un muretto. Ci sono
madri che cercano i figli, e poi gruppi di persone, stordite dall'accaduto e
molte sanguinanti con addosso le giacche di chi le ha soccorse, che scavano assieme
all’esercito e ai volontari tra le macerie di case e negozi alla ricerca di
qualcuno che forse non rivedrà più. George Greenoff, colpito alla testa da una
scheggia è a terra privo di sensi, morirà tra nove giorni in ospedale. Chi
riesce a camminare viene medicato per strada in stazioni di pronto soccorso allestite
all’aperto, la chiesa di San Barnaba, trasformata in ospedale, viene destinata
ai casi più gravi mentre il Queen Mary's Hospital, diventato una gigantesca
camera mortuaria, è in attesa dei primi corpi senza vita. La risposta locale è
enorme ed immediata. L'esercito, i servizi di emergenza, le organizzazioni di
beneficenza, i funzionari del governo locale e le persone comuni si precipitano
per dare una mano come possono. Anche l’organizzazione dell’Esercito della
Salvezza si è mobilitata aprendo nove rifugi presso scuole, chiese e ampi
locali per fornire immediatamente alloggio, cibo e bevande calde. Qualcuno apre
addirittura le porte di casa per dare riparo a chi una casa probabilmente non l’ha
più, sono migliaia. Ci vorranno quattro giorni per spegnere i roghi e due mesi
per rendere la zona nuovamente accessibile. Gli aiuti e i risarcimenti saranno
ingenti e arriveranno da tutto il Regno Unito, anche dal Primo Ministro David
Lloyd George e da Re Giorgio V, un piccolo gesto consolatorio per confortare,
anche se in piccola parte, le famiglie delle vittime di quella che rimarrà per
anni a venire la più grande esplosione nella storia di Londra.
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