TIPOLOGIA: incidente
CAUSE: errore umano
DATA: 27 maggio 1915
STATO: Inghilterra
LUOGO: Saltpan Reach
MORTI: 352
FERITI: 84
Analisi e ricostruzione a cura di Luigi Sistu
È il 27 maggio 1915, è mattino e alla boa numero 28 del porto di Saltpan
Reach, sull'estuario del fiume Medway tra Port Victoria e l’antica città
fortificata di Sheerness adiacente al cantiere navale della Royal Navy di
Chatham, è ormeggiata la HMS Princess Irene. Con le sue 5.394 tonnellate, la
HMS, “Her Majesty's Ship, la Nave di Sua Maestà, è stata varata l’anno scorso.
Nata per essere un vettore oceanico di lusso per 1.500 passeggeri, progettata e
costruita dalla William Denny e Brothers Ltd di Dumbarton, in Scozia, per la
Canadian Pacific Railway, è stata inaugurata il 20 ottobre per servire, assieme
alla sua gemella Princess Margaret, il percorso Vancouver-Victoria-Seattle.
Prima di salpare per il viaggio inaugurale è stata requisita dalla Marina Reale
Britannica che ha rimosso il ponte principale e ne ha modificato la configurazione
per convertirla in nave posamine. L’Europa è in guerra, una situazione che mese
dopo mese si prospetta più difficile del previsto, il predominio anglo-francese
sui mari preclude alla Germania ogni fonte di approvvigionamento esterno e il
blocco navale imposto dalla Gran Bretagna nella Manica tiene in una stretta
mortale il commercio tedesco. La ritorsione della Germania, affidata alla micidiale
azione dei sottomarini, è la decisione di spezzare questo blocco attraverso una
guerra sottomarina che contempla la possibilità di colpire anche i paesi
neutrali. Dopo l’affondamento del transatlantico RSM Lusitania con la morte di
1.201 passeggeri lo scorso 7 maggio, l’Inghilterra, iniziando a temere che
questa guerra potrebbe non finire poi così presto, sta mobilitando il suo
impero. Disponendo della più importante flotta commerciale del mondo importa quasi
tutto il petrolio, e cosa più importante per un’isola densamente popolata, la
metà delle derrate alimentari. Dove gli obiettivi delle operazioni navali sono la
protezione dei convogli destinati al fronte francese in cui navi cariche di
materiali e soldati attraversano le acque costantemente pattugliate da
cacciatorpediniere e sommergibili, la posa degli sbarramenti minati difensivi è
fondamentale per il blocco navale, sia allo scopo di precludere alla flotta
tedesca l'uscita nell'aperto Oceano Atlantico, sia il suo commercio marittimo
con le potenze neutrali, sia per proteggere il flusso di uomini e mezzi verso
la Francia attraverso la manica con una rete di mine che copre una vasta
superficie del Mare del Nord, tra la foce del Tamigi e l'Olanda. Per la
costruzione di questa rete, programmata nella posa 128 mila mine in tre anni, in
ausilio alle unità navali militari sono impiegate anche le mercantili appositamente
modificate scelte per l’elevata capacità di carico e la precisione nella
navigazione, caratteristiche di cui solo queste imbarcazioni sono provviste. Con
imbarcati 225 membri di equipaggio, la Princess Irene è un colosso di 120 metri
di lunghezza e largo 16 che, alimentata da quattro turbine a vapore in grado di
spingerla fino alla velocità di 41,7 chilometri orari, imbarca un carico di 500
“Navy Spherical Mine” Type H Mark V, molto
diverse dai primi seicenteschi prototipi inglesi che avevano messo a dura prova
le navi di Luigi XIII. I barili di legno pieni di esplosivo con un acciarino da
moschetto come dispositivo di accensione e ancorati a grosse pietre sul fondo,
avevano funzionato così bene che gli ufficiali della Marina Pontificia ne
avevano copiato il design per riadattarlo alla difesa dei porti dalle scorrerie
dei pirati barbareschi. Di 102 centimetri di diametro e pesanti 399 chilogrammi,
le mine Mark V, loro straordinaria evoluzione sotto il profilo tecnologico e
offensivo, sono in preparazione sui carrelli per le messa in servizio per un
totale di 113.500 chilogrammi di esplosivo ad alto potenziale armati e pronti
all’uso. Partite dalle località fluviali di Woolwich e Upnor e arrivate a
Saltpan Reach su delle chiatte lungo i fiumi Tamigi e Medway, sono un modello sferico
“a contatto” Hertz, cioè ad attivazione ad urtante con fiala di acido solforico.
Gli urtanti, sei spilli in piombo montati sulla superficie della sfera, quattro
sulla parte superiore e due su quella inferiore, quando entrano a contatto con
un corpo esterno si piegano rompendo la fiala di vetro all’interno che rilascia
l’acido. Colando per gravità attraverso un condotto, questo è convogliato forzatamente
fino a una batteria al piombo sotto lo spillo che viene attivata generando una
corrente sufficiente ad alimentare il sistema di innesco. Questo è costituito
da un detonatore elettrico all’Azoturo di Piombo, un tubicino d’innesco in
alluminio erede di quello inventato da Julius Smith nel 1876, riempito col
preparato della Curtis's and Harvey Ltd Explosives Factory del 1890 che innesca
una carica esplosiva cilindrica primaria di Trinitrotoluene, un esplosivo
preparato la prima volta nel 1863 dal chimico tedesco Julius Wilbrand,
perfezionato dal chimico tedesco Hermann Frantz Moritz Kopp nel 1888 e prodotto
industrialmente in Germania un anno dopo col nome di Tritolo. Il booster,
infilato per tutta la lunghezza all’interno dell’alloggiamento della carica
principale, più grossa, funge da spinta per 227 chilogrammi di Amatolo 60/40
chiusi in una camera metallica stagna, una potente miscela creata dalle forze
armate britanniche all’inizio della guerra e costituita da una percentuale del 40%
di Trinitrotoluene e 60% di Nitrato d'ammonio. Concepito principalmente come fertilizzante
e chiamato col nome di “nitrum flammans” per via del colore giallo della sua
fiamma, il Nitrato d’Ammonio è stato preparato e descritto nel 1659 da Johann
Rudolph Glauber, un chimico e farmacista tedesco considerato uno dei fondatori
della chimica industriale moderna e precursore dell’ingegneria chimica, per poi
essere scoperto come prodotto esplodente dal chimico e ingegnere svedese Alfred
Nobel nel 1870. Grazie al sistema di fissaggio della mina sul carrello, la posa
in mare diventa semplice e veloce tanto che la Princess Irene è in grado di posare
uno sbarramento di 12 chilometri in 20 minuti procedendo con una velocità costante
di 20 nodi, circa 40 chilometri orari. Il carrello, un cassone in ferro di
grande peso che funge da zavorra, durante il trasporto regge su di sé la mina
semplificando la movimentazione rendendola in tal modo più sicura. Al suo
interno contiene l’avvolgimento di un trefolo d’acciaio in grado di sostenere
la mina e tenerla ancorata al carrello che, una volta rilasciato, si posa sul
fondale facendola fluttuare alla profondità stabilita calcolata grazie ad un
sistema a pressostato. Chiamato così per via di quattro ruote di derivazione
ferroviaria che scorrono su rotaie imbullonate sul ponte della nave, il carrello
viene sganciato in mare e, dopo qualche secondo di galleggiamento, affonda
srotolando il cavo fino a raggiungere la profondità programmata dove il
pressostato attiva, sotto la pressione dell’acqua, un meccanismo che fa
scattare un freno di blocco del rocchetto facendo affondare la zavorra, trattenendo
la mina ad una profondità compresa tra 5 e 10 metri dalla superficie e
sganciando una molla che infila meccanicamente il detonatore all’interno del
booster armando la carica principale. La Princess Irene è dotata di tre serie
di binari sui due lati del ponte principale e altre due serie su quello
posteriore, per poter imbarcare il maggior numero di mine le file di binari
sono imbullonate il più vicino possibile le une alle altre, così vicine che nella
posa dei carrelli gli operatori devono prestare la massima attenzione che gli
urtanti di ogni mina non collidano tra loro. Si è sempre discusso in merito al
personale addetto al carico e allo scarico delle merci, e ancora di più per la
manipolazione degli armamenti e oggi, a bordo con l’equipaggio ci sono anche 78
operai della Sheerness Dockyard divisi in due squadre. Mentre una si sta
occupando di verificare i rinforzi delle intelaiature in ferro che sostengono
il peso delle mine sul ponte non progettato per un carico simile, l’altra sta registrando
le rotaie in vista della partenza programmata per il 29. George Kilpatrick, che
avrebbe dovuto far parte della seconda squadra, ottenendo un cambio turno dell’ultimo
minuto è appena andato via. Anche il 21enne John Jeffrey Sutton non è a bordo,
ha chiesto al Capitano il permesso di scendere a terra per un appuntamento dal
dentista. Si è arruolato a Portsmouth nel giugno di tre anni fa e ottenuta la
certificazione di sottufficiale in solo un anno è stato imbarcato a marzo sul
posamine come segnalatore della Royal Navy. A bordo invece operai e membri
dell’equipaggio si stanno occupando del delicato montaggio dei carrelli e in
pesante ritardo sulla tabella di marcia stanno cercando di recuperarlo accelerando
le operazioni. L’ispezione di ogni mina prima di essere trascinata nella sua
corsia dopo il trasbordo dalla chiatta al ponte del posamine, operazione fino a
pochi minuti fa meticolosa e particolarmente lunga, viene ridotta ad una
verifica superficiale, veloce, troppo, talmente veloce da non vedere che un
violento scossone durante la fase di rilascio delle cinghie nel poggiare una
mina sul ponte ha fatto saltare il fermo di sicurezza della molla spingendo il
detonatore nell’alloggiamento del booster. La mina, armata, è spostata sui
binari e incolonnata alle altre. Sono le ore 11:08, le operazioni stanno
volgendo al termine, i carrelli sono ordinatamente poggiati gli uni agli altri
in un incastro perfetto con gli urtanti di ogni sfera che quasi si sfiorano. La
mina innescata, silente in mezzo alle altre 499, ha accusato per ore gli
effetti dell’atterraggio fuori controllo. Le vibrazioni, troppo intense per un
marchingegno di tale complessità, hanno danneggiato anche la fiala di un
urtante, filatura nel vetro che ha consentito all’acido di colare per il
condotto, goccia dopo goccia, depositandosi sulla superficie della batteria che
improvvisamente si attiva. La corrente elettrica, schizzando fino al detonatore
lo accende. La miscela incendiaria al suo interno avvia l’Azoturo di Piombo
sensibile al calore che innesca il Tritolo del booster facendo detonare la carica
principale. L’Amatolo scatena la sua potenza, con una velocità di detonazione
di 5.000 metri al secondo i 227 chilogrammi esplodono facendo saltare le mine
di poppa innescando una velocissima reazione a catena. Una colonna di fuoco si
alza nel cielo seguita da una seconda che sovrasta la precedente sollevandosi
per 90 metri e lanciando in acqua chi si trova sul ponte. Nessuno ha il tempo
di fare quasi nulla, in una frazione di secondo una terza fiammata avvolge la
nave, la Her Majesty's Ship Princess Irene salta in aria. La furia delle 113.500
tonnellate di Amatolo solleva le 5.394 del posamine staccandolo letteralmente
dall’acqua spezzandolo in due. L’equipaggio è fatto a pezzi, parti di corpi in
fiamme sono lanciati in mare e sulla terraferma sparpagliati assieme a lamiere
e detriti. Sotto una palla di fuoco che continua a salire verso il cielo, a
pelo d’acqua l’onda d’urto generata viaggia ad una velocità mostruosa. Investe immediatamente
le chiatte, le spoglia, scoperchia le cabine e prosegue raggiungendo una nave
da trasporto carbone ad 800 metri dove strappa i bulloni della gru dalle
piastre scaraventandoci addosso una caldaia, sradicando la struttura dai
sostegni e sventrando un marinaio con una scheggia di metallo del peso di 46
chilogrammi. Dopo avere portato distruzione in mare, l’onda di sovrappressione impatta
a tutta velocità sulla costa. Il muro d’aria, accompagnato da una tempesta di
frammenti colpisce il deposito di combustibili dell'Admiralty di Port Victoria perforando
le cisterne della stazione di pompaggio che esplodono radendo al suolo parte
dell’area industriale. Ad Isle of Grain, il punto più orientale della penisola
di Hoo nel distretto di Medway nel Kent, non va di certo meglio, una pioggia di
fuoco e ferro si riversa sulle case, sulle campagne, sulle persone. Nel
giardino di casa, una mamma si vede decapitare davanti agli occhi la figlia di
nove anni da un frammento di ferro di 35 chilogrammi mentre una sezione di
10.160 chilogrammi del posamine compare dal nulla conficcandosi in un terreno
poco distante. In un raggio di 32 chilometri dal cielo piove metallo, parti
delle caldaie e della chiglia bombardano la costa, a Sittingbourne un fumaiolo
atterra in un parcheggio, a Bredhurst un pezzo della prua scoperchia un negozio,
ad Hartlip alcune paratie sfregiano una palazzina e ad Rainham una porzione del
ponte infilza una delle vie più trafficate. 84 persone vengono colpite,
fortunatamente molte saranno in grado di raccontarlo. Nel Punto Zero invece è
calato il silenzio. La Princess Irene si è disintegrata. Da un fungo nero alto 400
metri, come fogli di carta giù da un palazzo planano lamiere sull’acqua intrisa
d’olio che brucia su una distesa di corpi straziati. In città John Jeffrey
Sutton è ancora dal dentista quando la finestra si spalanca con un ruggito. Si
alza dal lettino, si affaccia, la gente si è riversata in strada e indica
qualcosa verso il mare. Sutton si precipita in strada, guarda la costa,
un’immensa colonna di fumo copre il cielo proprio dove c’era la sua nave,
disintegrata, sparita portando con sé 352 anime vittime di una disattenzione
che probabilmente, anzi, quasi sicuramente si sarebbe potuta evitare.
Tutti i
diritti sono riservati. È vietata qualsiasi utilizzazione, totale
o parziale, dei contenuti inseriti nel presente blog, ivi inclusa la
memorizzazione, riproduzione, rielaborazione, diffusione o distribuzione dei
contenuti stessi mediante qualunque piattaforma tecnologica, supporto o rete
telematica, senza previa autorizzazione.
Gli articoli pubblicati su questo blog sono il
prodotto intellettuale dell'autore, frutto dello studio di perizie,
testimonianze e rilievi video-fotografici reperiti dallo stesso in sede
privata. L'intento di chi scrive è la divulgazione di eventi di interesse
pubblico accompagnati da un'analisi tecnica degli stessi rinnegando qualsiasi
giudizio personale, politico, religioso.