01 settembre, 2019

Tianjin, Porto, 12 agosto 2015


TIPOLOGIA: incidente
CAUSE: errore umano
DATA:
12 agosto 2015
STATO: Cina
LUOGO: Tianjin, Porto
MORTI:
173
FERITI: 797

Analisi e ricostruzione a cura di Luigi Sistu

Tianjin è una delle quattro municipalità della Repubblica Popolare Cinese e ha una popolazione di oltre 15 milioni di abitanti che la rendono la quarta municipalità della Cina per popolazione dopo Shanghai, Pechino e Chongqing. La “Tianjin Dongjiang Port Ruihai International Logistics” è un'azienda logistica privata fondata nel 2011 e gestisce la movimentazione di sostanze chimiche pericolose all'interno del porto. Sostanze infiammabili, corrosive, agenti ossidanti e sostanze chimiche tossiche, sono stoccate all’interno di container impilati ordinatamente gli uni sugli altri. La società è stata designata dalla Safety Administration Tianjin marittima come unica agenzia autorizzata per la gestione di queste sostanze all’interno dell’area portuale e la sua intera area logistica comprende 46.000 metri quadrati organizzati in decine di magazzini di stoccaggio, una pompa antincendio, delle cisterne per l’approvvigionamento dell’acqua e delle barriere tagliafuoco tra una zona e l’altra. L’insieme dei compartimenti che immagazzina 40 diversi tipi di prodotti chimici pericolosi per una massa totale di 11.000 tonnellate, trenta volte oltre il limite consentito, è registrato come impianto di stoccaggio chimico pericoloso per carburo di calcio e nitrato di sodio e potassio. Il piano di sicurezza redatto immediatamente prevedeva due regole fondamentali: le squadre antincendio avrebbero tenuto un registro costantemente aggiornato sul tipo di prodotti pericolosi stoccati giornalmente; tra l’ultima barriera di protezione dell’area di stoccaggio e le strutture pubbliche e di edilizia privata sarebbe dovuta essere mantenuta una distanza di sicurezza di almeno un chilometro lineare. La superficie coperta da questa distanza, la “terra di nessuno”, avrebbe dovuto garantire un margine di sicurezza in caso di incidente, ovviamente se i limiti di stoccaggio all’interno dei magazzini fossero stati rispettati. Questo non è avvenuto. È il 12 agosto 2015 e nell’area di stoccaggio sono impilati uno sull’altro container contenenti sacchi di carburo di calcio, nitrato di potassio, Nitrato d’Ammonio, balle di Nitrocellulosa, prodotto esplosivo scoperto dal chimico tedesco Christian Friedrich Schönbein nel 1846, e Nitrato di Ammonio, un fertilizzante preparato dal chimico e farmacista tedesco Rudolph Glauber nel 1659 che lo aveva chiamato “nitrum flammans” per via del colore giallo della sua fiamma e scoperto come prodotto esplodente dal chimico e ingegnere svedese Alfred Nobel nel 1870. In quattro anni le caserme dei vigili del fuoco non hanno mai avuto gli aggiornamenti richiesti e gli abitanti locali non sono mai stati messi a conoscenza del reale pericolo che corrono giornalmente. Sono settimane che a Tianjin fa un caldo torrido e in mai nessuno si è preoccupato di controllare i prodotti all’interno dei depositi che ogni giorno raggiungono temperature altissime che salgono esponenzialmente nei container di metallo da 6 e 12 metri di lunghezza. Alle ore 22:50, in uno dei container contenenti la Nitrocellulosa in balle, a causa della vaporizzazione dell'agente bagnante durante la giornata, il materiale diventato secco e facilmente infiammabile prende fuoco. Bastano pochi minuti perché l’incendio diventi violento e ingestibile. Suona l’allarme, le prime squadre antincendio si mettono in moto tempestivamente, arrivano sul posto ma ormai le fiamme sono incontrollabili, si sono già propagate ai depositi attigui. I vigili del fuoco che per primi arrivano sull’area invasa dalle fiamme azionano gli idranti per procedere da protocollo col cercare di spegnere il fuoco usando l’acqua. Non hanno la minima idea di quello i depositi contengano, non hanno la minima idea di quello che stanno per provocare. L’acqua viene spruzzata ad altissima pressione sulle fiamme che hanno aggredito il deposito di carburo di calcio che reagisce rapidamente con questa dando luogo alla produzione di acetilene, idrocarburo altamente volatile e infiammabile che esplode al contatto con le fiamme innescando la Nitrocellulosa. Sono le ore 23:30, si scatena l’inimmaginabile, una pila di container con 200 tonnellate di Nitrocellulosa salta in aria. L’esplosione è registrata come un terremoto di magnitudo 2,3 della scala Richter e con un’onda d'urto di energia l'equivalente a 2,9 tonnellate di trinitrotoluene, esplosivo preparato la prima volta nel 1863 dal chimico tedesco Julius Wilbrand e utilizzato come metro di comparazione per i fenomeni esplosivi. I container da 4 tonnellate vengono ribaltati uno sull’altro mentre una palla di fuoco si alza per 300 metri d’altezza. La temperatura sale a tal punto da innescare 40 secondi dopo il vicino stoccaggio di 800 tonnellate di Nitrato d’Ammonio e 500 tonnellate di Nitrato di Potassio che forniscono ossigeno all’esplosione, di potenza nettamente superiore, abbastanza grande da essere fotografata da Himawari, un satellite meteorologico geostazionario gestito dalla Japan Meteorological Agency. Questa viene registrata come un terremoto di magnitudo 2,9 della scala Richter e con un’onda d’urto di energia equivalente a 21,9 tonnellate di trinitrotoluene. Gli edifici sono scossi dall’onda d’urto, i container lanciati in aria e una seconda palla di fuoco si alza oltre 700 metri rilasciando nell’atmosfera una gigantesca nube tossica. 173 persone, tra cui 95 vigili del fuoco e 11 agenti di polizia, vengono fatti a pezzi, 8 non saranno mai trovate. In 797 rimarranno orribilmente sfigurati, il calore generato è immenso. Gli operai, gli automobilisti, i vigili del fuoco e i primi soccorritori che si trovano a meno di 2 chilometri dal Punto Zero si incendiano. Ad una distanza maggiore, chiunque si trova all’aperto viene investito da detriti e pezzi di lamiera. Nelle abitazioni civili a 500 metri e nei grattacieli a 3 chilometri di distanza, gli improvvisati spettatori vengono colpiti da una pioggia di vetro e metallo, i tetti degli edifici si aprono e le finestre scoppiano. A 4 chilometri, in un grande magazzino giapponese le pareti e i soffitti si squarciano. A 6 chilometri, al Centro Nazionale di Supercalcolo, le grandi vetrate vengono scardinate e i controsoffitti rovinano a terra. Nel luogo del disastro non resta altro che un gigantesco cratere. Gli edifici di sette maggiori aziende di logistica circostanti sono distrutti, le pile di container intermodali sono rovesciate e accartocciate, 8.000 nuove vetture Hyundai, Kia, Volkswagen, Renault e Toyota, lasciate in stallo vicino al luogo dell'esplosione, bruciate, gli edifici circostanti dichiarati "strutturalmente non sicuri". In totale, 304 edifici, 12.428 automobili e 7.533 container intermodali sono resi inutilizzabili. 1.000 vigili del fuoco accorrono sul posto per contenere il disastro con ogni mezzo necessario combattendo gli incendi senza usare l’acqua per evitare altre detonazioni. 3.500 residenti dell'area vengono immediatamente evacuati e trasferiti in rifugi temporanei seguiti da altri 3.000 nelle ore successive per un allargamento della zona sicura fino ad un raggio di 3 chilometri dal Punto Zero. L’aria rimarrà irrespirabile per giorni, le acque impraticabili, centinaia di migliaia di pesci, di uccelli , di animali, pagheranno con la vita l’avvelenamento dalla nube tossica. Questo è l’ultimo di una serie di incidenti simili, l’ultimo esempio di quanto la storia non riesca ad insegnare alle generazioni future quanto certe sostanze vadano gestite con la cautela che si meritano.

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