01 aprile, 2020

Londra, Trasporti pubblici, 7 luglio 2005


TIPOLOGIA: attentato
CAUSE: attacco suicida coordinato
DATA:
7 luglio 2005
STATO: Inghilterra
LUOGO: Londra, Trasporti pubblici
MORTI:
56
FERITI:
698

Analisi e ricostruzione a cura di Luigi Sistu

Mentre nei pressi di Edimburgo si sta tenendo il 31º vertice del G8, il forum politico degli 8 stati industriali più avanzati della Terra, e nello stesso momento viene festeggiata la scelta della capitale inglese come sede delle Olimpiadi del 2012, questa mattina del 7 luglio 2005, alle ore 08:30 circa, quattro uomini stanno arrivando a Londra alla stazione ferroviaria di King's Cross. A bordo di un treno proveniente dal West Yorkshire non sono turisti, non sono neanche pendolari, sono terroristi e il sistema del trasporto pubblico è il loro obiettivo. Pianificato in un appartamento del distretto metropolitano di  Leeds, un piccolo immobile trasformato in rudimentale laboratorio chimico, qualche ora fa ne sono stati ultimati i preparativi. I percorsi, gli orari, tutto ripassato al setaccio. Mustafa Setmariam Nasar, la mente, ha rivisto tragitti, compiti e destinazioni del complesso piano in cui ognuno di loro si sarebbe fatto esplodere in un punto preciso della rete del trasporto pubblico di Londra. Hasib Hussain, 19 anni, da Colenso Mount avrebbe dovuto prendere l'autobus numero 30, sedersi in uno dei posti sul retro e attendere. Shehzad Tanweer, 22 anni, da Colwyn Road sarebbe salito sul treno ad Aldgate, Mohammad Sidique Khan, 30 anni, sposato, padre da poco e risiedente a Dewsbury avrebbe invece preso il treno a Edgware Road, Lindsey Germaine, 30 anni, di origine giamaicana e risiedente a Aylesbury avrebbe preso quello della linea Piccadilly. Chi si sta muovendo indisturbata per l’area metropolitana londinese è una cellula inglese di al-Qaida, un movimento fondamentalista islamista sunnita paramilitare terroristico nato nel 1988 durante la Guerra in Afghanistan e guidato dal miliardario saudita Osāma bin Lāden. 17esimo dei 57 figli dell’immobiliarista yemenita Mohammed bin Awad bin Lāden, avvalso della guida ideologica di Ayman al-Zawāhirī, scrittore, poeta e medico de Il Cairo appartenente ad una famiglia di dotti religiosi e di magistrati, aveva dato origine al movimento utilizzando soldi e macchinari della propria impresa di costruzioni per aiutare la resistenza dei mujaheddin durante l’invasione sovietica dell’Afghanistan. L’intento della cellula londinese, attivata invece in risposta al coinvolgimento militare britannico in Iraq e in Afghanistan, è quello di far detonare le bombe quasi simultaneamente, senza nessun preavviso, attivandole nella prima mattinata in modo da provocare il maggior numero di vittime tra la popolazione civile e incentrare sull’evento l’attenzione della stampa mondiale. I quattro giovani si trovano esattamente dove dovrebbero essere, come da piano, ognuno col proprio zaino, ognuno con celato all’interno il letale carico esplosivo. Dietro una delle cerniere dello zaino-bomba, un progetto sofisticato, uno dei tanti messi a punto nella città di Jalalabad, la quinta più grande dell'Afghanistan, c’è un comando meccanico di attivazione a chiusura di istantanea di un circuito elettrico con batteria collegato ad un innesco primario artigianale. Questo è un piccolo cilindro di metallo contenente una piccola quantità di esplosivo primario, l’Esametilene Triperossido Diammina, l’HMTD, un composto organico altamente esplosivo sintetizzato per la prima volta nel 1885 dal chimico tedesco Friedrich Legler e largamente utilizzato dagli inizi del XX secolo grazie al vantaggio di avere una produzione poco costosa e un alto potere di innesco, nettamente superiore a quello del Fulminato di Mercurio, l’esplosivo primario sensibilissimo agli urti e al calore, sintetizzato già nel XVII secolo e perfezionato nel 1799 dal chimico inglese Edward Howard. Nell’HMTD è annegato un accenditore pirotecnico costituito da due fili elettrici spellati, legati tra loro e cosparsi con collante e polvere di zolfo. La miscela del sensibilissimo esplosivo primario, talmente instabile da essere attivata da urti, attriti, scariche di elettricità statica, forti radiazioni UV, calore e anche da acido solforico concentrato, inserita nel primitivo sistema di innesco brutta copia del detonatore elettrico inventato nel 1876 da Julius Smith, è immersa in una carica di 4,5 chilogrammi di Perossido di Acetone. Questo è il TACTP, un potentissimo esplosivo primario pulvirulento cristallino inodore, altamente sensibile al calore, all'attrito, agli urti nonché all’elettricità statica. La fabbricazione nel rudimentale laboratorio di questo esplosivo, scoperto in Germania nel 1895 dal chimico tedesco Richard Wolffestein, è stata resa possibile dal basso costo delle materie prime e dalla semplicità della fabbricazione anche con attrezzature non specializzate. La sua rischiosa lavorazione non ha eguali e tale elevata pericolosità data dalla sensibilità d’innesco fa di questo il più pericoloso degli esplosivi. Mustafa Setmariam Nasar ha mandato i giovani al martirio con un’arma potente, somigliante come consistenza e colore allo zucchero, all’apparenza innocua, fabbricata nella cucina dell’appartamento con solvente per unghie, decolorante per capelli con acqua ossigenata e acido solforico. Usato dai jihadisti di ogni fazione fin dagli anni ’80, questo esplosivo, infallibile e tristemente soprannominato “la Madre di Satana” proprio per il suo elevato grado di instabilità, è costato la vita a molti artificieri che cercavano di sintetizzarlo in ambito domestico privi di adeguata attrezzatura o di un laboratorio dedicato. Inconsapevoli del pericolo rappresentato anche dal trasporto, i quattro martiri lo tengono chiuso in involucri stagni allo stato solito, in cristalli completamente asciutti, molto più sensibili rispetto a quelli appena sintetizzati, ancora umidi di acqua o acetone. Conservato in questo modo, peraltro l’unico per poterlo trasportare, rappresenta un ulteriore pericolo in virtù della propria volatilità in quanto tende a sublimare facilmente andando a cristallizzarsi sul coperchio del recipiente che lo contiene, pronto ad esplodere alla sola apertura per sollecitazione, quindi reazione per simpatia del resto del contenuto. I giovani non sono a conoscenza della reale potenza del carico e ancora meno del suo livello di pericolosità. A loro Mustafa Setmariam Nasar non ha detto niente, la priorità è arrivare in orario sui punti prestabiliti e premere un interruttore, l’esplosivo farà il resto. Alla chiusura del circuito elettrico, la corrente dalla batteria arriverà alla parte terminale spellata dei fili arroventandoli e incendiando lo zolfo. Questo attiverà l’HMTD che assumerà la funzione di carica primaria innescando il TACTP che esploderà con una velocità di detonazione di 5.200 metri al secondo. Conosciuto come Abu Musab Al-Suri, Mustafa Setmariam Nasar ha 47 anni, ha i capelli rossi, gli occhi verdi e una carnagione bianchissima. È nato e cresciuto ad Aleppo in Siria e lì ha frequentato quattro anni di studi universitari presso la Facoltà di Ingegneria. Ha ottenuto la cittadinanza spagnola alla fine degli anni ‘80 sposando una donna spagnola. Tra gli organizzatori dell’attentato dinamitardo al ristorante El Descanso del 12 aprile 1985 e collegamento col “Gruppo combattente islamico marocchino” responsabile di quello ai treni locali dell’11 marzo 2004, Abu Musab Al-Suri in Spagna ha un curriculum di decine di morti e sulla testa una taglia di 5 milioni di dollari messa dalla CIA, la Central Intelligence Agency americana. Anche se qualcuno lo definisce “l’architetto siriano della jihad globale”, per lui il terrorismo è un dovere religioso, una ragione di vita, e ora, solo e in silenzio, da una stanza nel cuore dell’Inghilterra, con gli occhi puntati sulla cartina sta seguendo minuto dopo minuto e con meticolosa attenzione i movimenti dei mezzi pubblici. Dall’altra parte della città i mezzi sono affollati, è l’ora di punta. Gli attentatori, mescolati ai pendolari hanno gli occhi sull’orologio e le mani sullo zaino, pronti a scatenare una lunga mattinata di paura. La Circle Line è una linea di sub-superficie che corre ad una profondità di 7 metri con tunnel abbastanza larghi da ospitare contemporaneamente due treni su due binari paralleli. Qui il numero 204 in transito tra le stazioni di Liverpool Street e Aldgate si trova nel tunnel a poco meno di 100 metri dalla stazione di arrivo mentre il treno numero 216, appena ripartito dopo una sosta nella stazione ferroviaria di Edgware Road, si sta dirigendo a quella di Paddington. Sono le ore 08:49, il primo pulsante viene premuto, il terzo vagone del treno 204 esplode. 7 persone oltre l'attentatore sono fatte a pezzi. Il binario parallelo della Hammersmith and City Line tra la stazione di Liverpool Street e quella di Aldgate East si stacca dalle traversine. L’onda d’urto fa tremare le pareti mentre un muro di fumo intasa la galleria. 7 minuti, il secondo vagone del treno 216 si squarcia per tre quarti della lunghezza. 6 persone oltre l'attentatore sono fatte a pezzi. L’onda d’urto frantuma il muro di separazione e investe un secondo treno della stessa linea che procede in direzione opposta facendolo deragliare. Qui, dove l’elevato volume della galleria riduce l’effetto delle esplosioni dissipando le onde distruttive, sul terzo convoglio non ci sarà la stessa fortuna. Il treno numero 311 si trova in movimento tra le stazioni di King's Cross St. Pancras e Russell Square, sulla linea Piccadilly, a 450 metri dalla stazione di partenza. La Piccadilly Line, a differenza della Circle Line, è una linea di profondità 30 metri sotto la superficie con gallerie larghe solo 3,5 metri che ospitano un binario singolo e con un'intercapedine tra i muri e i treni di soli 15 centimetri. Alle ore 09:17 il terzo pulsante viene premuto. Il retro del primo vagone si apre come un barattolo. 26 persone oltre l'attentatore sono ridotte a brandelli. Nello spazio ristretto della galleria di questa linea di profondità la forza dirompente viene concentrata e l'effetto moltiplicato. È un disastro. L'onda di sovrappressione, costretta a sfogare verso i lati investe il secondo vagone, compromette la struttura del tunnel e accartoccia qualunque cosa trovi sul suo percorso: le persone sono schiacciate contro le pareti, contro il soffitto, sbalzate sulle rotaie e travolte dal treno ancora in movimento. Si scatena il panico, i passeggeri dei treni cercano in una fuga disordinata di raggiungere le uscite dei tunnel mentre la città viene blindata. Le persone nel tentativo di andare il più lontano possibile dalle esplosioni si riversano in strada per salire sugli autobus, all’apparenza i mezzi più sicuri e veloci per allontanarsi. Uno di questi, a due piani della linea 30, partito da Marble Arch con direzione Hackney Wick, è preso d’assalto alla stazione degli autobus di Euston. C’è polizia ovunque, la chiusura al traffico di alcuni tratti nella zona di King's Cross obbligano a una deviazione del mezzo sul normale percorso. È stracolmo di gente, è sta transitando per Tavistock Square. Sono ore 09:47 e Hasib Hussain, seduto in penultima fila con la mano nella tasca centrale dello zaino, preme il pulsante. Con un boato tremendo l’autobus si squarcia aprendo in aria un ombrello di fuoco. 13 persone vengono macellate. L'esplosione stacca il tetto del piano superiore e distrugge la porzione posteriore del mezzo. L’onda di sovrappressione generata, dopo aver accartocciato tubi e lamiere, investe la porzione anteriore strappando i sedili e scaraventando sul pavimento i passeggeri. Un fungo nero si alza tra i palazzi lasciando sotto di sé sangue e rottami che invadono la carreggiata per decine di metri. Il retro dell’autobus non esiste più, la violenza dell’esplosione è stata tale da rendere difficile il conteggio dei morti. Chi si trovava in strada non è stato risparmiato, una sfera di frammenti li ha raggiunti infilzandoli. Frammenti di lamiera e porzioni di finestrino si sono trasformati in proiettili crivellando perfino le facciate dei palazzi. I pezzi dei passeggeri sono sparpagliati sull’asfalto e sui tetti delle auto in sosta mentre un rivolo di sangue sta colando dalla scaletta dell’autobus spaccato a metà, Nell’aria c’è odore di carne bruciata e benzina. È uno spettacolo agghiacciante, uno scenario spettrale, lungo le strade si muovono solo i mezzi dei pompieri, le auto della polizia e le ambulanze. Qualcuno timidamente si affaccia sui marciapiedi, è spaventato, disorientato, cerca solo di tornare a casa, neanche fa caso a chi è seduto e aspetta di essere medicato. La città si è appena svegliata dentro un incubo. L’interesse da parte dei media globali sarà inevitabile, i riflettori si accenderanno su una Londra colpita al cuore, con 52 morti e 698 i feriti, vittime di un terrorismo criminale che con questo attacco, che entrerà nella storia del Regno Unito con la sigla “7/7″, il più sanguinoso dalla strage di Lockerbie del Volo Pan Am 103 del 21 dicembre 1988, ha dimostrato di saper colpire ovunque, sotto gli occhi di tutti e con inumana crudeltà.

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