30 aprile, 2020

Isola di Minamidaitō, Volo Philippine Airlines 434, 11 dicembre 1994


TIPOLOGIA: attentato
CAUSE: carica occultata
DATA:
11 dicembre 1994
STATO: Giappone
LUOGO:
Isola di Minamidaitō, volo Philippine Airlines 434
MORTI:
1
FERITI: 10

Analisi e ricostruzione a cura di Luigi Sistu

È l’11 dicembre del 1994 e Ramzī Aḥmad Yūsuf ha appena passato i controlli di sicurezza dell’Aeroporto Internazionale di Manila a Pasay City. Poco prima dell’alba, mentre un milione e mezzo di persone dormivano, aveva lasciato il suo appartamento portando con sé oggetti e indumenti in cui era stato occultato con cura maniacale l'occorrente per assemblare una micro bomba. Questa, da lui studiata e progettata, era stata realizzata in modo che le dimensioni dei componenti potessero eludere le perquisizioni, i raggi X e i metal detector dell’aeroporto essendo stati sistemati all’interno delle scarpe e altri oggetti di uso quotidiano. Yūsuf oggi collauderà l’ultima versione della sua creazione, verificherà la qualità e la quantità di esplosivo necessarie a danneggiare in maniera seria un grosso aereo di linea compromettendone la struttura. Il volo scelto per il test è quello del PAL 434 della Philippine Airlines con tratta da Manila, nelle Filippine, a Tokyo, in Giappone, presso l’Aeroporto Internazionale di Narita, avrebbe fatto scalo all’Aeroporto Internazionale di Mactan-Cebu, città turistica a 550 chilometri a sud di Manila, con un biglietto “dell’ultimo minuto” acquistato solo due giorni fa. “Se essere terrorista significa riscattare la mia terra e combattere contro chi ha attaccato me e i miei cari, non ho niente in contrario ad essere chiamato terrorista”, sono le parole di Yūsuf, 26 anni, nato in Kuwait e noto come Abdul Basit Mahmoud Abdul Karim e almeno un’altra quarantina di pseudonimi che la CIA, la Central Intelligence Agency americana, considera uno dei massimi esperti nella costruzione di ordigni esplosivi. Aveva studiato ingegneria elettrotecnica ad Oxford, preparazione che gli era servita come base di partenza per la sua carriera di esplosivista nei campi di addestramento mujaheddin nel 1988 in un Afghanistan invaso dai sovietici durante l’occupazione nella guerra russo-afghana, anno di nascita di al-Qaida, il movimento fondamentalista islamista sunnita paramilitare terroristico guidato dal miliardario saudita Osāma bin Lāden, 17esimo dei 57 figli dell’immobiliarista yemenita Mohammed bin Awad bin Lāden, che avvalso della guida ideologica di Ayman al-Zawāhirī, scrittore, poeta e medico de Il Cairo appartenente ad una famiglia di dotti religiosi e di magistrati, aveva deciso di utilizzare soldi e macchinari della propria impresa di costruzioni per aiutare la resistenza dei mujaheddin durante l’invasione. Yūsuf aveva fatto perdere le tracce dopo l’esplosione del camion-bomba nel parcheggio del World Trade Center di New York del 26 febbraio dell’anno scorso, attentato riuscito in parte poiché il crollo programmato della Torre Nord sulla Torre Sud non era avvenuto, ma questo non era stato che l’incipit di un piano ben più ampio ed ambizioso, il Progetto Bojinka, una articolata scacchiera di eventi pianificati assieme allo zio, Khalid Shaykh Muhammad, 29 anni, terrorista pakistano e conosciuto con almeno 50 pseudonimi, laureato in ingegneria meccanica alla North Carolina Agricultural and Technical State University e che in futuro sarà ricordato come uno dei principali architetti degli attacchi dell’11 settembre 2001 agli Stati Uniti d’America. Il piano, studiato anche con la collaborazione dell’organizzazione terroristica Abu Sayyaf, un gruppo paramilitare separatista islamico con base nelle isole a sud delle Filippine, prevede di fare esplodere contemporaneamente sull'Oceano Pacifico 11 aerei di linea della United Airlines, della Delta Airlines e della Northwest Airlines, tre delle maggiori compagnie aeree americane, con una stima di decessi intorno alle 4.000 unità ed eliminare successivamente il Presidente degli Stati Uniti d’America Bill Clinton, Papa Giovanni Paolo II durante la visita nelle Filippine, e colpire il quartier generale della CIA a Langley, in Virginia, con un piccolo aeroplano imbottito di esplosivo. Sono le ore 04:30, Ramzī Aḥmad Yūsuf riesce a salire sul volo PAL 434 utilizzando un passaporto italiano contraffatto a nome "Armaldo Forlani", un'errata trascrizione del nome del membro della Democrazia Cristiana Arnaldo Forlani, Capo del Governo dall’ottobre 1980 al giugno 1981, uno dei più importanti politici italiani dagli anni '70 all'inizio degli anni '90. Una volta a bordo dell’aereo domanda alla responsabile di cabina, Marìa dela Cruz, il permesso di cambiare posto e trasferirsi al 26K con la scusa di poter godere di una vista migliore. L’assistente di volo, che da un anno lavora sulle rotte nazionali della compagnia, acconsente senza particolari problemi. L’aeromobile è un Boeing 747-283B con 15 anni di servizio, un apparecchio a fusoliera larga quadrigetto di 71 metri di lunghezza, 20 metri di altezza, un’apertura alare di 60 metri, un peso massimo al decollo di 378 tonnellate e una configurazione a doppio ponte per parte della sua lunghezza. Con la registrazione EI-BWF e il numero di serie 21575, ha effettuato il suo primo volo ufficiale il 2 marzo 1979 con la Scandinavian Airlines e dopo aver volato con la Nigeria Airways, la Lionair e la Aerolinas Argentinas è passato alla compagnia di bandiera filippina il 1 aprile 1992. Sono le ore 05:00, in cabina di pilotaggio il Capitano Eduardo "Ed" Reyes, 57 anni ex pilota militare e il Primo Ufficiale Jaime Herrera fanno decollare l’aereo in perfetto orario. La prima tratta è quasi vuota, i passeggeri sono sparsi per i 550 posti. Mentre il Comandante, da 9 anni dipendente della Philippine Airlines, comunica ai passeggeri tramite l’interfono l’arrivo a Cebu per le ore 06:45, Yūsuf lascia il suo posto per recarsi al bagno. Con appresso kit personale da toeletta, una volta dentro chiude dietro di sé la porta a chiave, si toglie le scarpe, si sfila l’orologio e prende il contenitore in plastica del liquido per lenti a contatto dal borsello del kit da viaggio. Dai tacchi delle scarpe, ben al di sotto della zona di rilevazione dei metal detector in uso in questi anni, recupera 2 batterie da 9 Volt, 2 cavi elettrici, l’innesco e due fascette da elettricista. Questo è un piccolo detonatore elettrico artigianale, concettualmente simile a quello inventato nel 1876 da Julius Smith, e composto da un cilindro in alluminio con all’estremità due contatti elettrici collegati ad una resistenza affogata nella Polvere Nera, esplosivo costituito da 74,65% di Nitrato di Potassio, 13,50% di carbone e 11,85% di zolfo, ricetta arrivata ai giorni nostri grazie al monaco e scienziato Ruggero Bacone nel 1249 modificando quella comparsa per la prima volta in un'opera di Wu Ching Toung Yao nel 1044. L’orologio da polso, il modello F-91W digitale ideato dalla Casio ed immesso nel mercato nel 1991, era stato modificato in fase di progettazione della bomba perchè diventasse un meccanismo elettronico a tempo che consentisse l’attivazione dell’innesco. Yūsuf lo fissa alle due batterie nastrate assieme e collegate in serie da un ponticello e quindi ai contatti del detonatore artigianale. Immediatamente dopo prende il contenitore del liquido per lenti a contatto, svita il tappo e immerge la capsula d’innesco all’interno di un secondo contenitore incollato alla bocca della boccetta. Il liquido all’interno del contenitore più grande stava facendo da isolante protettivo antiurto ad uno più piccolo e delicato contenente della Nitroglicerina fatta in casa ottenuta seguendo le istruzioni di quella sintetizzata dal chimico e medico italiano Ascanio Sobrero nel 1847 dalla Nitrocellulosa, prodotto scoperto da Christian Friedrich Schönbein nel 1846. La bomba è pronta, è piccola, è rudimentale ma molto efficace, una versione in scala ridotta di quelle che verranno utilizzate sugli 11 aerei di linea nell’ambizioso Progetto Bojinka. Yūsuf imposta il timer per l’attivazione tra quattro ore, col volo in crociera sopra l’oceano, si ricompone, esce dal bagno con l’ordigno attivo nel borsello da toeletta e si rimette a sedere al suo posto. Qui ripone con estrema cautela il contenitore nella tasca del giubbotto salvagente sotto il sedile, fuori dalla vista del personale che pulirà l'aereo durante lo scalo all’Aeroporto Internazionale di Mactan-Cebu. Il posto 26K non è stato scelto a caso, secondo configurazione normale si trova esattamente sopra il serbatoio del carburante e in fase di studio aveva calcolato che un'esplosione, anche di piccola entità, avrebbe spezzato in due l'aereo. Dopo aver controllato la stabilità del borsello sotto di lui, cambia posto senza farsi vedere dagli assistenti di volo. Sono le ore 06:50, l’aereo atterra in perfetto orario all’Aeroporto Internazionale di Mactan-Cebu, Yūsuf sbarca assieme a 25 passeggeri mentre altri 256 sono al Gate in attesa di salire. Dopo circa 18 minuti, con questi prende posto sull’aeromobile un nuovo equipaggio che li assisterà nella tratta verso il Giappone. Lo stuard Fernando Bayot, addetto all’assistenza nella cabina anteriore, mentre percorre il corridoio verso la prua passa accanto al posto 26K dove ora siede il 24enne giapponese Haruki Ikegami, un ingegnere produttore di macchine da cucire. Ikegami non vede l’ora di tornare a casa dopo il suo primo viaggio d’affari all’estero, ma la congestione aerea fa ritardare la partenza di 38 minuti. Sono le ore 08:38 e la torre di controllo autorizza il decollo. In cabina di pilotaggio, il Comandante, ancora assistito dal Primo Ufficiale Jaime Herrera e dal Tecnico di Volo Dexter Comendador, fa staccare il Boeing 747-283B dalla pista dopo una corsa di 375 metri. Una volta in quota, gli assistenti di volo servono la colazione e il volo prosegue come da piano. Alle ore 11:45, quando molti dei passeggeri dormono e il Boeing 747-283B con l’autopilota inserito si trova ad un’altezza di 10 mila metri sopra l’isola di Minamidaitō, la più grande delle tre isole facenti parte dell’arcipelago giapponese delle isole Daitō, sotto il sedile 26K scatta un allarme, il Casio F-91W digitale segnala che il tempo è scaduto. La coppia di batterie da 9 Volt dà corrente alla resistenza del detonatore artigianale, il ponticello si arroventa, la Polvere Nera si accende deflagrando nella boccetta di plastica e innescando la Nitroglicerina sensibilissima agli urti e al calore. La bomba sperimentale di Ramzī Aḥmad Yūsuf esplode con una velocità di detonazione di 7.500 metri al secondo facendo sobbalzare l’aereo, investendo Ikegami e altri 10 passeggeri, quelli seduti davanti e dietro di lui. L’onda d’urto, seppure di corto raggio, è altamente distruttiva. Il pavimento si apre, la moquette si incendia, il corpo di Ikegami assorbe gran parte della forza esplosiva a discapito delle sue gambe che finiscono in mille pezzi fino alle ginocchia. Il sangue schizza in alto, pezzi di ossa vengono sparati in basso e il corpo viene risucchiato per metà nella stiva. Ma la posizione dell’ordigno, orientato parallelamente all’asse orizzontale della fusoliera, causa l'espansione dei gas dell'esplosione in senso verticale e longitudinale risparmiando la struttura esterna dell’aereo che si inclina bruscamente a destra abbassando il muso verso l’isola di 593 chilometri quadrati sul Mare delle Filippine. Nonostante i cavi di comando dell'alettone destro e quelli di controllo del timone e degli elevatori di coda siano danneggiati, l'autopilota è in grado in pochi secondi di riportare l'aereo in assetto: il Boeing non esplode. Yūsuf nel suo piano non aveva considerato un elemento fondamentale: l’anno di costruzione e la compagnia per cui era stato costruito il Boeing 747-283B. Gli aerei intercontinentali della Scandinavian Airlines System nel 1979 avevano una diversa configurazione dei posti a sedere rimasti poi invariati negli anni col il passaggio alle altre compagnie aeree, per cui il posto 26K era situato in corrispondenza della stiva, due file avanti rispetto al serbatoio centrale. I danni sono comunque ingenti, la fusoliera è invasa dal fumo, i detriti sono dappertutto e pezzi di carne sono spalmati sul soffitto e sulle pareti in corrispondenza delle file 25, 26 e 27. Tra il panico generale chi può cerca disperatamente di allontanarsi dal punto dell’esplosione mentre gli assistenti di volo si sforzano di far mantenere la calma ai passeggeri. Sul posto 26K il corpo del 24enne giapponese Haruki Ikegami martoriato è letteralmente appeso tra il vano passeggeri e la stiva, la metà inferiore del suo corpo è caduta di sotto, è bruciata, squarciata, inghiottita nella voragine di mezzo metro quadrato aperto dalla forza dell’esplosione. La parte superiore invece è coperta di sangue, ma è ancora vivo, lo sarà per poco. Fernando Bayot finge per quei pochi minuti che gli restano da vivere di prestargli soccorso per non allarmare ancora di più i passeggeri, gli indossa la maschera dell’ossigeno, lo copre con una coperta, lo rassicura, ma le ferite sono troppo gravi, piedi e polpacci non ci sono più e il sangue continua a colare copiosamente nella stiva. Muore in una manciata di minuti con 94 frammenti della bomba conficcati nelle natiche tra le urla e la disperazione dei presenti sotto shock. In cabina di pilotaggio il Capitano Reyes ha dichiarato l’emergenza alla torre di controllo dell’Aeroporto di Naha, sull’isola di Okinawa, chiedendo di poter atterrare su una delle loro piste. Ma la torre non risponde e la richiesta viene intercettata dai controllori del traffico aereo di una base militare americana sull’isola che fa alzare in volo un Learjet C-21, un piccolo aereo militare da trasporto, al fine di controllare visivamente i danni alla fusoliera esterna e verificare che il carrello di atterraggio sia abbassato correttamente mentre il Tecnico di Volo ispeziona quella interna per verificare i danni: Il Boeing non può virare, i comandi sono compromessi. Dopo aver riflettuto sui diversi metodi ipotetici di controllo, l'equipaggio di cabina decide di utilizzare la spinta asimmetrica dei motori. Viene disinserito l’autopilota e vengono usate le manette al fine di utilizzare la differente spinta dei motori per far cambiar direzione all’aeromobile e diminuita la potenza per scendere di quota. Scaricando 36 tonnellate di carburante per generare meno peso sui carrelli d'atterraggio, il Boeing toccherà terra alle ore 12:45 appena un'ora dopo l’esplosione della bomba. Ma anche se il ritardo del decollo dall’Aeroporto di Cebu ha permesso all’aereo di percorrere una distanza sul mare inferiore a quella calcolata dal progettista comportando un facilitato rientro ed una relativamente più semplice soluzione per un atterraggio di emergenza, Ramzī Aḥmad Yūsuf, nonostante il suo test in parte fallito e in parte completamente riuscito ha appena inaugurato una nuova forma di terrorismo.

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01 aprile, 2020

Londra, Trasporti pubblici, 7 luglio 2005


TIPOLOGIA: attentato
CAUSE: attacco suicida coordinato
DATA:
7 luglio 2005
STATO: Inghilterra
LUOGO: Londra, Trasporti pubblici
MORTI:
56
FERITI:
698

Analisi e ricostruzione a cura di Luigi Sistu

Mentre nei pressi di Edimburgo si sta tenendo il 31º vertice del G8, il forum politico degli 8 stati industriali più avanzati della Terra, e nello stesso momento viene festeggiata la scelta della capitale inglese come sede delle Olimpiadi del 2012, questa mattina del 7 luglio 2005, alle ore 08:30 circa, quattro uomini stanno arrivando a Londra alla stazione ferroviaria di King's Cross. A bordo di un treno proveniente dal West Yorkshire non sono turisti, non sono neanche pendolari, sono terroristi e il sistema del trasporto pubblico è il loro obiettivo. Pianificato in un appartamento del distretto metropolitano di  Leeds, un piccolo immobile trasformato in rudimentale laboratorio chimico, qualche ora fa ne sono stati ultimati i preparativi. I percorsi, gli orari, tutto ripassato al setaccio. Mustafa Setmariam Nasar, la mente, ha rivisto tragitti, compiti e destinazioni del complesso piano in cui ognuno di loro si sarebbe fatto esplodere in un punto preciso della rete del trasporto pubblico di Londra. Hasib Hussain, 19 anni, da Colenso Mount avrebbe dovuto prendere l'autobus numero 30, sedersi in uno dei posti sul retro e attendere. Shehzad Tanweer, 22 anni, da Colwyn Road sarebbe salito sul treno ad Aldgate, Mohammad Sidique Khan, 30 anni, sposato, padre da poco e risiedente a Dewsbury avrebbe invece preso il treno a Edgware Road, Lindsey Germaine, 30 anni, di origine giamaicana e risiedente a Aylesbury avrebbe preso quello della linea Piccadilly. Chi si sta muovendo indisturbata per l’area metropolitana londinese è una cellula inglese di al-Qaida, un movimento fondamentalista islamista sunnita paramilitare terroristico nato nel 1988 durante la Guerra in Afghanistan e guidato dal miliardario saudita Osāma bin Lāden. 17esimo dei 57 figli dell’immobiliarista yemenita Mohammed bin Awad bin Lāden, avvalso della guida ideologica di Ayman al-Zawāhirī, scrittore, poeta e medico de Il Cairo appartenente ad una famiglia di dotti religiosi e di magistrati, aveva dato origine al movimento utilizzando soldi e macchinari della propria impresa di costruzioni per aiutare la resistenza dei mujaheddin durante l’invasione sovietica dell’Afghanistan. L’intento della cellula londinese, attivata invece in risposta al coinvolgimento militare britannico in Iraq e in Afghanistan, è quello di far detonare le bombe quasi simultaneamente, senza nessun preavviso, attivandole nella prima mattinata in modo da provocare il maggior numero di vittime tra la popolazione civile e incentrare sull’evento l’attenzione della stampa mondiale. I quattro giovani si trovano esattamente dove dovrebbero essere, come da piano, ognuno col proprio zaino, ognuno con celato all’interno il letale carico esplosivo. Dietro una delle cerniere dello zaino-bomba, un progetto sofisticato, uno dei tanti messi a punto nella città di Jalalabad, la quinta più grande dell'Afghanistan, c’è un comando meccanico di attivazione a chiusura di istantanea di un circuito elettrico con batteria collegato ad un innesco primario artigianale. Questo è un piccolo cilindro di metallo contenente una piccola quantità di esplosivo primario, l’Esametilene Triperossido Diammina, l’HMTD, un composto organico altamente esplosivo sintetizzato per la prima volta nel 1885 dal chimico tedesco Friedrich Legler e largamente utilizzato dagli inizi del XX secolo grazie al vantaggio di avere una produzione poco costosa e un alto potere di innesco, nettamente superiore a quello del Fulminato di Mercurio, l’esplosivo primario sensibilissimo agli urti e al calore, sintetizzato già nel XVII secolo e perfezionato nel 1799 dal chimico inglese Edward Howard. Nell’HMTD è annegato un accenditore pirotecnico costituito da due fili elettrici spellati, legati tra loro e cosparsi con collante e polvere di zolfo. La miscela del sensibilissimo esplosivo primario, talmente instabile da essere attivata da urti, attriti, scariche di elettricità statica, forti radiazioni UV, calore e anche da acido solforico concentrato, inserita nel primitivo sistema di innesco brutta copia del detonatore elettrico inventato nel 1876 da Julius Smith, è immersa in una carica di 4,5 chilogrammi di Perossido di Acetone. Questo è il TACTP, un potentissimo esplosivo primario pulvirulento cristallino inodore, altamente sensibile al calore, all'attrito, agli urti nonché all’elettricità statica. La fabbricazione nel rudimentale laboratorio di questo esplosivo, scoperto in Germania nel 1895 dal chimico tedesco Richard Wolffestein, è stata resa possibile dal basso costo delle materie prime e dalla semplicità della fabbricazione anche con attrezzature non specializzate. La sua rischiosa lavorazione non ha eguali e tale elevata pericolosità data dalla sensibilità d’innesco fa di questo il più pericoloso degli esplosivi. Mustafa Setmariam Nasar ha mandato i giovani al martirio con un’arma potente, somigliante come consistenza e colore allo zucchero, all’apparenza innocua, fabbricata nella cucina dell’appartamento con solvente per unghie, decolorante per capelli con acqua ossigenata e acido solforico. Usato dai jihadisti di ogni fazione fin dagli anni ’80, questo esplosivo, infallibile e tristemente soprannominato “la Madre di Satana” proprio per il suo elevato grado di instabilità, è costato la vita a molti artificieri che cercavano di sintetizzarlo in ambito domestico privi di adeguata attrezzatura o di un laboratorio dedicato. Inconsapevoli del pericolo rappresentato anche dal trasporto, i quattro martiri lo tengono chiuso in involucri stagni allo stato solito, in cristalli completamente asciutti, molto più sensibili rispetto a quelli appena sintetizzati, ancora umidi di acqua o acetone. Conservato in questo modo, peraltro l’unico per poterlo trasportare, rappresenta un ulteriore pericolo in virtù della propria volatilità in quanto tende a sublimare facilmente andando a cristallizzarsi sul coperchio del recipiente che lo contiene, pronto ad esplodere alla sola apertura per sollecitazione, quindi reazione per simpatia del resto del contenuto. I giovani non sono a conoscenza della reale potenza del carico e ancora meno del suo livello di pericolosità. A loro Mustafa Setmariam Nasar non ha detto niente, la priorità è arrivare in orario sui punti prestabiliti e premere un interruttore, l’esplosivo farà il resto. Alla chiusura del circuito elettrico, la corrente dalla batteria arriverà alla parte terminale spellata dei fili arroventandoli e incendiando lo zolfo. Questo attiverà l’HMTD che assumerà la funzione di carica primaria innescando il TACTP che esploderà con una velocità di detonazione di 5.200 metri al secondo. Conosciuto come Abu Musab Al-Suri, Mustafa Setmariam Nasar ha 47 anni, ha i capelli rossi, gli occhi verdi e una carnagione bianchissima. È nato e cresciuto ad Aleppo in Siria e lì ha frequentato quattro anni di studi universitari presso la Facoltà di Ingegneria. Ha ottenuto la cittadinanza spagnola alla fine degli anni ‘80 sposando una donna spagnola. Tra gli organizzatori dell’attentato dinamitardo al ristorante El Descanso del 12 aprile 1985 e collegamento col “Gruppo combattente islamico marocchino” responsabile di quello ai treni locali dell’11 marzo 2004, Abu Musab Al-Suri in Spagna ha un curriculum di decine di morti e sulla testa una taglia di 5 milioni di dollari messa dalla CIA, la Central Intelligence Agency americana. Anche se qualcuno lo definisce “l’architetto siriano della jihad globale”, per lui il terrorismo è un dovere religioso, una ragione di vita, e ora, solo e in silenzio, da una stanza nel cuore dell’Inghilterra, con gli occhi puntati sulla cartina sta seguendo minuto dopo minuto e con meticolosa attenzione i movimenti dei mezzi pubblici. Dall’altra parte della città i mezzi sono affollati, è l’ora di punta. Gli attentatori, mescolati ai pendolari hanno gli occhi sull’orologio e le mani sullo zaino, pronti a scatenare una lunga mattinata di paura. La Circle Line è una linea di sub-superficie che corre ad una profondità di 7 metri con tunnel abbastanza larghi da ospitare contemporaneamente due treni su due binari paralleli. Qui il numero 204 in transito tra le stazioni di Liverpool Street e Aldgate si trova nel tunnel a poco meno di 100 metri dalla stazione di arrivo mentre il treno numero 216, appena ripartito dopo una sosta nella stazione ferroviaria di Edgware Road, si sta dirigendo a quella di Paddington. Sono le ore 08:49, il primo pulsante viene premuto, il terzo vagone del treno 204 esplode. 7 persone oltre l'attentatore sono fatte a pezzi. Il binario parallelo della Hammersmith and City Line tra la stazione di Liverpool Street e quella di Aldgate East si stacca dalle traversine. L’onda d’urto fa tremare le pareti mentre un muro di fumo intasa la galleria. 7 minuti, il secondo vagone del treno 216 si squarcia per tre quarti della lunghezza. 6 persone oltre l'attentatore sono fatte a pezzi. L’onda d’urto frantuma il muro di separazione e investe un secondo treno della stessa linea che procede in direzione opposta facendolo deragliare. Qui, dove l’elevato volume della galleria riduce l’effetto delle esplosioni dissipando le onde distruttive, sul terzo convoglio non ci sarà la stessa fortuna. Il treno numero 311 si trova in movimento tra le stazioni di King's Cross St. Pancras e Russell Square, sulla linea Piccadilly, a 450 metri dalla stazione di partenza. La Piccadilly Line, a differenza della Circle Line, è una linea di profondità 30 metri sotto la superficie con gallerie larghe solo 3,5 metri che ospitano un binario singolo e con un'intercapedine tra i muri e i treni di soli 15 centimetri. Alle ore 09:17 il terzo pulsante viene premuto. Il retro del primo vagone si apre come un barattolo. 26 persone oltre l'attentatore sono ridotte a brandelli. Nello spazio ristretto della galleria di questa linea di profondità la forza dirompente viene concentrata e l'effetto moltiplicato. È un disastro. L'onda di sovrappressione, costretta a sfogare verso i lati investe il secondo vagone, compromette la struttura del tunnel e accartoccia qualunque cosa trovi sul suo percorso: le persone sono schiacciate contro le pareti, contro il soffitto, sbalzate sulle rotaie e travolte dal treno ancora in movimento. Si scatena il panico, i passeggeri dei treni cercano in una fuga disordinata di raggiungere le uscite dei tunnel mentre la città viene blindata. Le persone nel tentativo di andare il più lontano possibile dalle esplosioni si riversano in strada per salire sugli autobus, all’apparenza i mezzi più sicuri e veloci per allontanarsi. Uno di questi, a due piani della linea 30, partito da Marble Arch con direzione Hackney Wick, è preso d’assalto alla stazione degli autobus di Euston. C’è polizia ovunque, la chiusura al traffico di alcuni tratti nella zona di King's Cross obbligano a una deviazione del mezzo sul normale percorso. È stracolmo di gente, è sta transitando per Tavistock Square. Sono ore 09:47 e Hasib Hussain, seduto in penultima fila con la mano nella tasca centrale dello zaino, preme il pulsante. Con un boato tremendo l’autobus si squarcia aprendo in aria un ombrello di fuoco. 13 persone vengono macellate. L'esplosione stacca il tetto del piano superiore e distrugge la porzione posteriore del mezzo. L’onda di sovrappressione generata, dopo aver accartocciato tubi e lamiere, investe la porzione anteriore strappando i sedili e scaraventando sul pavimento i passeggeri. Un fungo nero si alza tra i palazzi lasciando sotto di sé sangue e rottami che invadono la carreggiata per decine di metri. Il retro dell’autobus non esiste più, la violenza dell’esplosione è stata tale da rendere difficile il conteggio dei morti. Chi si trovava in strada non è stato risparmiato, una sfera di frammenti li ha raggiunti infilzandoli. Frammenti di lamiera e porzioni di finestrino si sono trasformati in proiettili crivellando perfino le facciate dei palazzi. I pezzi dei passeggeri sono sparpagliati sull’asfalto e sui tetti delle auto in sosta mentre un rivolo di sangue sta colando dalla scaletta dell’autobus spaccato a metà, Nell’aria c’è odore di carne bruciata e benzina. È uno spettacolo agghiacciante, uno scenario spettrale, lungo le strade si muovono solo i mezzi dei pompieri, le auto della polizia e le ambulanze. Qualcuno timidamente si affaccia sui marciapiedi, è spaventato, disorientato, cerca solo di tornare a casa, neanche fa caso a chi è seduto e aspetta di essere medicato. La città si è appena svegliata dentro un incubo. L’interesse da parte dei media globali sarà inevitabile, i riflettori si accenderanno su una Londra colpita al cuore, con 52 morti e 698 i feriti, vittime di un terrorismo criminale che con questo attacco, che entrerà nella storia del Regno Unito con la sigla “7/7″, il più sanguinoso dalla strage di Lockerbie del Volo Pan Am 103 del 21 dicembre 1988, ha dimostrato di saper colpire ovunque, sotto gli occhi di tutti e con inumana crudeltà.

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